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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
35
 21 - 27 Sett.

  2007
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Attualità POLITICA

La chiamata al voto del fronte anti ogm

Intervista a Mario Capanna. La consultazione popolare contro gli ogm segna un momento importante per il futuro delle biotecnologie in Italia. Secondo il presidente della Fondazione dei diritti genetici i Governi devono ascoltare i cittadini e non le lobby.


capannaFino al 15 novembre si potrà votare per la consultazione contro l’introduzione di organismi geneticamente modificati in agricoltura e nell’alimentazione nel nostro Paese. Si tratta di una chiamata referendaria, una sorta di petizione, molto importante e con un impatto notevole soprattutto per il settore agricolo e agroalimentare, una decisione che ha ovviamente riacceso i riflettori sugli ogm. Per consentire un confronto trasparente abbiamo deciso di realizzare una serie di interviste ai principali attori coinvolti in questa importante problematica, partendo con uno dei principali protagonisti della campagna referendaria anti ogm, Mario Capanna, da circa sette anni impegnato sul fronte delle biotecnologie come presidente della Fondazione dei diritti genetici.

Capanna, tante battaglie politiche per i diritti civili a cominciare dal ‘68, come mai in questi ultimi anni un interesse così forte nei confronti delle biotecnologie?
Ho sempre avuto passione e interesse per i grandi temi di frontiera e le biotecnologie appartengono sicuramente a questa categoria. E poi, anche se per un giornale come il vostro che si occupa di agricoltura professionale potrebbe far sorridere, mi considero un agricoltore. In Umbria, dove vivo, coltivo due ettari che mi impegnano e appassionano moltissimo. Cerco quindi di unire pratica e scienza.
Ci spiega esattamente il ruolo della Fondazione dei diritti genetici?
Svolge il compito di authority indipendente, raccogliendo con rigore tutte le informazioni scientifiche oggi disponibili (purtroppo ancora troppo poche) sulle conseguenze dell’introduzione delle biotecnologie in tutte le aree di applicazione (agricoltura, agroalimentare, sanità, ecc.). Vengono valutate non solo le conseguenze sulla salute umana ma anche quelle economiche, sociali ed etiche.
Dal vostro osservatorio come avete visto evolversi la problematiche degli ogm?
È facile da riassumere. Fin dall’inizio della discussione sulla possibile introduzione degli ogm in agricoltura o nell’alimentazione vi è stata tra i cittadini europei una larghissima contrarietà. L’Eurobarometro, che ogni mese monitora gli «umori» dei cittadini nei confronti delle più importanti tematiche, evidenzia come l’opposizione, la diffidenza, le preoccupazioni nei confronti degli ogm rimangono da tempo sempre in altissima percentuale. In Italia, in particolare, la contrarietà oscilla da sempre tra i 2/3 e i 3/4 dei nostri connazionali. A fronte di questa estesa opposizione dei consumatori vi sono le multinazionali del biotech che da tempo stanno facendo forti pressioni politiche e azioni di lobby al fine di consentire l’ingresso degli ogm nei Paesi dell’Unione Europea.
Allo stato attuale non sembra però che queste pressioni lobbistiche delle multinazionali abbiano avuto particolare efficacia, almeno nell’Unione Europea.
Le garantisco che le pressioni sono fortissime altrimenti, vista la forte opposizione dei consumatori e di moltissime organizzazioni professionali, non saremmo ancora qui a discuterne e, addirittura, a promuovere un referendum. Fortunatamente sta aumentando il fronte del no agli ogm e proprio in questi giorni, a questo proposito, è arrivata anche la richiesta formale del Governo polacco all’Unione Europea contro l’introduzione della coltivazione di piante geneticamente modificate.
Quali sono i rischi principali che voi intravedete nell’introduzione degli ogm?
Intanto va detto che chiunque tra gli scienziati oggi affermi che gli organismi geneticamente modificati non hanno conseguenze negative nei confronti della salute dice qualcosa di non vero. E questo perché nessuno allo stato attuale può garantire con certezza l’innocuità degli ogm. Non esistono, infatti, studi epidemiologici su questo tema né sulla salute umana né su quella animale.
Ma molti scienziati fino a oggi si sono dichiarati a favore dell’introduzione degli ogm o, almeno, hanno sottolineato che allo stato attuale non esistono controindicazioni provate sui rischi alla salute.
La scienza su questo tema oggi è decisamente divisa a dimostrazione che non vi sono certezze assolute. Esistono però degli indizi che non possono lasciare indifferenti. Mi riferisco, ad esempio, ai dati del Center of disease control degli Usa che ha documentato come dal 1997 al 2004 (il settennio durante il quale i consumatori americani hanno consumato alimenti a base di soia e mais geneticamente modificati) le malattie connesse all’alimentazione siano raddoppiate. Non si tratterà ancora della cosiddetta «pistola fumante» ma sicuramente di un indizio corposo.
Come mai dati così preoccupanti non hanno allora spinto alla realizzazione di studi epidemiologici attendibili?
Perché vi sono, ripeto, pressioni forti per non farli. E comunque alcune ricerche interessanti sono state fatte su cavie e hanno dimostrato che l’introduzione di alimenti geneticamente modificati hanno determinato la diminuzione delle difese immunitarie e l’aumento delle dimensioni degli organi interni. Noi però stiamo spingendo affinché si realizzino studi pubblici, ma purtroppo anche i governi dei Paesi dell’Ue dimostrano scarso interesse in questa direzione, a dimostrazione che le pressioni lobbistiche sono un fatto reale.
Ma perché anche gli agricoltori dovrebbero preoccuparsi dell’introduzione degli ogm nel loro settore?
Intanto perché la loro introduzione si basa su una colossale bugia e cioè che le varietà vegetali geneticamente modificate siano più produttive rispetto a quelle tradizionali. Come pure non è assolutamente vero che le piante gm hanno consentito la diminuzione dell’utilizzo di erbicidi. Basti pensare che le multinazionali impegnate nell’agrobiotech impongono all’acquisto della semente gm anche quella dell’erbicida connesso creando pericolose resistenze e introducendo così una spirale perversa sia per l’ambiente sia per le tasche dell’agricoltore.
Non va mai dimenticato, poi, che la forza dell’agroalimentare italiano sta nella sua originalità, nel suo legame con il territorio e l’introduzione degli ogm va proprio a minare in maniera irreparabile questa peculiarità. Non solo, se si pensa che l’Italia è il primo Paese europeo e il quarto al mondo nelle produzioni biologiche si può facilmente immaginare quali conseguenze si potrebbero avere dall’introduzione di piante gm nel nostro sistema agroalimentare.
In conclusione, quali sono le vostre aspettative riguardo al referendum? Visto la diffidenza e le preoccupazione il risultato appare scontato.
Il nostro obiettivo è raggiungere i 3 milioni di firme per avere il territorio italiano libero da ogm. Ma non ci vogliamo limitare a questo. La grande forza della coalizione Italia Europa - Liberi da ogm, costituita da 28 organizzazioni che contano circa 10 milioni di associati, permette di far sì che questa campagna referendaria costituisca una straordinaria esperienza di democrazia partecipata (cosa rara nel nostro Paese). Inoltre, in questi ultimi due mesi vogliamo aumentare ulteriormente la conoscenza da parte degli italiani su temi così importanti come le biotecnologie. Non vogliamo battaglie ideologiche ma confronto serio e trasparente su un tema che ha un grande impatto su salute ed economia del nostro Paese.

 

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Fabio Piccoli


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