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La difficile uscita dai vincoli alla produzione |
La politica agricola comunitaria si appresta a eliminare i diritti a
produrre: il problema è come verrà data applicazione a questa scelta. È
necessario che il passaggio sia ben programmato per evitare squilibri di
mercato.
Negli ultimi giorni il Consiglio agricolo europeo ha dato la sua
approvazione di massima alla proposta della Commissione di azzerare il set
aside per la prossima annata cerealicola.
Viene così a cadere, di fatto, un altro strumento di intervento sui mercati
agricoli di natura quantitativa. Certo la decisione oggi è fortemente
facilitata dai prezzi alti che i cereali hanno raggiunto negli ultimi mesi,
ma è pure evidente che essa si muove lungo un percorso di progressivo
smantellamento anche degli altri strumenti di natura quantitativa e di
controllo dell’offerta previsti nella pac.
In particolare, è sempre più probabile che con il termine della campagna
2014-2015 le quote latte saranno eliminate. Anzi, già da tempo si sta
parlando, a livello Ue, di ipotesi atte a favorire quello che la commissaria
Mariann Fischer Boel definisce un «atterraggio morbido» (soft landing), da
affrontare anche già a partire dalle decisioni che verranno prese nel corso
della verifica dello stato di salute della pac (health check), che si
avvierà in novembre per concludersi il prossimo anno.
Ci si attende, cioè, un ampliamento delle quote latte di «qualche» punto
percentuale, come passaggio intermedio verso la loro eliminazione. D’altro
canto, anche in questo caso, il prezzo del latte è in significativo aumento
e l’opinione pubblica non capirebbe il permanere di restrizioni quantitative
sulle produzioni con queste condizioni di mercato. Certo è ben noto al
settore, molto meno ai cittadini-consumatori, che i prezzi delle materie
prime agricole sono stati bassi, anche molto bassi, per diversi anni, e che
quindi un loro aumento non può che essere considerato salutare per
l’agricoltura. Ma questa situazione di prezzi particolarmente alti non
permette più di giustificare strumenti di intervento nati proprio per
«sostenere» i prezzi.
In questo contesto, uno dei temi più importanti riguarda le modalità con le
quali si passa da un sistema fortemente regolato a uno nuovo privo di tali
vincoli: dalle quote latte a un mercato libero, dai diritti all’impianto per
le superfici a vite a un sistema, come quello proposto dalla Commissione
nell’ambito della riforma dell’ocm vino presentata il 4 luglio scorso, senza
tali vincoli.
Se l’azzeramento del set aside può essere facilmente deciso in tempi rapidi,
l’eliminazione delle quote latte e dei diritti di impianto per la vite ha
ben altre implicazioni e conseguenze. In entrambi i casi si ha a che fare
con produzioni che hanno un ciclo produttivo molto lungo: per aumentare
stabilmente la produzione di latte è necessario aumentare la consistenza
della mandria. Per la vite, d’altro canto, i tempi sono anche maggiori: per
aumentare strutturalmente la produzione è necessario impiantare nuovi
vigneti e attendere che essi entrino in produzione dopo qualche anno.
Un altro aspetto da considerare è che i diritti a produrre (quote latte o
diritti di impianto), per loro natura, hanno un valore economico che
rappresenta un elemento patrimoniale per chi li detiene e soprattutto hanno
comportato un significativo esborso monetario per chi li abbia regolarmente
acquistati sul mercato per aumentare la propria produzione.
Eliminare drasticamente tali misure, quindi, tra gli altri effetti,
rischierebbe di avere anche quello di penalizzare, di fatto, gli
imprenditori che hanno agito nel pieno rispetto delle regole, a favore di
coloro che o non hanno rispettato le quote o hanno realizzato impianti di
vigneti senza diritti. Ma al di là di questo tema, comunque importante, è
quello di natura prettamente economica che deve far riflettere: è importante
che l’aumento strutturale delle produzioni sia progressivo per evitare quei
rischi che avevano motivato, a suo tempo, l’introduzione di queste misure,
cioè gli squilibri di mercato. In questo senso è molto ragionevole
avvicinarsi all’eliminazione delle quote latte, in una data certa, mediante
un percorso di progressivo ampliamento delle quote stesse, a maggior ragione
date le condizioni di mercato attuali. È invece molto meno comprensibile la
proposta di eliminazione «istantanea» dei diritti di impianto proposti per
la vite (nel 2013), che si applicherebbe a un prodotto che ha un ciclo di
produzione più lungo, e quindi più facilmente può determinare forti
squilibri e ciclicità di prezzo.
Ciò appare ancora meno ragionevole se si pensa che nella proposta della
Commissione è previsto un contributo per l’estirpazione fino a un anno prima
(2012). Come l’eliminazione dei pagamenti accoppiati alle produzioni, anche
i vincoli quantitativi sull’offerta dei prodotti sembrano opportunamente
destinati a essere superati dalla pac: il problema, non piccolo, sta nelle
modalità che si sceglieranno.
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