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L'Informatore Agrario

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Approfondimento

 
35
 15-21 Set.

  2006
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Attualità PRIMA PAGINA

Il biologico scommette sul futuro

Analisi e prospettive al Sana di Bologna

Il comparto ha margini di crescita notevoli, ma sono necessari interventi politici per rendere più competitivo il nostro sistema produttivo e commerciale. L’aumento della quota di vendita sul mercato interno dipende da un nuovo rapporto con la gdo

Esse come Sana, la più importante rassegna italiana dedicata al settore biologico. Esse come speranza, speranza di una rinnovata attenzione all’agricoltura biologica da parte del mondo politico e delle istituzioni, speranza di un nuovo trend di crescita dei consumi, sull’onda di un fenomeno, in altri Paesi europei già in atto da qualche tempo, che consenta di collocare stabilmente il biologico nel carrello della spesa di un numero sempre più grande di famiglie italiane.
Così, con una battuta che forse qualcuno potrà giudicare ingenerosa, ma che rispecchia le aspettative di produttori, trasformatori, distributori e di tutti gli operatori che ruotano attorno all’agricoltura biologica italiana, si può fotografare lo stato del comparto.
Nei numerosi convegni (ma 108 non sono troppi in quattro giorni?) che si sono susseguiti a Bologna dal 7 al 10 settembre scorso, nel corso della 18ª edizione del Salone, autorevoli esponenti del mondo politico, come i ministri Paolo De Castro e Alfonso Pecoraro Scanio, i rappresentanti di imprese e istituzioni, con proposte, analisi, statistiche e proiezioni economiche, hanno lasciato trapelare un cauto ottimismo sul futuro a breve-medio termine del comparto. Vediamo il perché.
Il ruolo della politica
Il compito più importante per un rilancio duraturo del settore spetta sicuramente alla politica.
«Senza un’innovazione organizzativa istituzionale – ha detto Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, la Federazione italiana dell’agricoltura biologica e biodinamica, rivolgendosi al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro nel corso del talk show sul futuro del settore svoltosi nella giornata inaugurale – non è pensabile raggiungere nel corso della legislatura alcun obiettivo significativo, come dimostra l’evidente distacco fra le dichiarazioni d’intenti e le realizzazioni pratiche che hanno caratterizzato la precedente gestione del Ministero. Gli strumenti di cui Ministero e Governo intenderanno dotarsi per favorire l’internazionalizzazione del nostro sistema agroalimentare – ha proseguito Carnemolla – devono avere in dotazione risorse e assetti organizzativi specifici per le produzioni biologiche, mettendo a sistema anche le attività e i programmi che vengono gestiti a livello locale e dalle organizzazioni di settore per esaltarne e migliorarne l’efficacia e rafforzare l’immagine complessiva del sistema produttivo nazionale».
Da parte sua De Castro ha accolto le sollecitazioni e ha ribadito il suo impegno a favore dell’agricoltura biologica a partire dalla legge delega di settore per la revisione del quadro normativo e regolamentare vigente, passando per il Piano d’azione nazionale, perché – ha detto – «in un nuovo modello competitivo che premia qualità e sicurezza, gli spazi di crescita del biologico sono ancora enormi, a livello sia italiano sia internazionale».
Evidentemente però quanto potranno fare il Governo centrale e le Regioni attraverso i Psr non sarà sufficiente a rilanciare le ambizioni del settore, se il sistema produttivo e industriale nazionale non riuscirà ad aggregarsi in modo efficace per dare nuova competitività ai nostri prodotti.
Un contesto commerciale più competitivo dipende anche da una sempre più necessaria semplificazione amministrativa e da una maggiore efficienza del sistema pubblico centrale e periferico. Per questa ragione con la riforma del sistema di certificazione si dovrà intervenire semplificando e informatizzando i rapporti tra amministrazioni e agenzie centrali e regionali, centri di assistenza agricola e organismi di certificazione, in modo da ridurre i costi e consentire significativi risparmi di tempo agli operatori.
Il mercato
Oltre al miglioramento del quadro politico-amministrativo, l’altro grande campo nel quale è necessario intervenire è il mercato.
In Europa le vendite di prodotti alimentari biologici sono in rapida crescita: in Germania, ad esempio, di gran lunga il principale mercato continentale con circa un terzo delle vendite complessive, dal 2004 al 2005 si è registrato un tasso di crescita annuale dell’11% (vedi anche L’Informatore Agrario n. 33/2006, pag. 32).
In Italia il dato è molto meno entusiasmante e si attesta attorno a un modesto +2,5-3%, dovuto principalmente al buon andamento delle vendite nel canale dei negozi tradizionali e nella distribuzione specializzata.
Le cose non vanno meglio anche sul fronte dei consumi. Secondo le rilevazioni dell’istituto di ricerca svizzero Fibl, nel 2003 l’Italia figurava all’11° posto nella graduatoria mondiale della spesa media annua pro capite bio con 24 euro, superata da tutte le principali Nazioni europee e dagli Stati Uniti, con alle spalle solo gli altri Paesi mediterranei (Spagna, Grecia e Portogallo) e quelli dell’Europa dell’Est.
Dal 2003 a oggi la situazione non è certo cambiata in meglio, anzi. Le recenti rilevazioni del panel Ismea-ACNielsen, effettuate sul mercato interno nei primi quattro mesi di quest’anno considerando esclusivamente i consumi domestici, rilevano un calo del 4,8% degli acquisti di prodotti confezionati a marchio bio. Poiché il panel ha escluso dal rilevamento i negozi specializzati, il dato si riferisce in buona sostanza alle vendite nella grande distribuzione organizzata. È proprio questo l’elemento critico che deve essere superato per un recupero importante e duraturo di quote di mercato.
«Per gli operatori del biologico – ha detto Fabio Lunati di Nomisma – diventa strategico comprendere quale può essere il ruolo della gdo italiana nei confronti del settore. In particolare è importante capire in che modo il biologico possa sfruttare la visibilità di scaffale e il traffico delle grandi superfici per rilanciare e consolidare il consumo di questi alimenti. In passato molte insegne hanno allargato l’assortimento degli alimentari biologici senza però avere alle spalle una strategia che prevedesse il ruolo di questi alimenti all’interno della più generale politica di insegna».
Questa mancanza di una strategia di fondo ha determinato un approccio alla marca privata (private label) da parte delle principali catene nazionali della gdo, che si è dimostrato fallimentare e in qualche caso addirittura penalizzante per l’immagine stessa e la credibilità delle produzioni bio presso il consumatore.
Importanti imprenditori, come ad esempio il presidente di BioItalia Giovanni Di Costanzo, sono addirittura convinti che il rapporto tra gdo e biologico debba essere totalmente reimpostato, «in particolare per le conseguenze di una politica sbagliata sulle private label che ha portato a effetti contrari a quelli desiderati, cioè un progressivo ampliamento del mercato».
Oggi è dunque necessario verificare se esistono modalità commerciali che consentano al biologico di fare dei punti vendita in cui viene esposto assieme ai prodotti convenzionali un canale in cui comunque il consumatore si riconosce, oppure se sia preferibile, come già avviene in diversi casi all’estero, che le primarie catene distributive nazionali creino punti vendita specializzati nei quali potrebbe essere una volta per tutte affrontato e risolto il problema di come comunicare in modo adeguato il plusvalore del prodotto alla clientela.

Sana, un Salone sempre più internazionale


La 18ª edizione del Sana, il Salone internazionale del naturale, ha registrato un sensibile incremento delle presenze estere, pari a 4.000 operatori contro i 3.500 dell’edizione 2005 (+14%). Un successo da attribuirsi anche alle iniziative finalizzate all’internazionalizzazione del Salone, come l’International business area, lo spazio riservato agli incontri e agli scambi commerciali tra espositori e operatori provenienti da tutto il mondo invitati da Sana in collaborazione con AL-Invest, Ice e Unido Itpo Italy.
I visitatori totali sono stati 67.000 e 950 i giornalisti accreditatisi nei quattro giorni di manifestazione, di cui 90 esteri.
L’impressione visitando i padiglioni è che si stia espandendo l’area dedicata alla salute (erboristeria, cosmetici, ecc.), mentre una certa contrazione delle superfici interessi il settore alimentare.
Affollate le aree-mostra e le iniziative speciali realizzate nei 14 padiglioni della Fiera: dalle degustazioni di vini biologici a quelle di acque minerali, dalle esposizioni e i workshop di prodotti e arredi ecocompatibili per la casa all’atelier di moda ecologica, dalle iniziative dedicate all’erboristeria, come la mostra sugli erbari antichi, alle dimostrazioni dal vivo dei trattamenti di bellezza più innovativi e scenografici della mostra sulle beauty farm.
Il Supermercato della Natura, infine, organizzato al meglio da NaturaSì, l’unica catena di supermercati italiana specializzata in prodotti biologici e naturali, ha registrato il numero record di 4.670 «bio-clienti».
Soddisfazione dunque per gli organizzatori e per i 1.500 espositori, di cui 400 esteri, che hanno occupato gli 85.000 m2 di superficie espositiva.
«L’impegno che, insieme a BolognaFiere, abbiamo dedicato a questa diciottesima edizione di Sana – ha dichiarato Sergio Rossi, consigliere delegato di Sana – ci ha fatto raggiungere gli obiettivi prefissatici, in primis l’internazionalizzazione
del Salone. L’Italia, infatti, è il primo produttore europeo di prodotti sia biologici sia tipici certificati, un patrimonio che merita di essere valorizzato e promosso sul mercato interno e anche su quelli oltre confine».

 

 

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Nicola Castellani



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