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Il biologico scommette sul futuro |
Analisi e prospettive al Sana di Bologna
Il comparto ha margini di crescita notevoli, ma sono
necessari interventi politici per rendere più competitivo il nostro sistema
produttivo e commerciale. L’aumento della quota di vendita sul mercato
interno dipende da un nuovo rapporto con la gdo
Esse come Sana, la più importante rassegna italiana dedicata al settore
biologico. Esse come speranza, speranza di una rinnovata attenzione
all’agricoltura biologica da parte del mondo politico e delle istituzioni,
speranza di un nuovo trend di crescita dei consumi, sull’onda di un
fenomeno, in altri Paesi europei già in atto da qualche tempo, che consenta
di collocare stabilmente il biologico nel carrello della spesa di un numero
sempre più grande di famiglie italiane.
Così, con una battuta che forse qualcuno potrà giudicare ingenerosa, ma che
rispecchia le aspettative di produttori, trasformatori, distributori e di
tutti gli operatori che ruotano attorno all’agricoltura biologica italiana,
si può fotografare lo stato del comparto.
Nei numerosi convegni (ma 108 non sono troppi in quattro giorni?) che si
sono susseguiti a Bologna dal 7 al 10 settembre scorso, nel corso della 18ª
edizione del Salone, autorevoli esponenti del mondo politico, come i
ministri Paolo De Castro e Alfonso Pecoraro Scanio, i rappresentanti di
imprese e istituzioni, con proposte, analisi, statistiche e proiezioni
economiche, hanno lasciato trapelare un cauto ottimismo sul futuro a
breve-medio termine del comparto. Vediamo il perché.
Il ruolo della politica
Il compito più importante per un rilancio duraturo del settore spetta
sicuramente alla politica.
«Senza un’innovazione organizzativa istituzionale – ha detto Paolo
Carnemolla, presidente di FederBio, la Federazione italiana dell’agricoltura
biologica e biodinamica, rivolgendosi al ministro delle politiche agricole,
alimentari e forestali, Paolo De Castro nel corso del talk show sul futuro
del settore svoltosi nella giornata inaugurale – non è pensabile raggiungere
nel corso della legislatura alcun obiettivo significativo, come dimostra
l’evidente distacco fra le dichiarazioni d’intenti e le realizzazioni
pratiche che hanno caratterizzato la precedente gestione del Ministero. Gli
strumenti di cui Ministero e Governo intenderanno dotarsi per favorire
l’internazionalizzazione del nostro sistema agroalimentare – ha proseguito
Carnemolla – devono avere in dotazione risorse e assetti organizzativi
specifici per le produzioni biologiche, mettendo a sistema anche le attività
e i programmi che vengono gestiti a livello locale e dalle organizzazioni di
settore per esaltarne e migliorarne l’efficacia e rafforzare l’immagine
complessiva del sistema produttivo nazionale».
Da parte sua De Castro ha accolto le sollecitazioni e ha ribadito il suo
impegno a favore dell’agricoltura biologica a partire dalla legge delega di
settore per la revisione del quadro normativo e regolamentare vigente,
passando per il Piano d’azione nazionale, perché – ha detto – «in un nuovo
modello competitivo che premia qualità e sicurezza, gli spazi di crescita
del biologico sono ancora enormi, a livello sia italiano sia
internazionale».
Evidentemente però quanto potranno fare il Governo centrale e le Regioni
attraverso i Psr non sarà sufficiente a rilanciare le ambizioni del settore,
se il sistema produttivo e industriale nazionale non riuscirà ad aggregarsi
in modo efficace per dare nuova competitività ai nostri prodotti.
Un contesto commerciale più competitivo dipende anche da una sempre più
necessaria semplificazione amministrativa e da una maggiore efficienza del
sistema pubblico centrale e periferico. Per questa ragione con la riforma
del sistema di certificazione si dovrà intervenire semplificando e
informatizzando i rapporti tra amministrazioni e agenzie centrali e
regionali, centri di assistenza agricola e organismi di certificazione, in
modo da ridurre i costi e consentire significativi risparmi di tempo agli
operatori.
Il mercato
Oltre al miglioramento del quadro politico-amministrativo, l’altro grande
campo nel quale è necessario intervenire è il mercato.
In Europa le vendite di prodotti alimentari biologici sono in rapida
crescita: in Germania, ad esempio, di gran lunga il principale mercato
continentale con circa un terzo delle vendite complessive, dal 2004 al 2005
si è registrato un tasso di crescita annuale dell’11% (vedi anche
L’Informatore Agrario n. 33/2006, pag. 32).
In Italia il dato è molto meno entusiasmante e si attesta attorno a un
modesto +2,5-3%, dovuto principalmente al buon andamento delle vendite nel
canale dei negozi tradizionali e nella distribuzione specializzata.
Le cose non vanno meglio anche sul fronte dei consumi. Secondo le
rilevazioni dell’istituto di ricerca svizzero Fibl, nel 2003 l’Italia
figurava all’11° posto nella graduatoria mondiale della spesa media annua
pro capite bio con 24 euro, superata da tutte le principali Nazioni europee
e dagli Stati Uniti, con alle spalle solo gli altri Paesi mediterranei
(Spagna, Grecia e Portogallo) e quelli dell’Europa dell’Est.
Dal 2003 a oggi la situazione non è certo cambiata in meglio, anzi. Le
recenti rilevazioni del panel Ismea-ACNielsen, effettuate sul mercato
interno nei primi quattro mesi di quest’anno considerando esclusivamente i
consumi domestici, rilevano un calo del 4,8% degli acquisti di prodotti
confezionati a marchio bio. Poiché il panel ha escluso dal rilevamento i
negozi specializzati, il dato si riferisce in buona sostanza alle vendite
nella grande distribuzione organizzata. È proprio questo l’elemento critico
che deve essere superato per un recupero importante e duraturo di quote di
mercato.
«Per gli operatori del biologico – ha detto Fabio Lunati di Nomisma –
diventa strategico comprendere quale può essere il ruolo della gdo italiana
nei confronti del settore. In particolare è importante capire in che modo il
biologico possa sfruttare la visibilità di scaffale e il traffico delle
grandi superfici per rilanciare e consolidare il consumo di questi alimenti.
In passato molte insegne hanno allargato l’assortimento degli alimentari
biologici senza però avere alle spalle una strategia che prevedesse il ruolo
di questi alimenti all’interno della più generale politica di insegna».
Questa mancanza di una strategia di fondo ha determinato un approccio alla
marca privata (private label) da parte delle principali catene
nazionali della gdo, che si è dimostrato fallimentare e in qualche caso
addirittura penalizzante per l’immagine stessa e la credibilità delle
produzioni bio presso il consumatore.
Importanti imprenditori, come ad esempio il presidente di BioItalia Giovanni
Di Costanzo, sono addirittura convinti che il rapporto tra gdo e biologico
debba essere totalmente reimpostato, «in particolare per le conseguenze di
una politica sbagliata sulle private label che ha portato a effetti
contrari a quelli desiderati, cioè un progressivo ampliamento del mercato».
Oggi è dunque necessario verificare se esistono modalità commerciali che
consentano al biologico di fare dei punti vendita in cui viene esposto
assieme ai prodotti convenzionali un canale in cui comunque il consumatore
si riconosce, oppure se sia preferibile, come già avviene in diversi casi
all’estero, che le primarie catene distributive nazionali creino punti
vendita specializzati nei quali potrebbe essere una volta per tutte
affrontato e risolto il problema di come comunicare in modo adeguato il
plusvalore del prodotto alla clientela.
Sana, un Salone sempre più internazionale |
La 18ª edizione del Sana, il Salone internazionale del naturale, ha
registrato un sensibile incremento delle presenze estere, pari a
4.000 operatori contro i 3.500 dell’edizione 2005 (+14%). Un
successo da attribuirsi anche alle iniziative finalizzate
all’internazionalizzazione del Salone, come l’International business
area, lo spazio riservato agli incontri e agli scambi commerciali
tra espositori e operatori provenienti da tutto il mondo invitati da
Sana in collaborazione con AL-Invest, Ice e Unido Itpo Italy.
I visitatori totali sono stati 67.000 e 950 i giornalisti
accreditatisi nei quattro giorni di manifestazione, di cui 90
esteri.
L’impressione visitando i padiglioni è che si stia espandendo l’area
dedicata alla salute (erboristeria, cosmetici, ecc.), mentre una
certa contrazione delle superfici interessi il settore alimentare.
Affollate le aree-mostra e le iniziative speciali realizzate nei 14
padiglioni della Fiera: dalle degustazioni di vini biologici a
quelle di acque minerali, dalle esposizioni e i workshop di prodotti
e arredi ecocompatibili per la casa all’atelier di moda ecologica,
dalle iniziative dedicate all’erboristeria, come la mostra sugli
erbari antichi, alle dimostrazioni dal vivo dei trattamenti di
bellezza più innovativi e scenografici della mostra sulle beauty
farm.
Il Supermercato della Natura, infine, organizzato al meglio da
NaturaSì, l’unica catena di supermercati italiana specializzata in
prodotti biologici e naturali, ha registrato il numero record di
4.670 «bio-clienti».
Soddisfazione dunque per gli organizzatori e per i 1.500 espositori,
di cui 400 esteri, che hanno occupato gli 85.000 m2 di
superficie espositiva.
«L’impegno che, insieme a BolognaFiere, abbiamo dedicato a questa
diciottesima edizione di Sana – ha dichiarato Sergio Rossi,
consigliere delegato di Sana – ci ha fatto raggiungere gli obiettivi
prefissatici, in primis l’internazionalizzazione
del Salone. L’Italia, infatti, è il primo produttore europeo di
prodotti sia biologici sia tipici certificati, un patrimonio che
merita di essere valorizzato e promosso sul mercato interno e anche
su quelli oltre confine».
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