POLITICA |
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L’autunno caldo che attende l’ortofrutta italiana |
Decisioni difficili per l’applicazione della nuova ocm.
Obiettivo primario è salvaguardare la competitività del sistema produttivo
in relazione alle scelte che faranno Spagna e Francia, nostri principali
competitori. Gli interessi divergenti tra i produttori complicano la
partita.
Non
sarà agevole chiudere la partita dell’applicazione in Italia della riforma
della politica di sostegno a favore del settore dell’ortofrutta, nonostante
la presa di posizione quasi plebiscitaria da parte delle organizzazioni di
rappresentanza della filiera.
Il grosso del lavoro e delle scelte politiche deve ancora essere fatto. C’è
tempo fino al prossimo 1° novembre.
Ne consegue che settimane di fuoco attendono i vari giocatori della
complessa partita: operatori economici, Ministero delle politiche agricole,
Regioni e le altre amministrazioni che pure hanno competenze di rilievo
nella contesa sul futuro della frutta e degli ortaggi.
Tra queste ultime in primo luogo c’è Agea, impegnata a chiudere proprio in
questi giorni il capitolo della ricognizione preliminare dei produttori
attivi nel settore ortofrutticolo nell’anno solare 2006 e in procinto di
partire con le operazioni per il passaggio al regime del pagamento unico
aziendale.
Coloro che hanno la delicata responsabilità della scelta sono chiamati a
fare un sottile gioco di equilibrio tra i paletti della riforma di
Bruxelles: l’esigenza di salvaguardare la competitività del sistema
produttivo, anche in relazione alle decisioni che prenderanno gli altri
Paesi membri; gli interessi settoriali e geografici che giocheranno qualche
brutto scherzo nella complessa partita.
Il pomodoro
Prendiamo in considerazione, ad esempio, il settore più rappresentativo per
gli interessi nazionali: il pomodoro da industria.
Bisogna fare i conti con l’arrembante Spagna, anche se il nostro Paese non
parte sicuramente in condizione di debolezza.
Abbiamo la leadership assoluta in campo produttivo e le nostre imprese di
trasformazione sono più orientate verso i prodotti a valore aggiunto, dove
contano il marketing e l’innovazione.
L’Italia dovrà decidere su quattro punti:
- l’utilizzo della deroga temporanea al disaccoppiamento totale (4 anni al
massimo per il pomodoro e 5 per la frutta trasformata) ed, eventualmente, le
modalità di erogazione dei relativi aiuti transitori accoppiati;
- i criteri per il calcolo e l’attribuzione dei diritti disaccoppiati a
favore dei produttori, con particolare riferimento all’individuazione dei
beneficiari e alla selezione del periodo di riferimento;
- l’utilizzo della deroga all’abolizione del divieto di coltivare ortaggi e
frutta sui terreni abbinati ai diritti disaccoppiati (articolo 51). La
riforma prevede che lo Stato membro possa mantenere il divieto per un
periodo transitorio massimo di 3 anni;
- la scelta di applicare, eventualmente, il regime dei pagamenti
supplementari (articolo 69).
Fino a quando non saranno ufficializzate le decisioni politiche non si può
formulare alcuna attendibile ipotesi di lavoro sul tipo di contesto
competitivo nel quale opererà il settore nei prossimi anni e su come saranno
ripartiti tra i numerosi potenziali e aspiranti beneficiari del budget i 316
milioni di euro che l’Unione Europea ha riservato a favore dei produttori
italiani. Nel settore del pomodoro da industria ci sarà da sciogliere il
nodo dell’individuazione del periodo di riferimento, prendendo una o più
campagne nel periodo compreso tra il 2000-2001 e il 2006-2007.
Le soluzioni sono molteplici, ma c’è una particolarità: ogni scelta non è
indifferente in termini di allocazione delle risorse tra i beneficiari e tra
le diverse zone produttrici.
Tanto per dare un’idea, tra l’inizio e la fine del periodo considerato la
Puglia ha ridotto di quasi il 10% il peso sulla produzione complessiva, a
fronte di altre regioni come la Lombardia che l’hanno incrementato.
È evidente che c’è una divaricazione di interessi nella scelta del periodo
da prendere come base per il calcolo dei pagamenti diretti.
Agrumi
Nel settore degli agrumi la situazione è ancora più esplosiva.
In Italia sono circa 70.000 gli ettari per i quali sono stati hanno
incassati gli aiuti alla trasformazione nel corso del periodo considerato ai
fini della riforma, ma l’estensione complessiva degli agrumeti a livello
nazionale supera 160.000 ha. In più, sfortunatamente per chi deve prendere
le decisioni, si riscontra che la concessione degli aiuti presenta una forte
polarizzazione geografica in determinati territori (la Calabria piuttosto
che la Sicilia). Non sarà una scelta semplice.
Nel settore degli agrumi è plausibile si vada verso un’applicazione
immediata del disaccoppiamento, stando alle posizioni che sono state
espresse dagli organismi economici di rappresentanza.
Si preannuncia, quindi, una fase molto delicata. Con quali criteri saranno
assegnati i diritti? Verranno considerati solo i percettori storici degli
aiuti? Oppure la dotazione specifica di settore sarà spalmata sull’intera
superficie censita di agrumi a livello nazionale?
Bisognerà attendere ancora qualche settimana per risolvere le incognite, per
poi partire immediatamente con le fasi preliminari di applicazione del nuovo
regime di sostegno che la riforma ha riservato al settore dell’ortofrutta.
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