POLITICA |
|
Denominazioni a rischio con la nuova ocm vino |
I pericoli della proposta formulata.
Molti sono gli elementi critici, a partire dalla definizione di
denominazione. Si profila una politica Ue meno stringente e quindi una
protezione internazionale meno efficiente.
Un
esame dettagliato della proposta per l’ocm vino nei mesi successivi alla sua
presentazione ufficiale ha favorito una migliore definizione delle questioni
principali (estirpazione, liberalizzazione degli impianti, zuccheraggio), ma
ha anche consentito l’approfondimento di problematiche meno evidenti, in
principio, che rischiano di avere un impatto parimenti dirompente sul
sistema vitivinicolo europeo.
Il riferimento è soprattutto alle proposte relative ai vini di qualità e
all’etichettatura, che in effetti sono tali da minare seriamente le
fondamenta di tutto il sistema qualità edificato in questi anni.
Le preoccupazioni maggiori sono per la definizione di denominazione e per le
indicazioni in etichetta, ma, come si vedrà in seguito, anche la tutela
delle menzioni tradizionali, la rigidità della normativa a carico delle igp
e l’eccessiva burocrazia della procedura di riconoscimento e modifica dei
disciplinari sono percepiti con preoccupazione dai produttori.
Definizione delle denominazioni
La definizione delle denominazioni d’origine proposta da Bruxelles, com’è
noto, esclude la trasformazione in zona e richiede come requisito la sola
origine delle uve nel territorio designato.
Secondo le indiscrezioni raccolte a Bruxelles questa norma sarebbe volta a
tutelare quelle cantine che hanno l’impianto di trasformazione fuori zona di
produzione. Motivazione che non giustifica, come è stato fatto notare in
diverse occasioni, il depauperamento del concetto di denominazione il quale,
come previsto nella proposta della Commissione, non darebbe, di fatto,
alcuna importanza alle tradizioni enologiche del luogo, né al fattore umano.
La limitazione in zona della trasformazione, che dovrebbe essere un
requisito basilare, normato e difeso a livello comunitario, verrebbe,
invece, affidata alle norme nazionali cui verrebbe delegato anche il compito
di preservare alcune particolari caratteristiche del prodotto. Molti
operatori ritengono che una politica comunitaria meno stringente sia il
presupposto di una protezione internazionale meno efficiente.
Per quanto concerne le menzioni tradizionali (Lacryma Christi, Est! Est!!
Est!!!, Sciacchetrà …), che attualmente sono inscindibili dalle
denominazioni d’origine e obbligatoriamente riportate in etichetta, con la
nuova ocm potrebbero essere «subordinate» alle denominazioni d’origine.
L’articolato prevede, infatti, un comma a parte che le «considera»
denominazioni «se» in possesso di specifici requisiti. Con tale base
giuridica gli operatori temono che in futuro potrebbe aprirsi un varco per
una minore tutela internazionale.
A livello normativo, le attuali igt sono vini da tavola con «indicazione
geografica tipica», il loro disciplinare è meno rigido delle doc, con
caratteristiche meno stringenti e anche con una procedura per il
riconoscimento più agevole.
Con la nuova ocm, le future igp avranno la stessa base normativa delle dop e
gli stessi requisiti per l’ottenimento del riconoscimento, comprese le
analisi organolettiche. Questa situazione si tradurrebbe in una rigidità
eccessiva per un tipo di produzione nata storicamente per trarre beneficio
dal valore aggiunto della zona geografica senza, però, sottostare alle
rigidità della denominazione d’origine. Inoltre, secondo la proposta
comunitaria, le produzioni igp sarebbero vincolate allo stesso sistema di
controllo della dop; controlli, le cui spese gli Stati membri sono stati
autorizzati dalla Commissione a coprire con l’imposizione di specifiche
«tasse» ai produttori.
Con la nuova normativa non è difficile immaginare che molti operatori,
soprattutto con la possibilità di mettere vitigno e annata in etichetta per
i vini da tavola, si orientino piuttosto verso un prodotto indifferenziato,
produttivamente più flessibile e senza indicazione geografica.
La domanda di protezione prevista nella bozza di nuovo regolamento potrebbe
essere presentata anche da un singolo richiedente e non necessita alcun
requisito di rappresentatività.
La procedura richiede un’analisi preliminare nazionale e, successivamente,
un esame da parte della Commissione. Considerato il carico usuale di nuove
denominazioni, moltiplicato per il numero dei Paesi membri, si presume un
allungamento notevole dei tempi necessari per l’approvazione di una domanda
di protezione. Senza considerare, inoltre, che allo stesso iter sarebbe
sottoposta anche una semplice modifica del disciplinare.
La proposta europea prevede, inoltre, che gli Stati membri istituiscano le
disposizioni legislative necessarie per conformarsi alle nuove procedure al
più tardi entro l’1-8-2009, che si tradurrebbe in una modifica della legge
base delle denominazioni (legge n. 164/92)entro «un anno» dall’entrata in
vigore dell’ocm.
Infine, è contemplata una procedura di opposizione secondo la quale anche
una persona «singola» può opporsi alla protezione semplicemente presentando
una dichiarazione motivata. La proposta comunitaria, tuttavia, non specifica
quali motivazioni sarebbero ritenute valide.
L’etichettatura
Le questioni connesse all’etichettatura sono legate essenzialmente alla
possibilità di riportare in etichetta l’annata e il vitigno per tutti i
vini, anche quelli senza indicazione geografica.
La problematica è nota. Un vino senza indicazione geografica, con il vitigno
in etichetta, rischia di compromettere il mercato dei prodotti a
denominazione che hanno scelto di valorizzare il vitigno nelle strategie
commerciali, senza tra l’altro dare garanzie di veridicità.
La Commissione afferma che le nuove regole «dovrebbero permettere
l’indicazione del vitigno e dell’annata in etichetta sui vini senza
denominazione di origine o indicazione geografica purché siano rispettate
determinate condizioni circa la veridicità delle indicazioni riportate in
etichetta e il relativo controllo».
Ma il controllo senza delimitazione della zona di produzione non è
facilmente attuabile.
Nei consideranda che precedono l’articolato, la Commissione motiva la sua
impostazione per la nuova politica di qualità affermando che un regime in
linea con l’impianto seguito per le dop (regolamento Ce n. 510/2006)
consentirà di ottenere un quadro più trasparente, più completo e semplice
per i consumatori.
Alla luce di quanto riportato, gli operatori riscontrano, tuttavia, ben
pochi elementi favorevoli, tra i quali forse solo l’opportunità di avere un
approccio sulla qualità dei prodotti vitivinicoli uniforme fra i diversi
Stati membri.
Le reazioni a queste proposte si stanno via via definendo. Attualmente il
testo è analizzato a Bruxelles in fase tecnica dalle delegazioni dei diversi
Stati membri. Alcuni Stati hanno richiesto di soprassedere alla modifica del
sistema delle denominazioni d’origine rifiutando nettamente la proposta
(l’approccio italiano è parimenti molto critico e combattivo); altri hanno
trovato elementi positivi, soprattutto, sembra, per la possibilità di
indicare il vitigno sui vini senza indicazione geografica.
A ogni modo, il calendario dei lavori prevede a dicembre il voto in sessione
plenaria al Parlamento europeo, con successiva analisi al Consiglio dei
ministri agricoli; fino ad allora, nell’attesa di un «cambiamento di rotta»,
l’esame continua in fase tecnica e in campo politico.
|