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L'Informatore Agrario
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33
 7 - 13 Sett.

  2007
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Attualità POLITICA

Troppe zone d’ombra sul vino italiano

Intervista ad Andrea Sartori, presidente Uiv.
L’assenza di dati affidabili su produzione, mercato e consumi indebolisce tutti i soggetti della filiera e soprattutto i viticoltori. Gli aspetti positivi della proposta di nuova ocm.


SartoriCe lo ricordiamo bene Andrea Sartori, tre anni fa, quando fu eletto presidente dell’Unione italiana vini, la maggiore organizzazione professionale del settore vitivinicolo italiano. Era soddisfatto e orgoglioso per il prestigioso incarico, ma al tempo stesso molto preoccupato per le sfide che lo attendevano.
Raccoglieva un testimone difficile, con una organizzazione che usciva con le «ossa malconce» dall’accordo con MilanoFiere per l’organizzazione di MiWine che si dimostrò una notevole perdita di risorse per l’Unione stessa.
«La prima fase della mia presidenza – ci spiega Sartori – è stata proprio caratterizzata dalla riorganizzazione e razionalizzazione della struttura. Scelte difficili, talvolta dolorose, perché coinvolgevano il personale, ma rese necessarie da una situazione economica decisamente complessa. Ho dovuto, poi, riportare l’Unione italiana vini nel suo alveo naturale che era ed è quello di organizzazione sindacale, che deve dare servizi, assistenza ai soci e, al tempo stesso, interloquire con capacità con le istituzioni politiche».
Insomma, meno comunicazione e più sindacato.
Esattamente. Ma non tanto per questioni di principio, quanto per offrire un servizio concreto, operativo ai nostri soci e, attraverso questa attività, allargare la nostra base associativa. Per fare questo abbiamo agito più in una logica aziendale che di organizzazione sindacale. Questo ci ha consentito di essere più veloci per le risposte alle esigenze dei nostri soci e del settore vitivinicolo italiano. E a questo proposito va sottolineato come l’aver affievolito nel passato la nostra anima sindacale abbia consentito che certe leggi e normative, dannose per il sistema enologico nazionale, siano passate senza alcuna opposizione. Spesso soggetti istituzionali mi hanno detto in questi anni che certe leggi «sono passate perché noi dormivamo».
Il triennio che ha appena concluso come è stato per il settore vitivinicolo?
Direi abbastanza felice, soprattutto per quanto riguarda la ripresa e il consolidamento dell’export. Le note dolenti vengono invece sul fronte dei consumi interni che continuano a diminuire in maniera preoccupante. Si parla di un trend annuale di calo del 5%. E questo avviene senza che le istituzioni pubbliche ci aiutino a individuare strategie di comunicazione e promozione adeguate. Come pure ancora troppo poco si è riusciti a fare per diminuire il peso della burocrazia all’interno delle nostre imprese.
Quali sono, invece, le sue prospettive per il prossimo triennio?
Le previsioni di mercato per i prossimi anni non sono proprio esaltanti. Aumenterà il numero dei competitor sul mercato internazionale. Basti pensare che i Paesi dell’Est entrati nell’Unione Europea, chi più chi meno, sono tutti produttori di vino. Come pure si stanno nuovamente prospettando difficoltà sul fronte cambio euro/dollaro, e sappiamo quanto questo incida sul nostro export. Il tutto avviene senza che vi siano particolari aumenti dei consumi a livello internazionale.
Qualcosa di positivo ci deve essere…
Nonostante le tante preoccupazioni manifestate nei confronti della proposta della nuova organizzazione comune di mercato, penso invece che vi siano notevoli aspetti positivi. Intanto la filosofia di fondo con la quale è stata pensata e redatta. Cioè quella di realizzare finalmente una politica orientata al mercato e la fine di misure distorsive che non hanno fatto altro che sostenere le eccedenze invece di aiutare realmente le imprese europee a essere competitive. Produrre per distruggere è diabolico, quindi è positivo che finalmente si dica basta agli sprechi di denaro della collettività.
Sul tema della nuova ocm vino alcuni operatori e organizzazioni professionali accusano la lobby industriale del vino italiano di sostenere una politica comunitaria orientata allo smantellamento del binomio vino e territorio.
Io non lo vedo questo rischio. Non mi sembra che vi sia alcun assalto al nostro impianto delle denominazioni. Piuttosto si cerca di semplificare alcune cose. Certo, anche noi siamo contrari all’ipotesi di consentire di mettere in etichetta annata e vitigno per i vini da tavola, perché sarebbe motivo di ulteriore confusione per i consumatori.
Tra un po’ ripartirà anche la trattativa sulla riforma della legge 164/92. Qual è la vostra posizione?
Noi imploriamo letteralmente una maggiore semplificazione per alleviare il carico di burocrazia per le imprese e poi, come abbiamo già sottolineato più volte anche nel recente passato, vorremmo che si chiarisse meglio il ruolo dei Consorzi di tutela nell’ambito del piano dei controlli. Come pure ci piacerebbe che si definisse meglio il peso delle categorie all’interno dei Consorzi di tutela.
C’è un sogno che le piacerebbe potesse realizzarsi per il vino italiano in questo suo prossimo triennio di presidenza?
Vorrei che finalmente si potesse lavorare in un settore trasparente. Con dati certi sulla produzione, sul mercato, sui consumi. E invece si continua a operare in assenza di numeri sicuri, affidabili. Questo influisce negativamente in tutti i soggetti della filiera, soprattutto i più deboli, come i viticoltori.
Agire in un mercato che opera solo su logiche speculative è pericolosissimo. È mai possibile che in tutti questi anni, ad esempio, non si sappia quanto Pinot grigio o Prosecco si sta producendo nel nostro Paese? Questo è un fatto estremamente grave che impedisce, ad esempio, accordi pluriennali, garantiti tra aziende imbottigliatrici e viticoltori.
Prezzi che si basano solo su elementi speculativi sono non solo pericolosi ma impediscono uno sviluppo serio di tutta la filiera vitivinicola. L’aggravante è che oggi chi esce dal mercato per colpa di questi fenomeni di speculazione è quasi impossibilitato a rientrarvi. Individuare un modello di ricerca e divulgazione dei dati certi sarà, quindi, una priorità della mia presidenza.

 

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Fabio Piccoli


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