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2007 |
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POLITICA |
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La filiera discute su cause e rimedi |
Biocarburanti da non criminalizzare.
L’impennata dei prezzi agricoli e le difficoltà di reperimento dei cereali
sul mercato italiano e mondiale hanno stimolato un acceso dibattito tra gli
operatori della filiera agroalimentare.
In particolare, l’industria, che lamenta difficoltà nel garantire gli
approvvigionamenti, evidenzia la necessità di abolire il set aside e chiede
una politica più flessibile per la gestione dei contingenti di importazione
dei cereali. Nel contempo gli utilizzatori ritengono necessario mettere in
atto interventi per ripristinare le scorte a livelli ritenuti congrui.
L’Unione Europea ha già provveduto a fornire una prima interessante
risposta, mettendo all’ordine del giorno l’ipotesi di portare a zero il
tasso della messa a riposo obbligatoria per le prossime semine dell’autunno
2007 e della primavera 2008. In tal modo, la Commissione prevede un aumento
dell’offerta cerealicola per i raccolti del 2008 compresa tra 10 e 17
milioni di tonnellate. Sullo sfondo c’è l’ipotesi di abolizione definitiva
del set aside.
Le organizzazioni agricole pongono l’accento sulla complessità della
situazione e sull’esigenza di evitare allarmismi, di non scaricare sugli
agricoltori la responsabilità delle tensioni in atto e sull’esigenza di
individuare risposte adeguate.
Secondo Confagricoltura l’aumento dei prezzi dei cereali non è causato dalla
maggiore richiesta per la trasformazione a fini energetici, perché «il calo
dell’offerta cerealicola nel 2006 (–60 milioni di tonnellate tra Nord
America, Europa e Australia) è stato quasi quattro volte superiore alla
maggiore domanda di cereali per la produzione di etanolo (17 milioni di
tonnellate). Peraltro tale aumento si è concentrato negli Stati Uniti e non
ha di certo interessato l’Europa dove i cereali destinati per la produzione
di biocarburanti rappresentano un volume marginale rispetto alla produzione
complessiva.
Anche per Coldiretti «utilizzare le coltivazioni agricole europee per
produrre energia pulita come biocarburanti non provoca alcun rincaro dei
prezzi al consumo degli alimenti e contribuisce al contenimento
dell’inquinamento ambientale e a contrastare i cambiamenti climatici».
Lo stesso obiettivo europeo di fissare al 10% la percentuale minima di
biocarburanti nel consumo totale per il settore di trasporti entro il 2020
non avrà effetti destabilizzanti sul mercato dei prodotti agricoli. «Con
l’obbligo minimo di 10% di biocarburanti – sostiene la Coldiretti –
dovrebbero essere utilizzati circa 59 milioni di tonnellate di cereali (il
18% del consumo dell’Ue) in particolare frumento tenero e mais e in minima
parte orzo.
Secondo la Commissione – riferisce la Coldiretti – tale fabbisogno potrebbe
essere soddisfatto con un aumento annuo minimo dell’1% nelle rese per un
valore di 38 milioni di tonnellate, mentre altri 14 milioni di tonnellate
potrebbero essere offerte dalla messa a coltura di 2 milioni di ettari
attualmente destinati al set aside e il resto attraverso le importazioni».
Il settore della distribuzione ha partecipato meno al dibattito estivo
sull’impennata dei prezzi delle materie prime agricole, consapevole della
propria forza contrattuale ed essendo condizionato dalle richieste
dell’industria di trasformazione di ritoccare i listini e dalla forte
competizione sul mercato al dettaglio tra le grandi catene del trade.
Intanto, però, da qualche settimana si parla di imminenti ritocchi ai prezzi
delle farine, della pasta, del burro e dei prodotti da ricorrenza.
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