POLITICA |
|
Mercato dei cereali in ebollizione |
Quotazioni mai così elevate negli ultimi anni.
L’attuale tensione nel mercato mondiale è dovuta a una combinazione di
problemi congiunturali che hanno ridotto l’offerta agricola e di fattori
strutturali di crescita della domanda.
Negli ultimi mesi, i mercati dei cereali e dei semi oleosi a livello
internazionale hanno registrato una generale scarsità di materie prime.
Le quotazioni hanno così raggiunto i massimi livelli da quindici anni a
questa parte e l’industria alimentare è ora alle prese con l’inedito
fenomeno della difficoltà negli approvvigionamenti.
Bastano poche cifre per fornire il quadro della situazione. La quotazione
nel mercato italiano del frumento tenero panificabile si attesta in questa
fase attorno ai 200 euro/t, a fronte di una media di circa 150 euro/t
registrata dal 2000 in avanti e con un prezzo minimo di 129 euro/t fatto
segnare nel 2005.
Il frumento duro quota attualmente circa 260 euro/t, contro un valore medio
di 160 euro/t spuntato dal 2000 in poi e con un minimo toccato nel 2005 di
135 euro/t.
La fiammata dei prezzi non è un fenomeno circoscritto al mercato nazionale,
ma riguarda sia il contesto dell’Unione Europea, sia quello internazionale.
Negli Stati Uniti, Paese strategico a livello mondiale per il commercio
delle materie prime agricole, le quotazioni sono ai massimi livelli e
imperversa anche la speculazione finanziaria.
Si moltiplicano le domande
Ci si interroga e si cerca di interpretare quello che sta accadendo, per
individuare quali potranno essere le tendenze nel futuro a medio e lungo
termine e a quali cause imputare i fenomeni in atto.
Siamo di fronte a una normale dinamica di mercato, oppure c’è la possibilità
che gli elevati prezzi persistano per molti anni?
Alla base dell’impennata delle quotazioni c’è unicamente il nascente
business dei biocarburanti, oppure c’è una pluralità di cause le quali
spingono tutte in una identica direzione? Quali rimedi e quali interventi
possono essere messi in atto da parte dei decisori politici e degli
operatori economici per affrontare la nuova situazione che si è determinata?
Quanto ai primi due interrogativi, ormai c’è una convergenza di autorevoli
opinioni su due elementi: la scarsità dell’offerta è un fenomeno
strutturale, anche se, nei prossimi anni, i picchi delle quotazioni
riscontrati nel corso degli ultimi mesi dovrebbero attenuarsi. Inoltre, alla
base della situazione di disequilibrio nel mercato mondiale delle principali
materie prime agricole non c’è una sola causa, ma agisce una pluralità di
fattori.
Meno definito è, al momento, il dibattito sui rimedi.
A livello politico e, in particolare, nell’Unione Europea, da qualche mese
si parla di abolire il set aside, di revisionare il regime d’intervento e di
mettere mano al sistema dei dazi alle importazioni e delle restituzioni alle
esportazioni.
Manca, a oggi, un’autentica ed efficace risposta di natura imprenditoriale,
per adattare il sistema dell’offerta alle nuove condizioni di mercato che si
sono determinate.
Dal punto di vista degli agricoltori italiani l’aumento dei prezzi delle
materie prime è un risarcimento delle perdite sostenute negli ultimi anni,
considerati la lievitazione dei costi di produzione e la contrazione dei
ricavi.
Tra il 2004 e il 2005 le quotazioni dei cereali sono scese in Italia e in
Europa a livelli vicini ai minimi fissati per l’intervento, tanto da
scatenare una crisi di fiducia nei confronti del futuro.
Ora la situazione si è ribaltata, ma è necessario ancora tradurre la
tendenza in atto in concrete e stabili opportunità per il futuro.
Cause del fenomeno
Come è stato efficacemente messo in evidenza dall’ultimo rapporto Fao/Ocse
sulle prospettive dell’agricoltura per il periodo 2007-2016, la tensione nel
mercato mondiale dei cereali e delle altre materie prime agricole è dovuta a
una combinazione di problemi congiunturali, limitati nel tempo e nello
spazio, che incidono sul lato dell’offerta agricola e a fattori di natura
strutturale, il cui effetto si esplica sul versante della domanda.
In particolare, l’anomalo andamento climatico ha condizionato
quantitativamente e qualitativamente i raccolti in alcune parti del mondo,
facendo in modo che per più anni di seguito il livello complessivo dei
consumi risultasse superiore alla produzione, con una conseguente
contrazione delle riserve mondiali al livello più basso degli ultimi 20
anni.
Così, ad esempio, la produzione mondiale di frumento nel 2005 è stata di 620
milioni di tonnellate e si è ridotta a 593 milioni nel 2006.
È plausibile ritenere che, in futuro, si possa assistere a un’attenuazione
delle tensioni in atto, nella misura in cui ci saranno condizioni climatiche
favorevoli.
Tra i fattori strutturali ce ne sono due di notevole importanza.
Il primo è l’andamento favorevole dell’economia internazionale, con elevati
tassi di crescita, registrati soprattutto dai Paesi emergenti, con
conseguente sostenuto incremento dei consumi di prodotti alimentari, di
origine sia vegetale sia zootecnica.
L’altro fenomeno che, come sostiene il Fondo monetario internazionale, «ha
determinato uno shock macroeconomico», è l’improvvisa e consistente ascesa
del settore dei biocarburanti, in particolare negli Stati Uniti.
L’utilizzo del mais per la produzione di etanolo ha generato effetti a
catena sull’intero sistema agroalimentare e non solo a livello americano.
C’è un ulteriore fenomeno che è alla base dei cambiamenti in atto: le
modifiche nel commercio internazionale delle materie prime agricole.
Il volume degli scambi registra progressivi aumenti e le politiche
protezionistiche (dazi alle importazioni e incentivi alle esportazioni)
tendono progressivamente a diminuire. Nel contempo, diminuisce il peso dei
Paesi economicamente avanzati (Usa, Ue, ecc.) e si afferma sempre di più il
ruolo dei Paesi emergenti.
In conclusione, a prescindere da quelli che possono essere considerati
eccessi momentanei, lo scenario dei mercati agricoli mondiali ha raggiunto
un punto di svolta.
Si intravedono possibilità di crescita e promettenti opportunità di mercato.
Su queste occorrerebbe prestare attenzione, non solo rivendicando interventi
di politica agraria che ormai hanno un’efficacia limitata, ma studiando
strategie e progetti di filiera in grado di fornire le risposte più
adeguate.
|