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L'Informatore Agrario
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31
 24 - 30 Ago.

  2007
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Attualità POLITICA

Mercato dei cereali in ebollizione

Quotazioni mai così elevate negli ultimi anni.
L’attuale tensione nel mercato mondiale è dovuta a una combinazione di problemi congiunturali che hanno ridotto l’offerta agricola e di fattori strutturali di crescita della domanda.


Negli ultimi mesi, i mercati dei cereali e dei semi oleosi a livello internazionale hanno registrato una generale scarsità di materie prime.
Le quotazioni hanno così raggiunto i massimi livelli da quindici anni a questa parte e l’industria alimentare è ora alle prese con l’inedito fenomeno della difficoltà negli approvvigionamenti.
Bastano poche cifre per fornire il quadro della situazione. La quotazione nel mercato italiano del frumento tenero panificabile si attesta in questa fase attorno ai 200 euro/t, a fronte di una media di circa 150 euro/t registrata dal 2000 in avanti e con un prezzo minimo di 129 euro/t fatto segnare nel 2005.
Il frumento duro quota attualmente circa 260 euro/t, contro un valore medio di 160 euro/t spuntato dal 2000 in poi e con un minimo toccato nel 2005 di 135 euro/t.
La fiammata dei prezzi non è un fenomeno circoscritto al mercato nazionale, ma riguarda sia il contesto dell’Unione Europea, sia quello internazionale.
Negli Stati Uniti, Paese strategico a livello mondiale per il commercio delle materie prime agricole, le quotazioni sono ai massimi livelli e imperversa anche la speculazione finanziaria.

Si moltiplicano le domande
Ci si interroga e si cerca di interpretare quello che sta accadendo, per individuare quali potranno essere le tendenze nel futuro a medio e lungo termine e a quali cause imputare i fenomeni in atto.
Siamo di fronte a una normale dinamica di mercato, oppure c’è la possibilità che gli elevati prezzi persistano per molti anni?
Alla base dell’impennata delle quotazioni c’è unicamente il nascente business dei biocarburanti, oppure c’è una pluralità di cause le quali spingono tutte in una identica direzione? Quali rimedi e quali interventi possono essere messi in atto da parte dei decisori politici e degli operatori economici per affrontare la nuova situazione che si è determinata?
Quanto ai primi due interrogativi, ormai c’è una convergenza di autorevoli opinioni su due elementi: la scarsità dell’offerta è un fenomeno strutturale, anche se, nei prossimi anni, i picchi delle quotazioni riscontrati nel corso degli ultimi mesi dovrebbero attenuarsi. Inoltre, alla base della situazione di disequilibrio nel mercato mondiale delle principali materie prime agricole non c’è una sola causa, ma agisce una pluralità di fattori.
Meno definito è, al momento, il dibattito sui rimedi.
A livello politico e, in particolare, nell’Unione Europea, da qualche mese si parla di abolire il set aside, di revisionare il regime d’intervento e di mettere mano al sistema dei dazi alle importazioni e delle restituzioni alle esportazioni.
Manca, a oggi, un’autentica ed efficace risposta di natura imprenditoriale, per adattare il sistema dell’offerta alle nuove condizioni di mercato che si sono determinate.
Dal punto di vista degli agricoltori italiani l’aumento dei prezzi delle materie prime è un risarcimento delle perdite sostenute negli ultimi anni, considerati la lievitazione dei costi di produzione e la contrazione dei ricavi.
Tra il 2004 e il 2005 le quotazioni dei cereali sono scese in Italia e in Europa a livelli vicini ai minimi fissati per l’intervento, tanto da scatenare una crisi di fiducia nei confronti del futuro.
Ora la situazione si è ribaltata, ma è necessario ancora tradurre la tendenza in atto in concrete e stabili opportunità per il futuro.

Cause del fenomeno
Come è stato efficacemente messo in evidenza dall’ultimo rapporto Fao/Ocse sulle prospettive dell’agricoltura per il periodo 2007-2016, la tensione nel mercato mondiale dei cereali e delle altre materie prime agricole è dovuta a una combinazione di problemi congiunturali, limitati nel tempo e nello spazio, che incidono sul lato dell’offerta agricola e a fattori di natura strutturale, il cui effetto si esplica sul versante della domanda.
In particolare, l’anomalo andamento climatico ha condizionato quantitativamente e qualitativamente i raccolti in alcune parti del mondo, facendo in modo che per più anni di seguito il livello complessivo dei consumi risultasse superiore alla produzione, con una conseguente contrazione delle riserve mondiali al livello più basso degli ultimi 20 anni.
Così, ad esempio, la produzione mondiale di frumento nel 2005 è stata di 620 milioni di tonnellate e si è ridotta a 593 milioni nel 2006.
È plausibile ritenere che, in futuro, si possa assistere a un’attenuazione delle tensioni in atto, nella misura in cui ci saranno condizioni climatiche favorevoli.
Tra i fattori strutturali ce ne sono due di notevole importanza.
Il primo è l’andamento favorevole dell’economia internazionale, con elevati tassi di crescita, registrati soprattutto dai Paesi emergenti, con conseguente sostenuto incremento dei consumi di prodotti alimentari, di origine sia vegetale sia zootecnica.
L’altro fenomeno che, come sostiene il Fondo monetario internazionale, «ha determinato uno shock macroeconomico», è l’improvvisa e consistente ascesa del settore dei biocarburanti, in particolare negli Stati Uniti.
L’utilizzo del mais per la produzione di etanolo ha generato effetti a catena sull’intero sistema agroalimentare e non solo a livello americano.
C’è un ulteriore fenomeno che è alla base dei cambiamenti in atto: le modifiche nel commercio internazionale delle materie prime agricole.
Il volume degli scambi registra progressivi aumenti e le politiche protezionistiche (dazi alle importazioni e incentivi alle esportazioni) tendono progressivamente a diminuire. Nel contempo, diminuisce il peso dei Paesi economicamente avanzati (Usa, Ue, ecc.) e si afferma sempre di più il ruolo dei Paesi emergenti.
In conclusione, a prescindere da quelli che possono essere considerati eccessi momentanei, lo scenario dei mercati agricoli mondiali ha raggiunto un punto di svolta.
Si intravedono possibilità di crescita e promettenti opportunità di mercato. Su queste occorrerebbe prestare attenzione, non solo rivendicando interventi di politica agraria che ormai hanno un’efficacia limitata, ma studiando strategie e progetti di filiera in grado di fornire le risposte più adeguate.

                              

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Ermanno Comegna


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