Intervista a Gerald A. Herrmann
La promozione al consumatore del valore ecologico e salutistico
dell’agricoltura biologica è della massima importanza per allargare il
mercato, almeno per quanto riguarda il raggiungimento di masse critiche
di prodotto per servire meglio la grande distribuzione.
Gerald
A. Herrmann è il presidente dell’Ifoam (International federation organic
agriculture movements), la maggiore organizzazione internazionale per
l’agricoltura biologica, con oltre 750 associazioni rappresentate e
presente in 108 Paesi nel mondo. Si tratta dell’organizzazione
maggiormente impegnata, dal 1972, nello sviluppo dell’agricoltura
biologica.
L’osservatorio dell’Ifoam è pertanto il più interessante per capire la
stato attuale del settore biologico nel mondo e, in particolare, le sue
prospettive future.
Dal suo punto di vista qual è lo stato di salute del biologico
all’interno dell’Unione Europea e, in particolare, in Italia?
Negli ultimi sei anni l’area globale investita da coltivazioni
biologiche è passata dai 10 milioni di ettari del 2000 ai 30 milioni del
2006. Il 67% della superficie investita a colture biologiche è
concentrata in Europa.
Nell’Unione Europea quasi 6,3 milioni di ettari sono coltivati a
biologico e questo costituisce il 3,9% della superficie agricola totale.
L’Italia ha la maggior superficie investita ad agricoltura biologica con
oltre 1 milioni di ettari, che rappresentano il 7% della superficie
agricola utilizzata italiana. Paesi come l’Austria e la Svizzera hanno
rispettivamente il 14 e l’11% della loro sau investita a colture
biologiche. La Germania e il Regno Unito sono a circa il 4,5% di
superficie agricola a biologico. In sostanza il settore del biologico in
Europa è uno dei comparti che sta conoscendo lo sviluppo più veloce e si
stima che il suo giro d’affari sia attualmente di circa 13,1 miliardi di
euro.
Il 2006 per i prodotti biologici è stato un anno record sia in termini
di fatturato che di popolarità e aumento della domanda.
All’interno dell’Europa, il mercato del biologico in Germania è
cresciuto del 16% dal 2005 al 2006, raggiungendo i 4,5 miliardi di euro.
Fino a oggi si tratta del mercato più importante, rappresentando un
terzo delle vendite di prodotti biologici in Europa.
In Italia, Regno Unito e Francia, il mercato del biologico ha un
fatturato compreso tra 2,2 e 2,3 miliardi di euro.
Come in Austria, il biologico italiano è stato supportato dal punto di
vista produttivo, ma il Governo si è dimenticato di sostenere anche lo
sviluppo del mercato domestico e le vendite. La produzione è cresciuta
in Italia maggiormente rispetto ad altri Paesi europei.
Oggi circa un terzo della produzione biologica italiana è destinata
all’export, con prodotti come l’olio extravergine d’oliva, i formaggi,
la pasta, gli ortofrutticoli, i cereali e i legumi.
Il mercato domestico italiano si è sviluppato più tardi rispetto alla
produzione, ma oggi è il terzo o il quarto mercato europeo. Purtroppo la
vendita dei prodotti biologici nella grande distribuzione (retail) è
scesa, principalmente a causa della congiuntura economica italiana e
della difficoltà dei supermercati di migliorare il loro assortimento e
le loro strategie su questo comparto di prodotti.
Allo stesso tempo, la catena specializzata in prodotti biologici «NaturaSì»
ha realizzato una crescita delle vendite a due cifre lo scorso anno,
nonostante la generale stagnazione economica.
L’abolizione di sussidi speciali rivolti a coltivatori del biologico in
alcune regioni italiane ha comportato una stasi e ha diminuito la
produzione biologica certificata a partire dal 2002; solo recentemente è
avvenuta la ripresa.
Di contro, le importazioni di prodotti biologici sono aumentate. Questo
sviluppo è diffuso anche in altri Paesi dell’Europa occidentale.
Quali sono le prospettive future per la diffusione di prodotti
biologici nei ristoranti e nel catering?
Il biologico nel settore catering, nei ristoranti e nelle mense
pubbliche sta crescendo rapidamente.
Il boom di prodotti biologici non riguarda solo i consumatori finali, ma
comporta anche una richiesta crescente di cibo biologico nei ristoranti
e nella vita pubblica.
Lo sviluppo di questo settore è evidenziato in alcuni «Piani di azione
biologica» degli Stati membri europei. Il Regno Unito, la Danimarca e i
Paesi Bassi (nel 2005 il giro di affari è aumentato del 22%) hanno
promosso campagne finanziate con sovvenzioni pubbliche per aumentare
l’offerta di cibo biologico nel settore pubblico.
In Germania più di 1.000 ristoranti e mense hanno potuto così essere
certificati in soli pochi anni.
Nel luglio 2006 il consiglio comunale di Monaco ha deciso una serie di
provvedimenti in modo che la città diventasse la prima «città biologica»
tedesca. Tutte le mense pubbliche, le scuole, gli asili e gli ospedali
di Monaco serviranno piatti biologici.
Esempi simili si possono riscontrare in altri Paesi. Ma il campione
europeo è forse ancora l’Italia, dove il settore è il più sviluppato. Il
che prova che il cibo di qualità, le specialità e il catering non sono
necessariamente in antitesi tra loro.
Se si vuole avvicinare il mercato internazionale, ma anche la moderna
distribuzione, è indispensabile disporre della giusta quantità (massa
critica). Questo è il problema principale del settore biologico in
Italia: come è possibile risolverlo nel nostro Paese?
È indubbio che avere una quantità adeguata e omogenea per il canale
moderno, ma anche per quelli tradizionali, è fondamentale.
L’Italia, in effetti, non sempre è in linea sotto questo punto di vista.
Comunque, dopo essere stata un leader precoce nella regione
mediterranea, è stata scavalcata da Spagna, Grecia, Egitto e da altri
Paesi nordafricani negli ultimi anni, specialmente per il fatto che
questi offrono una gamma di prodotti paragonabile.
I produttori e «marketer» italiani non sono stati abbastanza capaci di
sviluppare le vendite in quantità superiori.
I produttori italiani avevano fissato i loro canali di vendita
principalmente nei mercati biologici tradizionali più piccoli, mentre
gli altri produttori mediterranei non hanno avuto altra scelta se non
quella di puntare su canali di vendita moderni. Con la loro crescita,
crescono anche la produzione e le vendite e l’Italia in questo contesto
si trova un po’ marginalizzata.
Per sviluppare una quantità e una qualità sufficienti di prodotti
biologici è importante un mercato nazionale che realizza questi
prodotti. Dove – se non nel mercato nazionale – i produttori possono
sperimentare, sviluppare e infine acquisire l’esperienza necessaria per
distribuire nella gdo? Dal momento che il commercio tradizionale
italiano non è riuscito a sviluppare con successo i loro mercati,
l’Italia è priva di questa importante componente.
Qual è il rapporto del comparto biologico con il marketing e la
comunicazione? Come è possibile migliorare il settore in queste aree?
È la consapevolezza delle persone a stimolare la domanda e quindi a dare
impulso al mercato dei prodotti biologici: non solo i prodotti biologici
sono più sani sia per i produttori che per i consumatori, in quanto
vengono prodotti senza sostanze chimiche e ogm, ma c’è da tenere
presente che anche i metodi produttivi apportano benefici globali sia ai
coltivatori che alla società. Tra di essi rientrano la tutela
dell’ambiente, la protezione del clima, la disponibilità di acqua
salubre, il mantenimento di terreni sani, una maggiore biodiversità e un
sano sviluppo delle aree rurali.
Il settore privato e i governi devono lavorare insieme per ridurre le
minacce alle coltivazioni biologiche, come gli ogm, e per promuovere i
benefici dell’agricoltura biologica a vantaggio della società e di tutti
gli esseri umani.
La comunicazione e la promozione della coltivazione biologica rivestono
quindi un’importanza straordinaria.
I consumatori, i produttori e la classe politica dovrebbero essere
informati e resi edotti sugli effetti positivi dell’agricoltura
biologica.
L’insegnamento scolastico sulla produzione e sulla cucina con cibo
biologico, sano e sostenibile, dovrebbe costituire parte di ogni
curriculum. Dato che il settore biologico è relativamente piccolo e non
può sostenere i costi di campagne di promozione e istruzione su più
ampia scala, sono i governi a doversene assumere la responsabilità.
Come può la produzione tipica e biologica fare più sistema
(cooperare) e acquisire più mercato e più visibilità, ad esempio con le
dop e le igp italiane?
In particolar modo in questo momento, in cui il biologico sta facendo il
suo ingresso nel mercato tradizionale e in cui i prodotti biologici
stanno diventando sempre più simili e quindi intercambiabili, è
importante impiegare strategie di marketing specifiche che proteggano e
comunichino l’identità del prodotto biologico.
Il fatto di comunicare la modalità di produzione e l’origine dei
prodotti biologici al consumatore finale rafforza il legame tra
produttori e consumatori.
Strategie di marketing mirate volte ad attribuire valore aggiunto ai
prodotti considerando la loro unicità/peculiarità possono aiutare a
raggiungere questi obiettivi. Questa unicità può essere un metodo
produttivo tradizionale o la regione specifica di produzione, come nel
caso delle dop e igp italiane. Ma non dovremmo dimenticare che i
prodotti biologici sono unici se paragonati a tutti gli altri metodi di
produzione per quanto riguarda la definizione di standard produttivi, i
controlli rigorosi, il sistema di certificazione e l’identità del
prodotto nell’ambito della catena della tutela. C’è di più: gli additivi
e le altre sostanze sono ridotte al minimo, il che rende i prodotti
biologici saporiti e sani. Non dovremmo dimenticare di vendere questi
valori distintivi.
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