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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
30
 27 Lug. - 2 Ago.

  2007
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Attualità POLITICA

Quel che resta del grano nel prezzo di pane e pasta

Confagricoltura dà i numeri del settore.
L’incidenza del costo della materia prima sul prezzo finale di pane e pasta non giustifica l’entità degli aumenti minacciati dall’industria a causa dei rincari del grano.


Non è detto che l’aumento del prezzo dei cereali produca inevitabilmente un aumento dei listini della pasta e del pane. Le dinamiche di mercato dei cereali e dei loro derivati non sono così strettamente collegate e la Confagricoltura di Torino, presieduta da Vittorio Viora, ha voluto puntualizzarlo con una conferenza stampa che si è svolta nella sede dell’organizzazione agricola martedì 24 luglio.
«L’agricoltura è una fabbrica a cielo aperto – ha detto Viora – e non si può prevedere con certezza l’andamento dei raccolti, perché le produzioni sono condizionate dal tempo: se il prezzo delle derrate agricole aumenta non è detto che aumenti l’utile per l’agricoltore, in quanto le perdite di produzione non sempre sono compensate dai maggiori ricavi unitari».
Una diminuzione mondiale della produzione dovuta a fattori climatici avversi (in particolare nell’emisfero australe e anche nel Nord Europa), l’aumento della domanda internazionale e una speculazione sui futures – ha chiarito Confagricoltura – hanno provocato un aumento del prezzo dei cereali, anche se, a fronte di tutto ciò, occorre considerare che il prezzo dei cereali di oggi è senz’altro inferiore, se rapportato a prezzi correnti, a quello del 1995.

Non è colpa dei biocarburanti
Inoltre va sfatato un altro luogo comune: l’utilizzo a fini energetici dei cereali, secondo Confagricoltura, non è responsabile dell’aumento del prezzi. Per l’organizzazione degli imprenditori agricoli non esiste un collegamento tra lo sviluppo delle filiere energetiche e l’andamento delle quotazioni cerealicole.
Le voci di rincari dei prezzi del pane e della pasta, rilanciate a più riprese nei giorni scorsi dagli industriali del settore, secondo Confagricoltura non sono giustificate. E il consigliere dell’organizzazione agricola Pierangelo Cumino ha fornito al proposito alcuni dati.
Con l’attuale prezzo dei cereali 1 kg di grano costa 18,5 centesimi di euro al netto dell’Iva, cioè 19,24 centesimi (prezzo finito).
Invece 1 kg di pane costa da 2,5 a 3,5 euro: il costo del grano sul prezzo del pane incide dunque dal 5,5 al 7,7%.
«Se parliamo di pasta – ha chiarito Cumino – vediamo che da 100 kg di grano duro si ottengono circa 75-80 kg di prodotto: 1 kg di grano duro costa 25 centesimi di euro al netto dell’Iva, cioè 26 centesimi (prezzo finito), mentre 1 kg di pasta costa da 1 a 1,7 euro: il costo del grano duro sul prezzo della pasta incide dunque dal 20 al 34%».



Come «scaricare» i costi
Secondo la Confagricoltura di Torino se i panettieri e i pastai decidessero di «scaricare» integralmente gli aumenti del costo delle materie prime sui listini dei prodotti finiti il costo del pane dovrebbe aumentare di 6 centesimi al kg, mentre il prezzo della pasta dovrebbe salire di 9,5 centesimi al kg. Ulteriori aumenti non potrebbero essere imputati all’aumento delle materie prime.
«Occorre ancora rilevare – ha detto Viora – che nel 1965 vendendo 131,60 kg di grano, equivalenti a 100 kg di farina, l’agricoltore poteva comprare dal panettiere 100 kg di pane. Oggi per acquistare gli stessi 100 kg di pane, con gli attuali prezzi, occorrono da 1.300 a 1.820 kg di grano. In pratica 1 kg di pane valeva come 1,32 kg di grano, mentre oggi ne vale da 13 a 18,20 kg».
La Confagricoltura torinese ritiene che la situazione debba essere affrontata con una serie di iniziative. «È necessario valorizzare ulteriormente la qualità dei cereali prodotti in Italia, anche attraverso un rafforzamento delle filiere produttive locali, con l’obiettivo di far recuperare reddito ai produttori, anche diversificando le produzioni e indirizzandole verso grani teneri di qualità e verso il grano duro, che si sta iniziando a coltivare anche nelle regioni del Nord», ha dichiarato Viora.
Ampia disponibilità è stata espressa nei confronti dell’industria, definita alleata e non nemica. «Sul fronte della commercializzazione – ha affermato Viora – è necessario far crescere le cooperative di raccolta e stoccaggio, oltre che favorire rapporti diretti tra cerealicoltori e industria molitoria e di trasformazione, per evitare isterismi di mercato e un’eccessiva volatilità dei listini, oltre che per ridurre i costi di intermediazione».

 

Sommario rivista

Ercole Zuccaro


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