POLITICA |
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Cartellino «giallo» al Governo Prodi |
Centomila coldiretti in piazza a Bologna. La protesta della maggiore
organizzazione agricola italiana contro la politica del ministro Paolo De
Castro ha trovato il suo momento più spettacolare a Bologna, dove una folla
di agricoltori in giallo ha applaudito la dura requisitoria del presidente
Sergio Marini.
La grande macchina organizzativa della Coldiretti ha fatto le cose in
grande: per una intera mattinata, mercoledì 11 luglio, la parte nord del
centro storico di Bologna, a cominciare dalla grande piazza dell’8 Agosto, è
stata avvolta in un solo colore, il giallo. L’organizzazione di Sergio
Marini ha portato qui, nel cuore dell’agroalimentare italiano, ma anche a
due passi dalle abitazioni del presidente del Consiglio, Romano Prodi, e del
suo fidato ministro dell’agricoltura, Paolo De Castro, decine di migliaia di
associati da ogni parte d’Italia.
L’imputato è il Governo
Sotto
accusa, nel grande manifesto alle spalle del palco (un manifesto alto
quattro piani e largo una cinquantina di metri) il ministro De Castro in
prima persona, anche se più tardi, nel discorso conclusivo, il presidente
Marini ha affermato che la sfida politica riguarda non solo De Castro, ma il
Governo Prodi nel suo complesso, suscitando un uragano di applausi.
Insomma, una grandiosa manifestazione, nel cuore della regione più ulivista
per consegnare un cartellino giallo a Prodi.
Accusata da De Castro, in un’intervista a un foglio locale, di essere
un’organizzazione «bolscevica», la Coldiretti ha dimostrato di avere una
macchina organizzativa forse superiore a quella del vecchio Pci.
Almeno centomila persone (ma per Marini erano addirittura 150.000) hanno
invaso Bologna.
E a stupire non era solo il numero dei partecipanti (tra i quali tantissimi
i giovani) quanto la perfetta adesione alle direttive: cappellini, magliette
e zaini rigorosamente giallo-Coldiretti. Striscioni, manifesti, cartelli e
bandiere ovunque, enormi palloni gialli veleggiavano in piazza 8 Agosto;
davanti al palco una cinquantina di gonfaloni di Comuni con relativi
sindaci.
Colonna sonora, mentre il corteo occupava le strade vicine, tutta folk, da
«Romagna mia» alle tarantelle napoletane, ai canti popolari sardi.
A portare solidarietà anche un drappello di politici locali dell’Opposizione
e l’ex ministro delle politiche agricole del Governo Berlusconi, Gianni
Alemanno.
Le accuse della Coldiretti a De Castro sono note: innanzitutto essersi
arreso a una parte (preponderante) dell’industria agroalimentare italiana e
aver cercato di cancellare la legge 204 sulla etichettatura dei prodotti
alimentari, proprio per accontentare, sostiene la Coldiretti, le esigenze
delle grandi aziende, soprattutto, ma non solo, multinazionali.
L’elenco delle doleances è lungo: dalla contaminazione ogm nei prodotti
biologici senza alcuna indicazione in etichetta all’arrivo quest’anno sulle
tavole del primo vino italiano invecchiato con la segatura, alla mancata
applicazione dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti
che ha provocato, secondo Coldiretti, la proliferazione del falso made in
Italy a tavola; dal pomodoro cinese all’olio tunisino, passando per il
prosciutto olandese, tutti spacciati come italiani.
L’orgoglio Coldiretti
Il presidente Marini, di fronte a una piazza stracolma, ha rilanciato le
parole d’ordine della Coldiretti, polemizzando con un una nota di De Castro
che parlava di Coldiretti «isolata»: «Siamo il 60% dell’agricoltura italiana
– ha affermato dal palco – e se questo è isolamento mi piace molto. Siamo
marginali? Dovrebbero chiederlo a voi, invece di allineare solo delle sigle
dietro le quali ci sono poche persone».
E riferendosi al tema della manifestazione, espresso dal megamanifesto alle
sue spalle («Ministro, giù le mani dalla qualità italiana»), Marini ha
confermato che la battaglia andrà avanti fino alla vittoria: «Vogliamo
un’industria legata al territorio – ha affermato – con accordi chiari con i
produttori e produzioni sempre più distintive perché solo così potremo
difendere qualità ed efficienza».
Marini non ha dimenticato la cooperazione, quella buona e quella cattiva.
Quella buona, che aiuta il socio, standogli vicino e facendolo migliorare, e
quella cattiva «che scimmiotta le grandi spa e non si accorge
dell’inefficienza e dei danni che provoca ai soci e ai consumatori».
A conclusione della manifestazione Marini è stato molto chiaro: «Ora ci
attendiamo un deciso cambio di rotta della politica agricola del ministro.
Dopo questa manifestazione la responsabilità delle decisioni non sarà solo
del ministro, ma dell’intero Governo».
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