POLITICA |
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Sull’ocm ortofrutta trovata l’intesa |
Accordo nella filiera ma senza coldiretti. Definite le modalità per
applicare il disaccoppiamento ad agrumi, pomodoro da industria, pesche e
pere. De Castro: «Per i produttori non c’è il rischio di perdere nemmeno 1
euro».
La riforma dell’ocm ortofrutta si sta rapidamente definendo nelle sue linee
fondamentali dopo il compromesso raggiunto dal Consiglio dei ministri
europei il 12 giugno scorso e attraverso i lavori (ancora in corso) del Csa,
il Comitato speciale agricoltura, che sta adattando il testo giuridico
originario agli accordi presi in sede di compromesso.
Rispetto, invece, alle ultime iniziative sul versante nazionale, vi è da
registrarne una che merita particolare attenzione per la sua valenza, sia
politica che tecnica.
Mi riferisco all’intesa sottoscritta da gran parte della filiera
ortofrutticola (il documento è stato firmato da 11 organizzazioni: Cia,
Confagricoltura, Copagri, Federalimentare, Fedagri, Legacoop, Fai, Flai,
Uila, Agci e Ascat) che, oltre a esprimere un apprezzamento per l’impegno
profuso dal ministro delle politiche agricole, Paolo De Castro, nel
raggiungere la maggioranza dei risultati demandati dal Tavolo agroalimentare,
fissa alcuni punti strategici da seguire nell’applicazione del regolamento
comunitario.
In sintesi, l’essere pervenuti a un’intesa è importante proprio perché si
parla di scelte applicative nazionali (le più condizionanti per il settore)
delle opzioni di fondo del regolamento comunitario e ciò non è poco se si
pensa come finora sia stato difficile raggiungere accordi di filiera,
soprattutto per i comparti dei prodotti destinati alla trasformazione.
Ma è proprio qui che avverranno i maggiori cambiamenti nel sistema di aiuti
nei prossimi anni.
L’intesa, presentata ufficialmente il 4 luglio scorso, sia al presidente del
Consiglio Romano Prodi che al ministro De Castro, costituisce quindi un
impegno collettivo di grande importanza nel privilegiare le scelte a favore
dell’aggregazione dell’offerta, della salvaguardia del sistema produttivo
nel suo complesso e della trasparenza del mercato.
I punti maggiormente evidenziati sono stati:
- l’incremento, seppur limitato, della dotazione finanziaria, che riveste un
particolare significato in questo caso perché va in controtendenza, essendo
l’ortofrutta una produzione tipicamente mediterranea;
- la riaffermazione del principio di sussidiarietà, che lascia agli Stati
membri la facoltà di scegliere tra le opzioni applicative quelle più
rispondenti alle esigenze territoriali;
- l’importanza, nel caso italiano, di seguire vie diverse a seconda dei
comparti, nel processo di transizione verso il disaccoppiamento totale.
Le proposte
Entrando maggiormente nel merito, è stato proposto:
- per gli agrumi, l’applicazione immediata del disaccoppiamento totale;
- per il pomodoro, un periodo di transizione di tre anni con un
disaccoppiamento parziale al 50% e, al quarto anno, il trasferimento in
titoli ai soggetti storici originari della parte precedentemente accoppiata;
- per le pesche e le pere, l’accoppiamento totale per i primi tre anni.
Le organizzazioni firmatarie si sono inoltre impegnate, per il pomodoro da
industria, a stipulare un accordo interprofessionale a valenza triennale per
«accompagnare» il comparto nel periodo di transizione, cercando di
programmare l’offerta di prodotto in base alle esigenze del mercato.
L’intesa sarà recepita dal Ministero
Da registrare la pronta risposta del ministro Paolo De Castro, che ha
accolto con sollievo l’impegno della filiera nell’offrire un supporto chiaro
e formale al programma di attività del Ministero.
Già il 6 luglio, dopo aver incassato l’assenso degli assessori regionali sui
contenuti delle proposte, De Castro, nel corso di una conferenza stampa, ha
annunciato che l’intesa «sarà resa operativa» dall’Amministrazione pubblica
dato che l’obiettivo comune è proprio la salvaguardia della filiera da
contraccolpi negativi in seguito alle modifiche della riforma.
Il ministro non ha rinunciato, tra l’altro, a una nota polemica rispetto a
chi in questi mesi ha fatto «circolare alcune disinformazioni» tra i
produttori.
Infatti, il ministro ha preferito ribadire ancora una volta il principio,
non ancora chiaro ad alcuni, che «non c’è alcun rischio per i produttori di
perdere 1 euro» perché, «finito il periodo transitorio, le risorse della
parte accoppiata si congiungeranno con quelle della parte disaccoppiata».
Resta il rammarico, come sottolineato da alcune organizzazioni, che i
diversi punti programmatici dell’intesa siano stati discussi e concordati al
di fuori del Tavolo agroalimentare, che avrebbe dovuto essere il luogo
naturale di una programmazione condivisa tra ministro e filiera
ortofrutticola.
Resta importante, a questo punto, il significato strategico dell’accordo
interprofessionale per il pomodoro da industria, perché è in quell’ambito
che tutta la filiera si confronterà realmente sull’obiettivo comune di
accompagnare il comparto in questa difficile transizione verso il sistema
disaccoppiato.
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