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Prezzo del latte crudo, accordi da rivedere |
Mercato con quotazioni alle stelle.
Le quotazioni stabilite negli accordi interprofessionali sottoscritti sono
sempre più lontane da quelle oggi spuntate dal latte spot e si moltiplicano
le richieste per riaprire le trattative.
Si
avverte la necessità di rivedere il prezzo del latte pagato agli allevatori
italiani, dopo gli accordi interprofessionali che ci sono stati nelle
settimane scorse che hanno interessato alcune regioni italiane come
Lombardia, Piemonte e Campania.
Il mercato del latte e dei derivati in Europa e nel mondo sta vivendo una
fase di crisi dell’offerta e le quotazioni sono schizzate in alto per tutti
i prodotti, particolarmente per le cosiddette commodity, come il latte in
polvere intero e scremato, il burro e il siero di latte in polvere.
Il primo a parlare della necessità di avviare nuovi incontri tra produttori
e utilizzatori è stato il presidente di Unalat Ernesto Folli, intervenendo
all’assemblea annuale che si è tenuta a fine giugno a Roma (vedi anche
L’Informatore Agrario n. 26/2007).
Qualche giorno dopo, c’è stata la richiesta del presidente della provincia
di Cremona Giuseppe Torchio, il quale ha invitato il ministro Paolo De
Castro a una «immediata convocazione delle parti industriali e agricole per
rivedere i contenuti dell’accordo sul prezzo del latte definito a 643 lire
al litro, mentre da più parti giungono notizie di vendita di latte spot
effettuate a 800 lire più Iva al litro».
Anche il presidente nazionale del settore lattiero-caseario di
Fedagri-Confcooperative, Tomaso Mario Abrate, ha nei giorni scorsi toccato
il tasto del divario che c’è tra la quotazione del latte venduto in cisterna
e quello consegnato quotidianamente dagli allevatori italiani alle imprese
di trasformazione e di commercializzazione sotto contratto di
somministrazione.
«Il latte spot spunta quotazioni da capogiro: 41 centesimi di euro/litro,
contro i 33 circa in media nello stesso periodo dello scorso anno» ha
affermato Abrate intervenendo all’assemblea annuale del Consorzio
provinciale zootecnico di Vicenza.
«Bisogna però ha continuato Abrate evitare eccessivi entusiasmi. Le
difficoltà della zootecnia da latte italiana non sono finite. Molte stalle
chiudono ogni anno e il mercato dei formaggi non si è ancora assestato».
Cosa sta accadendo al settore latte? C’è il rischio che il prezzo fissato
negli accordi interprofessionali nelle scorse settimane possa risultare poco
coerente con l’effettiva situazione di mercato?
La risposta non è semplice, ma una cosa è certa: il mercato del latte e dei
derivati è in forte agitazione, per effetto della combinazione
dell’incremento della domanda e la contrazione della produzione in qualche
importante Paese protagonista nel commercio mondiale, come l’Australia,
afflitto da problemi di siccità.
Situazione internazionale
Gli Usa e la Nuova Zelanda stanno spingendo sull’offerta, dato che non hanno
il condizionamento delle quote latte, come nell’Unione Europea.
La Norvegia ha deciso di recente di aumentare del 2% le quote disponibili a
livello nazionale per rispondere alla forte domanda di derivati caseari.
L’Unione Europea, per adesso, sta beneficiando della favorevole situazione,
liberandosi delle eccedenze pubbliche di burro e di latte scremato in
polvere che sono arrivate a zero e ha eliminato provvisoriamente le
restituzioni alle esportazioni verso il mercato mondiale.
Anche sul fronte dei prezzi dei derivati del latte ci sono ottime notizie.
La quotazione corrente del burro in Europa si attesta sui 3.100 euro/t,
contro un prezzo di intervento pari a 2.463 euro. Per il latte scremato in
polvere la quotazione di mercato è di 3.500 euro/t, a fronte di un prezzo di
intervento di al di sotto di 1.800 euro.
In questo momento il prezzo europeo del latte scremato in polvere è
inferiore a quello internazionale che si attesta sui 3.600 euro/t. Lo stesso
discorso non si può fare per il burro, dove l’Europa segna un livello di
prezzo ancora parecchio al di sopra di quello medio mondiale: 3.100 euro/t,
contro circa 2.000 euro.
La situazione di scarsità non è destinata a cessare nei prossimi mesi. Anzi,
analisi molto accreditate prevedono ulteriori incrementi delle quotazioni,
per tutti i prodotti derivati, compresi i formaggi che finora hanno
registrato aumenti più contenuti rispetto al burro e al latte in polvere.
Come si sta ripercuotendo questa situazione a livello di prezzo del latte
crudo corrisposto agli allevatori?
In Europa si sono registrati degli aumenti, ma non così incisivi. Nel mese
di aprile 2007, il prezzo medio pagato dall’industria casearia europea è
stato di 26,25 centesimi di euro/kg,appena il 2,5% in più rispetto allo
stesso mese dell’anno precedente.
Negli Usa e in Nuova Zelanda il mercato del latte è assai più reattivo e
pronto a rispondere ai segnali di aumento. In questi Paesi il prezzo del
latte crudo alla stalla è aumentato rispettivamente del 32 e del 15,4% nel
giro di 12 mesi.
Per adesso, il prezzo interprofessionale stabilito per la campagna 2007-2008
in Italia rispecchia ciò che avviene nel resto d’Europa. Ma presto ciò
potrebbe non essere più vero, soprattutto se le quotazioni dei principali
formaggi nazionali dovessero subire un balzo in avanti e iniziare la
sospirata ripresa.
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