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Capitale umano fattore strategico per
l’agricoltura |
Formazione continua, rivalutazione dei saperi tradizionali legati alle
specificità ambientali e sociali, creazione di reti di relazioni con altre
componenti della società sono elementi fondamentali per la competitività
delle aziende.
Il secondo Festival dell’economia che si è svolto recentemente a Trento
aveva come tema: capitale umano e capitale sociale.
Nel corso dei lavori è stato confermato che il futuro economico di una
Nazione è legato alla sua dotazione di capitale umano e di capitale sociale
molto più che alla disponibilità di risorse naturali, di infrastrutture, di
capitale finanziario. Quello che vale per le Nazioni vale anche per i
singoli settori e quindi anche per l’agricoltura. Investire in capitale
umano e capitale sociale può, allora, essere la ricetta vincente anche per
il settore agricolo.
Prima di avanzare ulteriori considerazioni sembra opportuno, a costo di
ripetere cose già note, chiarire cosa si intende con tali termini.
Per capitale umano si intende il livello di istruzione e il bagaglio di
conoscenze che il singolo individuo o l’insieme di più persone possiede. È
importante osservare da un lato che molti esempi di crescita economica sono
spiegabili con la presenza di manodopera istruita e ben addestrata,
dall’altro che si possono identificare due tipologie diverse di conoscenza.
La prima è sviluppata attraverso la ricerca scientifica e trasmessa
attraverso il sistema scolastico. Tale conoscenza è generalmente di tipo
ubiquitario, vale a dire risulta valida in qualsiasi luogo. La seconda è
trasmissibile attraverso l’interazione con il contesto e la società in cui
si vive e ha validità solo in quel determinato ambiente.
A titolo di esempio relativamente a questo secondo aspetto si può pensare
alla conoscenza relativa al fatto che una brinata primaverile, nella maggior
parte dei casi, interessa una porzione di terreno ben individuata sulla base
dell’esperienza, o che certi patogeni si presentano più facilmente in un
campo invece che in un altro, o che l’asfissia radicale interessa una
porzione di campo e solo certe colture e via di questo passo.
Per molto tempo si è ritenuto che il secondo tipo di conoscenza fosse
destinato a essere soppiantato dal primo. In realtà si è visto che ciò è
vero solo in parte; per le conoscenze legate alla variabilità dei fattori
naturali e per quelle relative ad alcuni problemi sociali non è così.
Entrambe le tipologie di conoscenza sono importanti, anche se l’importanza
relativa delle medesime è andata modificandosi nel tempo.
Per capitale sociale si intendono le reti informali di relazioni tra
persone. Tali reti sono basate sulla condivisione di norme e valori e
facilitano la trasmissione e condivisione delle informazioni.
Le reti informali sono alla base della fiducia reciproca tra le diverse
persone e, quindi, della cooperazione tra le medesime. Il capitale sociale,
agevolando la comprensione reciproca, permette di gestire meglio le risorse
comuni e consente di contenere la funzione di regolazione dello Stato in
campo economico e sociale.
Capitale sociale e capitale umano sono tra loro legati nel senso che
l’aumento dell’uno favorisce la crescita dell’altro e viceversa.
Tradizionalmente nel mondo rurale il capitale sociale era presente in grande
quantità. La riduzione del numero di agricoltori, la diversificazione delle
attività agricole, il prevalere di visioni del mondo basate su valori del
tutto estranei alla cultura rurale ne hanno fortemente eroso l’ammontare.
Al tempo stesso il progressivo invecchiamento degli addetti, il diffondersi
di nuove coltivazioni e le nuove tecnologie disponibili, le rapide modifiche
nelle regole a cui è necessario uniformarsi per produrre, tendono a rendere
obsolete conoscenze che si ritenevano acquisite una volta per tutte.
Un esempio in proposito può servire meglio di lunghi discorsi. La zootecnia
padana è tra le più avanzate al mondo, ma il vincolo nel numero di
capi/ettaro derivante dalla direttiva nitrati potrebbe rendere obsolete
conoscenze che hanno richiesto decenni per formarsi in quanto lo scenario in
cui si deve operare si è completamente modificato.
Formazione continua, rivalutazione dei saperi tradizionali legati alle
specificità ambientali e sociali locali, creazione di reti di relazione con
altre componenti della società locale sono, in quest’ottica, elementi
fondamentali per mantenere un’agricoltura competitiva.
A differenza del passato, tuttavia, il rafforzamento di tali elementi non
può essere lasciato al caso o all’iniziativa isolata di qualche singolo e
richiede una partecipazione convinta della maggior parte se non di tutti i
protagonisti del mondo agricolo. In tale logica vanno con tutta probabilità
ricercati alcuni di quei nuovi strumenti di politica rurale e agricola che
dovrebbero sostituire dopo il 2013 l’attuale impostazione comunitaria.
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