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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
26
 22-29 Giu.

  2006
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Ma dov'è finita l'acqua?

Intervista al presidente dell’Anbi Massimo Gargano

L’estate è appena cominciata ma già si parla di emergenza idrica per l’agricoltura, nonostante l’andamento climatico dell’inverno e della primavera non sia stato particolarmente siccitoso. Il problema principale sembra risiedere in una gestione non corretta della risorsa acqua, a cominciare dai bacini idroelettrici montani

Che fine ha fatto l’acqua? La domanda sorge spontanea sentendo le notizie che arrivano in questi giorni dal Nord Italia, tutte concordi nel parlare di spettro siccità alle porte, e confrontandole con quanto si diceva fino a poche settimane fa, e cioè che la stagione estiva si presentava abbastanza tranquilla.
D’altra parte tutti abbiamo visto che l’inverno è stato molto nevoso e la primavera ha portato piogge tutto sommato normali. E allora?
Per cercare di capire qualcosa in più abbiamo sentito il parere di Massimo Gargano, presidente dell’Associazione nazionale bonifiche.
Presidente Gargano, siamo solo alla metà di giugno e già ci troviamo in pieno allarme siccità, almeno a sentire i mass media. Qual è la situazione reale secondo l’Anbi?
Attualmente vi sono gravi preoccupazioni per l’irrigazione nel bacino padano. C’è stato un preoccupante abbassamento delle portate del Po proprio quando, a causa dell’assenza di precipitazioni, delle elevate temperature e del vento era necessario poter irrigare in abbondanza. Si spera in qualche precipitazione già questa settimana. Il problema più grave è, nel delta del Po, la risalita del mare a causa dell’abbassamento della falda.
Non più tardi di un mese fa l’Anbi parlava di situazione tranquilla sostenendo che «non dovrebbero nutrirsi preoccupazioni per la disponibilità di acqua per l’agricoltura». Cosa è successo negli ultimi 30 giorni per far cambiare le cose in questo modo?
A creare la situazione di crisi hanno concorso vari elementi. Tra fine maggio e inizio giugno si è avuto un cospicuo abbassamento delle temperature in quota (oltre 5 °C rispetto alle medie stagionali) che ha bloccato lo scioglimento delle nevi. I gestori dei bacini idroelettrici montani non hanno «turbinato», salvaguardando e incrementando la risorsa idrica invasata. Il vento e le alte temperature hanno contribuito ad accelerare le perdite per evapotraspirazione, riducendo nel contempo la capacità di ritenzione idrica dei terreni
Al di là dell’andamento meteorologico, quali provvedimenti si possono realisticamente prendere per non arrivare a una vera emergenza?
Ritengo che per il Po la Cabina di regia presso l’Autorità di bacino, nonché analoghe sedi di coordinamento presso le altre Autorità di bacino, debbano diventare uno strumento permanente, con periodiche riunioni, in modo da contemperare al meglio i diversi interessi dei vari settori, utilizzando la risorsa idrica disponibile. È necessario che l’acqua non sia esclusivo patrimonio dei gestori dei bacini idroelettrici, anche tenendo conto delle priorità fissate dalla legge, che pone l’uso agricolo dell’acqua al secondo posto dopo quello umano.
Al di là dell’emergenza occorre peraltro procedere alla realizzazione del Piano irriguo nazionale per gli ammodernamenti e l’adeguamento degli impianti irrigui nonché per la realizzazione di nuove infrastrutture, anche non invasive, per raccogliere l’acqua (piccoli bacini, casse di espansione, ecc.). Devono essere superati gli ostacoli procedurali che hanno bloccato la realizzazione dei progetti esecutivi e cantierabili, che hanno già conseguito tutte le approvazioni e per i quali sono già state destinate e impegnate specifiche risorse finanziarie.
Chi deve farsi carico di vigilare per una corretta gestione della risorsa acqua a monte dei grandi fiumi e dei laghi del Nord Italia?
È senz’altro un problema di norme e di competenze: lo Stato, le Autorità di bacino, le Regioni e, in caso di emergenza, la Protezione civile. Ma è anche, e soprattutto, un problema culturale. È necessario che da parte di tutti i soggetti interessati vi sia un atteggiamento diverso, teso a preservare la risorsa idrica, che è un bene «finito». I comportamenti di tutti i soggetti interessati dovrebbero, quindi, essere sempre virtuosi, aldilà della eventualità che possa presentarsi un periodo di crisi.

 

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