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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
26
 22-29 Giu.

  2006
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Attualità POLITICA

IMiWine migliora ma non convince

Format e obiettivi ancora poco definiti

Molti espositori non si sono detti particolarmente soddisfatti dei contatti commerciali avuti in fiera. Oltre a una migliore collocazione nel calendario fieristico, deve crescere il rapporto di collaborazione con la Bocconi

Dopo la deludente prima edizione del 2004, si è svolto dal 12 al 14 giugno scorsi alla nuova fiera di Milano, MiWine, il Salone dedicato al business del vino.
Prima di commentare questa seconda edizione è bene ricordare ai nostri lettori che MiWine fu un progetto fieristico nato due anni fa in collaborazione tra Fiera Milano e l’Unione italiana vini, la più importante organizzazione di rappresentanza delle imprese enologiche italiane, che insieme diedero vita alla società Sifa. L’obiettivo, allora, era chiaro: realizzare una fiera totalmente dedicata agli operatori e votata interamente a quello che nel linguaggio del marketing viene definito «business to business».
Sempre per dovere di cronaca va ricordato inoltre che MiWine nacque anche in risposta al Vinitaly di Verona, accusato allora da alcuni produttori di non rappresentare un luogo ideale per le attività commerciali tra gli operatori.
Nonostante i buoni propositi le cose non andarono particolarmente bene alla prima edizione, che si concluse con scarso successo sia in termini di espositori che di pubblico, ma soprattutto fallendo gli obiettivi primari che gli organizzatori si erano preposti. Insomma, poco business e poca visibilità.
Il risultato fu l’uscita, non certo «indolore», dell’Unione italiana vini da Sifa e la necessità di riorganizzare un nuovo modello da proporre.
E arriviamo così a oggi, a questa seconda edizione.
Complessivamente, almeno in termini di pubblico, la manifestazione è certamente andata meglio rispetto alla prima edizione. Gli organizzatori parlano di 35.000 presenze, di cui il 20% proveniente dall’estero. Non amiamo troppo soffermarci sulle cifre soprattutto quando si parla di una manifestazione dedicata agli operatori dove è molto più importante valutare il profilo dei visitatori più che il loro numero.
Il parere di chi c’era
In attesa di avere dagli organizzatori il risultato definitivo dell’indagine sul profilo dei visitatori, abbiamo raccolto nei tre giorni della manifestazione numerose interviste tra gli espositori. Ne è uscito un quadro sostanzialmente deludente, seppur migliore rispetto all’edizione 2004.
La maggioranza di coloro che abbiamo intervistato, tra le aziende private, non si è detta particolarmente soddisfatta dei contatti avuti. Molti hanno dichiarato che lo stesso periodo della manifestazione è poco indicato per eventi dedicati al business. A giugno ormai i «giochi» sono già fatti, questo è stato il commento più comune.
Inoltre, per una manifestazione che dovrebbe essere votata totalmente al mercato e ai suoi operatori appare un po’ fuori sintonia l’ampia presenza di stand «istituzionali». Se si vuole realmente una fiera «business to business» allora si deve avere il coraggio di lasciare fuori le realtà pubbliche e dare spazio ai privati. Ma se ciò fosse avvenuto anche a questa edizione di MiWine probabilmente gli spazi espositivi venduti sarebbero stati drammaticamente ridimensionati.
Insomma, anche questa seconda edizione di MiWine ha fatto emergere delle contraddizioni che speriamo possano realmente essere risolte, perché allo stato attuale non si può dire che la fiera del vino di Milano abbia imboccato una sua strada precisa.
MiWine si era ripromessa di diventare anche un osservatorio economico importante per la filiera vitivinicola. In questa direzione è stata individuata, già dal 2004, una importante collaborazione con la prestigiosa Sda Bocconi che quest’anno ha portato un primo frutto: uno studio sui consumi del vino di qualità a Milano.
Maggiori dettagli della ricerca verranno pubblicati su un prossimo numero del nostro settimanale. In questa sede, per motivi di spazio, ci limitiamo a dire che si è trattato di uno studio non particolarmente ricco di spunti, troppo generico, decisamente poco operativo. Correttamente i responsabili della ricerca della Bocconi hanno sottolineato che si è trattato di un’indagine qualitativa e non quantitativa, ma con altrettanta onestà ci permettiamo di dire che ben altro ci aspettiamo da «colossi» del calibro di Fiera Milano e Bocconi.
Il mondo del vino italiano ha bisogno di indagini approfondite sul settore, in grado di aiutare nelle scelte strategiche. Sarebbe stato più utile, quindi, conoscere, ad esempio, in una piazza così importante come Milano, quali vini vengono consumati (tipologie, denominazioni, ecc.), in quale fasce di prezzo, su quali canali di distribuzione. Quali i principali competitor internazionali dei nostri vini, quali le principali richieste di ristoratori, enotecari, responsabili acquisti della gdo.
Su questi aspetti, il presidente di Sifa, Ezio Rivella, ci ha voluto tranquillizzare sottolineando che alla prossima edizione di MiWine, grazie ad un ulteriore sviluppo dell’accordo con Sda Bocconi, l’osservatorio marketing del vino sarà in grado di fornire informazioni ben più importanti e utili per la filiera, produttori in primis. Un’affermazione onesta quella di Rivella che, però, implicitamente ha anche evidenziato la debolezza della ricerca presentata a Milano nei giorni scorsi.
Gli organizzatori, insomma, chiedono ancora tempo e pazienza. Lo stato attuale del settore enologico italiano, però, non ha più troppo tempo. Milano con il suo eccellente quartiere fieristico hanno sicuramente delle carte da giocare ma è tempo che le scopra in fretta.

 

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