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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
24
 15 - 21 Giu.

  2007
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Attualità POLITICA

Varata l’ocm ortofruttama in Italia già si annuncia tempesta

Dura presa di posizione della coldiretti contro l’azione del Ministro.
Il documento messo a punto durante l’ultimo Consiglio agricolo sotto presidenza tedesca è stato giudicato favorevolmente dal ministro Paolo De Castro in quanto soddisfa le richieste italiane elaborate dal Tavolo agroalimentare dello scorso marzo.

Capita spesso che i comunicati finali delle riunioni dei ministri agricoli comunitari si riducano a poche righe su decisioni scarsamente significative se non irrilevanti, specchio fedele di quella che sembra il più delle volte una stanca routine politico-burocratica. Poi, ogni tanto, partono i fuochi artificiali.
È successo proprio questo l’11 e il 12 giugno a Lussemburgo, con l’appuntamento finale del semestre di presidenza tedesca durante il quale sono stati decisi diversi provvedimenti che, comunque li si voglia giudicare, lasceranno il segno nell’agricoltura europea: è stata varata l’ocm ortofrutta, è stato dato il via libera alla semplificazione e all’accorpamento delle diverse ocm, si è meglio definita tutta la problematica della condizionalità e si è stabilita una soglia di tolleranza dello 0,9% per la presenza accidentale di ogm nei prodotti biologici (vedi pag. 10).
Si dice che il veleno sta nella coda, e in effetti la questione ogm-biologico ha scatenato immediate reazioni polemiche, ma non è che la testa sia da meno: se l’ocm ortofrutta è una nave appena varata, possiamo dire che la Coldiretti ha già fatto partire i siluri.

Il disaccoppiamento spacca l’agricoltura italiana
La riforma dell’organizzazione comune di mercato per i prodotti ortofrutticoli è il frutto più importante maturato a Lussemburgo, in particolare per l’Italia che è il primo produttore europeo. I punti fondamentali dell’accordo raggiunto tra i 27 Paesi dell’Ue sono riportati nel riquadro a pag. 9 ma è opportuno soffermarsi sulla questione che ha sollevato i maggiori contrasti, cioè il disaccoppiamento degli aiuti.
A questo proposito il parere del Mipaaf è piuttosto chiaro: «Sono stati sostanzialmente raggiunti gli obiettivi negoziali che il Governo italiano si era posto nella riunione del Tavolo agroalimentare del 15 marzo 2007, che aveva fissato, con il concorso delle Regioni e delle organizzazioni di categoria, le linee di negoziato per la riforma. In particolare, l’accordo del Consiglio prevede la possibilità di procedere al disaccoppiamento degli aiuti attraverso una fase transitoria di quattro anni per i pomodori e di cinque anni per le colture arboree, durante la quale gli Stati membri avranno la facoltà di continuare a erogare una parte del sostegno sotto forma di aiuto accoppiato. Questa misura era stata chiesta dal Governo italiano, in sintonia con l’indicazione del Parlamento nazionale e con la posizione del Parlamento europeo, per evitare che un disaccoppiamento totale immediato comportasse una contrazione importante della produzione con ripercussioni negative per tutta la filiera.
Nei prossimi mesi l’Italia dovrà decidere per quali prodotti avvalersi di un periodo transitorio, fissandone la durata e l’ammontare dell’aiuto accoppiato».

Dagli applausi ai siluri
Se questo è il parere del ministro, le reazioni del mondo agricolo italiano offrono un panorama, diciamo così, variegato.
Cominciamo dai più contenti, Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, che in un comunicato congiunto parlano di decisioni «eccellenti per il nostro Paese». Se la Cia sostiene che «è un risultato importante l’accoglimento di un periodo di transizione caratterizzato da un disaccoppiamento parziale» e la Copagri si dichiara «fiduciosa» per aver portato a casa il risultato del passaggio graduale al disaccoppiamento totale, già la posizione di Confagricoltura è meno entusiasta e parla di «un periodo troppo lungo per avvicinarsi a un modello di politica agricola effettivamente orientata al mercato anche nel settore ortofrutticolo».
È però dalla Coldiretti, da sempre sostenitrice dell’applicazione immediata del disaccoppiamento totale, che arriva l’attacco, contenuto in uno scarno ma durissimo comunicato del presidente Sergio Marini: «Le imprese agricole italiane sono in allarme per l’approccio negoziale debole e incoerente del ministro per le politiche agricole Paolo De Castro che ha determinato un risultato fortemente negativo per il nostro Paese. Ora si apre a livello nazionale un duro confronto per evitare il rischio di perdere tempo e risorse necessarie per il sostegno alla competitività, nell’interesse delle imprese e dei consumatori».
Un siluro in piena regola non solo alla riforma, ma anche al ministro De Castro, seguito poi, come vedremo più avanti, da un secondo riguardante la vicenda della soglia di ogm nel biologico. Un attacco che segna quindi una contrapposizione netta tra l’operato del Governo e la maggiore organizzazione agricola italiana.

Gli altri punti dell’accordo
La soddisfazione del ministro italiano si fonda anche su altri aspetti dell’accordo. «Per l’Italia, primo Paese produttore di ortofrutticoli dell’Unione Europea – dice De Castro – la riforma conferma il volume di sostegno attuale, pari a circa 470 milioni di euro su un gettito complessivo di circa 1,5 miliardi (l’Italia resta quindi il primo beneficiario in questo comparto). La conferma dell’attuale volume di sostegno per il nostro Paese non deve essere considerato un risultato ovvio, poiché avviene nel contesto di un budget complessivo invariato, ma in presenza di una compagine europea di 27 membri, mentre gli assetti attuali erano il frutto di un negoziato a 15».
Secondo De Castro «riveste particolare rilievo anche l’accoglimento della richiesta italiana che ha consentito l’aumento delle risorse finanziarie per i programmi operativi realizzati dalle organizzazioni di produttori, dal 4,1 al 4,6% della produzione commercializzata, finalizzato alle misure di prevenzione e gestione delle crisi. Altresì, sono state accolte altre richieste italiane, quali quelle relative alla previsione, in via obbligatoria, del Paese d’origine nella commercializzazione degli ortofrutticoli freschi, e la possibilità di estendere tale obbligo anche ai prodotti trasformati qualora ciò si rendesse necessario per tutelare i consumatori».
In realtà, quest’ultimo punto è un altro degli aspetti che ha suscitato la scontentezza della Coldiretti, che premeva affinché l’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima fosse un obbligo anche per i prodotti trasformati. Secondo Coldiretti il ministro ha messo in atto una strategia negoziale al ribasso che «ha palesemente indebolito la proposta di indicare in etichetta l’origine dei prodotti ortofrutticoli trasformati e lascia le porte aperte all’arrivo di succo di arancia brasiliana, di pere argentine, pesche sudafricane e pomodoro cinese da spacciare come italiani in succhi, macedonie e conserve».
È lecito prevedere che i prossimi mesi, per il ministro De Castro, saranno piuttosto impegnativi.

 

Sommario rivista

di Alberto Andrioli


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