POLITICA |
|
Varata l’ocm ortofruttama in Italia già si
annuncia tempesta |
Dura presa di posizione della coldiretti contro l’azione del Ministro.
Il documento messo a punto durante l’ultimo Consiglio agricolo sotto
presidenza tedesca è stato giudicato favorevolmente dal ministro Paolo De
Castro in quanto soddisfa le richieste italiane elaborate dal Tavolo
agroalimentare dello scorso marzo.
Capita spesso che i comunicati finali delle riunioni dei ministri agricoli
comunitari si riducano a poche righe su decisioni scarsamente significative
se non irrilevanti, specchio fedele di quella che sembra il più delle volte
una stanca routine politico-burocratica. Poi, ogni tanto, partono i fuochi
artificiali.
È successo proprio questo l’11 e il 12 giugno a Lussemburgo, con
l’appuntamento finale del semestre di presidenza tedesca durante il quale
sono stati decisi diversi provvedimenti che, comunque li si voglia
giudicare, lasceranno il segno nell’agricoltura europea: è stata varata l’ocm
ortofrutta, è stato dato il via libera alla semplificazione e
all’accorpamento delle diverse ocm, si è meglio definita tutta la
problematica della condizionalità e si è stabilita una soglia di tolleranza
dello 0,9% per la presenza accidentale di ogm nei prodotti biologici (vedi
pag. 10).
Si dice che il veleno sta nella coda, e in effetti la questione
ogm-biologico ha scatenato immediate reazioni polemiche, ma non è che la
testa sia da meno: se l’ocm ortofrutta è una nave appena varata, possiamo
dire che la Coldiretti ha già fatto partire i siluri.
Il disaccoppiamento spacca l’agricoltura italiana
La riforma dell’organizzazione comune di mercato per i prodotti
ortofrutticoli è il frutto più importante maturato a Lussemburgo, in
particolare per l’Italia che è il primo produttore europeo. I punti
fondamentali dell’accordo raggiunto tra i 27 Paesi dell’Ue sono riportati
nel riquadro a pag. 9 ma è opportuno soffermarsi sulla questione che ha
sollevato i maggiori contrasti, cioè il disaccoppiamento degli aiuti.
A questo proposito il parere del Mipaaf è piuttosto chiaro: «Sono stati
sostanzialmente raggiunti gli obiettivi negoziali che il Governo italiano si
era posto nella riunione del Tavolo agroalimentare del 15 marzo 2007, che
aveva fissato, con il concorso delle Regioni e delle organizzazioni di
categoria, le linee di negoziato per la riforma. In particolare, l’accordo
del Consiglio prevede la possibilità di procedere al disaccoppiamento degli
aiuti attraverso una fase transitoria di quattro anni per i pomodori e di
cinque anni per le colture arboree, durante la quale gli Stati membri
avranno la facoltà di continuare a erogare una parte del sostegno sotto
forma di aiuto accoppiato. Questa misura era stata chiesta dal Governo
italiano, in sintonia con l’indicazione del Parlamento nazionale e con la
posizione del Parlamento europeo, per evitare che un disaccoppiamento totale
immediato comportasse una contrazione importante della produzione con
ripercussioni negative per tutta la filiera.
Nei prossimi mesi l’Italia dovrà decidere per quali prodotti avvalersi di un
periodo transitorio, fissandone la durata e l’ammontare dell’aiuto
accoppiato».
Dagli applausi ai siluri
Se questo è il parere del ministro, le reazioni del mondo agricolo italiano
offrono un panorama, diciamo così, variegato.
Cominciamo dai più contenti, Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, che in un
comunicato congiunto parlano di decisioni «eccellenti per il nostro Paese».
Se la Cia sostiene che «è un risultato importante l’accoglimento di un
periodo di transizione caratterizzato da un disaccoppiamento parziale» e la
Copagri si dichiara «fiduciosa» per aver portato a casa il risultato del
passaggio graduale al disaccoppiamento totale, già la posizione di
Confagricoltura è meno entusiasta e parla di «un periodo troppo lungo per
avvicinarsi a un modello di politica agricola effettivamente orientata al
mercato anche nel settore ortofrutticolo».
È però dalla Coldiretti, da sempre sostenitrice dell’applicazione immediata
del disaccoppiamento totale, che arriva l’attacco, contenuto in uno scarno
ma durissimo comunicato del presidente Sergio Marini: «Le imprese agricole
italiane sono in allarme per l’approccio negoziale debole e incoerente del
ministro per le politiche agricole Paolo De Castro che ha determinato un
risultato fortemente negativo per il nostro Paese. Ora si apre a livello
nazionale un duro confronto per evitare il rischio di perdere tempo e
risorse necessarie per il sostegno alla competitività, nell’interesse delle
imprese e dei consumatori».
Un siluro in piena regola non solo alla riforma, ma anche al ministro De
Castro, seguito poi, come vedremo più avanti, da un secondo riguardante la
vicenda della soglia di ogm nel biologico. Un attacco che segna quindi una
contrapposizione netta tra l’operato del Governo e la maggiore
organizzazione agricola italiana.
Gli altri punti dell’accordo
La soddisfazione del ministro italiano si fonda anche su altri aspetti
dell’accordo. «Per l’Italia, primo Paese produttore di ortofrutticoli
dell’Unione Europea – dice De Castro – la riforma conferma il volume di
sostegno attuale, pari a circa 470 milioni di euro su un gettito complessivo
di circa 1,5 miliardi (l’Italia resta quindi il primo beneficiario in questo
comparto). La conferma dell’attuale volume di sostegno per il nostro Paese
non deve essere considerato un risultato ovvio, poiché avviene nel contesto
di un budget complessivo invariato, ma in presenza di una compagine europea
di 27 membri, mentre gli assetti attuali erano il frutto di un negoziato a
15».
Secondo De Castro «riveste particolare rilievo anche l’accoglimento della
richiesta italiana che ha consentito l’aumento delle risorse finanziarie per
i programmi operativi realizzati dalle organizzazioni di produttori, dal 4,1
al 4,6% della produzione commercializzata, finalizzato alle misure di
prevenzione e gestione delle crisi. Altresì, sono state accolte altre
richieste italiane, quali quelle relative alla previsione, in via
obbligatoria, del Paese d’origine nella commercializzazione degli
ortofrutticoli freschi, e la possibilità di estendere tale obbligo anche ai
prodotti trasformati qualora ciò si rendesse necessario per tutelare i
consumatori».
In realtà, quest’ultimo punto è un altro degli aspetti che ha suscitato la
scontentezza della Coldiretti, che premeva affinché l’indicazione in
etichetta dell’origine della materia prima fosse un obbligo anche per i
prodotti trasformati. Secondo Coldiretti il ministro ha messo in atto una
strategia negoziale al ribasso che «ha palesemente indebolito la proposta di
indicare in etichetta l’origine dei prodotti ortofrutticoli trasformati e
lascia le porte aperte all’arrivo di succo di arancia brasiliana, di pere
argentine, pesche sudafricane e pomodoro cinese da spacciare come italiani
in succhi, macedonie e conserve».
È lecito prevedere che i prossimi mesi, per il ministro De Castro, saranno
piuttosto impegnativi.
|