POLITICA |
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I giovani vogliono un’agricoltura forte |
Intervista al presidente dell’ANGA, Marco Saraceno.
La politica dovrebbe acquisire maggiore consapevolezza del ruolo centrale
del comparto agricolo nella filiera agroalimentare e agire favorendo la
competitività delle aziende.
Giovani e agricoltura, un rapporto non sempre facile nel nostro Paese, dove
l’età media della grande maggioranza dei titolari d’azienda è ben oltre i 50
anni. Un rapporto che però deve cambiare in fretta se si vuole garantire un
futuro a un settore che nei prossimi 5-10 anni vivrà un cambiamento
radicale, per il drastico abbassamento del livello di garanzie economiche
offerto dalla politica agricola comunitaria e la contestuale apertura del
mercato alle regole del libero scambio.
Annuisce Marco Saraceno, il neo eletto presidente dell’Anga, l’Associazione
nazionale giovani agricoltori, che raccoglie gli imprenditori under 40 di
Confagricoltura.
Lucano di origine, è molto orgoglioso della sua professione, Saraceno dirige
insieme al padre e alla sorella un’azienda zootecnica, di cui è
amministratore unico, che produce latte alimentare e formaggi provenienti da
600 vacche Frisone nutrite con le foraggere coltivate in proprio.
Presidente, tutti i dati economici dimostrano che le imprese agricole
gestite da giovani sono più efficienti e imprenditoriali. Non basterebbe
questo per «investire» di più sugli under 40?
Innanzitutto bisogna sottolineare che sono dati, questi, che dovrebbero
essere finalmente oggetto di analisi approfondita per poter meglio tarare le
misure sulle reali necessità delle imprese under 40.
Dal canto nostro abbiamo avviato un monitoraggio sulle nostre imprese per
dare un orientamento alla nostra azione sindacale e politica su queste
aziende.
D’altronde è inutile interrogarsi sull’uovo e la gallina, cioè se le aziende
sono più efficienti perché ci sono giovani a guidarle oppure se i giovani
scelgono l’attività agricola se possono farla con successo. Di sicuro
entrambi questi aspetti convivono, come c’è un’età media ancora troppo alta
nella conduzione aziendale, ma anche un’aspettativa di avvicendamento alla
guida più reale, dove, in essere o in divenire, esiste l’opportunità di fare
impresa.
Sono anche convinto che, scremata la fascia delle aziende che costituiscono
oggi una testimonianza più che una realtà economica, i giovani sono una
percentuale più alta di quanto appare dei titolari d’impresa, rispetto
all’universo delle aziende. D’altronde abbiamo dati statistici che non
permettono di avere numeri aggiornati su cui concentrare le azioni e
monitorare celermente gli effetti.
L’agricoltura è in una situazione di difficoltà per ragioni di tipo
politico ed economico. Indichi tre priorità su cui dovrebbe concentrarsi
l’azione del ministro De Castro.
È necessario riportare la questione agricola al centro del dibattito
nazionale. Un segnale in questo senso lo abbiamo avuto alla recente
assemblea di Confagricoltura, quando Romano Prodi ha ringraziato il
presidente Federico Vecchioni per aver parlato di agricoltura. Dall’altra
parte delle Alpi, quasi in contemporanea, Nicolas Sarkozy ha minacciato di
porre il veto su ogni eventuale accordo raggiunto nell’ambito dei negoziati
Wto nel caso in cui non soddisfi gli interessi agricoli francesi e, ancora,
ha affermato che non è disposto a scambiare l’agricoltura con i servizi
nell’ambito delle trattative.
In effetti, politica ed economia sono due facce della stessa medaglia, è
difficile che ci sia una cattiva politica e una buona economia, e viceversa.
Come imprenditore e come italiano il mio desiderio è quello di avere un
Paese che aiuti a competere chi lo merita (per trasparenza, correttezza nei
rapporti di lavoro ed etica produttiva, ecc.), che capisca come
l’agricoltura e i suoi derivati (alimentazione, ambiente, energia, tempo
libero, ecc.) sono un più e mai un meno. Quindi bisogna considerare il
comparto agricolo un anello centrale della filiera, concentrare tutte le
azioni sulla crescita della dimensione e di conseguenza sulla competitività.
Infine dobbiamo migliorare qualitativamente, anche attraverso la ricerca,
gli elementi distintivi della nostra agricoltura.
A breve dovrebbe essere pubblicato il decreto attuativo del fondo per i
giovani previsto nella Finanziaria. Cosa si aspetta da questo provvedimento?
Il decreto è in via di emanazione e tiene conto dei vincoli comunitari
affinché le misure – frutto della prima conferenza dei giovani imprenditori
agricoli di Bologna del 16-17 novembre 2006 – siano immediatamente
operative.
Il provvedimento ha l’obiettivo di promuovere l’attitudine imprenditoriale
in agricoltura. Attraverso un approccio innovativo alla formazione: «master»
per giovani imprenditori o potenziali tali e formazione specifica sulla
gestione dell’impresa, con la diffusione e la replica sul territorio di case
history, ovvero casi aziendali di successo, favorendo la stretta
cooperazione con la ricerca, con il finanziamento di ricerca e innovazione
direttamente gestite dall’impresa giovane; infine dovrebbero presto
funzionare anche da noi i sevizi sostitutivi in agricoltura.
Ci aspettiamo che vengano così centrate misure che possano dare un aiuto
concreto alle nostre giovani imprese.
Concludendo: perché, secondo lei, un giovane dovrebbe decidere oggi di
fare l’agricoltore?
La risposta è complessa: di un’agricoltura forte non si può fare a meno.
Scegliere di fare l’agricoltore non è un ripiego, ci vogliono terra,
conoscenze, progetti, strumenti e passione. Per quanto riguarda
l’insediamento e la permanenza dei giovani, i mutamenti dell’economia
avvicinano sempre più le situazioni dei vari settori. Se non si è
imprenditorialmente bravi, non c’è titolo di possesso che valga il
mantenimento dell’attività d’impresa. Partendo da zero, però, è difficile
arrivare a un’attività d’impresa, in agricoltura e in altri settori
dell’economia competitiva. Non è impossibile, ma ci vuole una «stoffa»
speciale. Quindi, nelle stalle e nei campi è agevolato chi parte da una
«base agricola» o da capitali esterni da far affluire in agricoltura. In
ogni caso, l’arrivo di giovani alla guida di un’impresa agricola va
accompagnato e sostenuto, perché sono convinto che la profittabilità sociale
per il Paese sia certamente maggiore di quella personale.
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