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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
24
 15 - 21 Giu.

  2007
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Attualità POLITICA

I giovani vogliono un’agricoltura forte

Intervista al presidente dell’ANGA, Marco Saraceno.
La politica dovrebbe acquisire maggiore consapevolezza del ruolo centrale del comparto agricolo nella filiera agroalimentare e agire favorendo la competitività delle aziende.

Giovani e agricoltura, un rapporto non sempre facile nel nostro Paese, dove l’età media della grande maggioranza dei titolari d’azienda è ben oltre i 50 anni. Un rapporto che però deve cambiare in fretta se si vuole garantire un futuro a un settore che nei prossimi 5-10 anni vivrà un cambiamento radicale, per il drastico abbassamento del livello di garanzie economiche offerto dalla politica agricola comunitaria e la contestuale apertura del mercato alle regole del libero scambio.
Annuisce Marco Saraceno, il neo eletto presidente dell’Anga, l’Associazione nazionale giovani agricoltori, che raccoglie gli imprenditori under 40 di Confagricoltura.
Lucano di origine, è molto orgoglioso della sua professione, Saraceno dirige insieme al padre e alla sorella un’azienda zootecnica, di cui è amministratore unico, che produce latte alimentare e formaggi provenienti da 600 vacche Frisone nutrite con le foraggere coltivate in proprio.

Presidente, tutti i dati economici dimostrano che le imprese agricole gestite da giovani sono più efficienti e imprenditoriali. Non basterebbe questo per «investire» di più sugli under 40?

Innanzitutto bisogna sottolineare che sono dati, questi, che dovrebbero essere finalmente oggetto di analisi approfondita per poter meglio tarare le misure sulle reali necessità delle imprese under 40.
Dal canto nostro abbiamo avviato un monitoraggio sulle nostre imprese per dare un orientamento alla nostra azione sindacale e politica su queste aziende.
D’altronde è inutile interrogarsi sull’uovo e la gallina, cioè se le aziende sono più efficienti perché ci sono giovani a guidarle oppure se i giovani scelgono l’attività agricola se possono farla con successo. Di sicuro entrambi questi aspetti convivono, come c’è un’età media ancora troppo alta nella conduzione aziendale, ma anche un’aspettativa di avvicendamento alla guida più reale, dove, in essere o in divenire, esiste l’opportunità di fare impresa.
Sono anche convinto che, scremata la fascia delle aziende che costituiscono oggi una testimonianza più che una realtà economica, i giovani sono una percentuale più alta di quanto appare dei titolari d’impresa, rispetto all’universo delle aziende. D’altronde abbiamo dati statistici che non permettono di avere numeri aggiornati su cui concentrare le azioni e monitorare celermente gli effetti.
L’agricoltura è in una situazione di difficoltà per ragioni di tipo politico ed economico. Indichi tre priorità su cui dovrebbe concentrarsi l’azione del ministro De Castro.
È necessario riportare la questione agricola al centro del dibattito nazionale. Un segnale in questo senso lo abbiamo avuto alla recente assemblea di Confagricoltura, quando Romano Prodi ha ringraziato il presidente Federico Vecchioni per aver parlato di agricoltura. Dall’altra parte delle Alpi, quasi in contemporanea, Nicolas Sarkozy ha minacciato di porre il veto su ogni eventuale accordo raggiunto nell’ambito dei negoziati Wto nel caso in cui non soddisfi gli interessi agricoli francesi e, ancora, ha affermato che non è disposto a scambiare l’agricoltura con i servizi nell’ambito delle trattative.
In effetti, politica ed economia sono due facce della stessa medaglia, è difficile che ci sia una cattiva politica e una buona economia, e viceversa. Come imprenditore e come italiano il mio desiderio è quello di avere un Paese che aiuti a competere chi lo merita (per trasparenza, correttezza nei rapporti di lavoro ed etica produttiva, ecc.), che capisca come l’agricoltura e i suoi derivati (alimentazione, ambiente, energia, tempo libero, ecc.) sono un più e mai un meno. Quindi bisogna considerare il comparto agricolo un anello centrale della filiera, concentrare tutte le azioni sulla crescita della dimensione e di conseguenza sulla competitività. Infine dobbiamo migliorare qualitativamente, anche attraverso la ricerca, gli elementi distintivi della nostra agricoltura.
A breve dovrebbe essere pubblicato il decreto attuativo del fondo per i giovani previsto nella Finanziaria. Cosa si aspetta da questo provvedimento?
Il decreto è in via di emanazione e tiene conto dei vincoli comunitari affinché le misure – frutto della prima conferenza dei giovani imprenditori agricoli di Bologna del 16-17 novembre 2006 – siano immediatamente operative.
Il provvedimento ha l’obiettivo di promuovere l’attitudine imprenditoriale in agricoltura. Attraverso un approccio innovativo alla formazione: «master» per giovani imprenditori o potenziali tali e formazione specifica sulla gestione dell’impresa, con la diffusione e la replica sul territorio di case history, ovvero casi aziendali di successo, favorendo la stretta cooperazione con la ricerca, con il finanziamento di ricerca e innovazione direttamente gestite dall’impresa giovane; infine dovrebbero presto funzionare anche da noi i sevizi sostitutivi in agricoltura.
Ci aspettiamo che vengano così centrate misure che possano dare un aiuto concreto alle nostre giovani imprese.
Concludendo: perché, secondo lei, un giovane dovrebbe decidere oggi di fare l’agricoltore?
La risposta è complessa: di un’agricoltura forte non si può fare a meno. Scegliere di fare l’agricoltore non è un ripiego, ci vogliono terra, conoscenze, progetti, strumenti e passione. Per quanto riguarda l’insediamento e la permanenza dei giovani, i mutamenti dell’economia avvicinano sempre più le situazioni dei vari settori. Se non si è imprenditorialmente bravi, non c’è titolo di possesso che valga il mantenimento dell’attività d’impresa. Partendo da zero, però, è difficile arrivare a un’attività d’impresa, in agricoltura e in altri settori dell’economia competitiva. Non è impossibile, ma ci vuole una «stoffa» speciale. Quindi, nelle stalle e nei campi è agevolato chi parte da una «base agricola» o da capitali esterni da far affluire in agricoltura. In ogni caso, l’arrivo di giovani alla guida di un’impresa agricola va accompagnato e sostenuto, perché sono convinto che la profittabilità sociale per il Paese sia certamente maggiore di quella personale.

 

Sommario rivista

di N.C.


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