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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
24
 15 - 21 Giu.

  2007
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Editoriale

Le vere sfide che attendono l’ortofrutta
V.A. Gallerani

La riforma dell’ocm disegna solo in minima parte il futuro del settore, che dipende piuttosto dalla capacità dei protagonisti della filiera di realizzare gli adattamenti strutturali necessari e di credere nell’innovazione e nell’internazionalizzazione.

L'ortofrutticoltura italiana deve guardare oltre l’ocm se vuole trovare una propria via di sopravvivenza e, auspicabilmente, di sviluppo.
L’organizzazione comune dei mercati agricoli è chiaramente improntata per tutti i settori produttivi ad alcuni semplici principi: temporaneità degli aiuti, ricerca della competitività attraverso il meccanismo del mercato, attenzione ai problemi ambientali.
I recenti accordi di Lussemburgo sull’ocm ortofrutta prevedono una gradualità nell’applicazione dei regolamenti che consente ai produttori nazionali la disponibilità di risorse finanziarie ancora per un certo periodo di tempo. È questo un obiettivo di breve periodo sempre molto apprezzato, ma il futuro della ortofrutticoltura italiana non dovrà e non potrà essere che molto limitatamente disegnato dalle politiche agricole quanto piuttosto dalla volontà e capacità dei diversi soggetti economici di realizzare i necessari adattamenti strutturali del settore.
Gli economisti tendono spesso a considerarsi gli artefici degli eventi che descrivono e analizzano, con la pericolosa conseguenza di sentirsi autorizzati a consigliare e a convincere, per altro senza molta fatica, i politici sulla necessità di intervenire nel governo dell’economia.
Ne sono testimonianza i non infrequenti fallimenti inanellati dal dirigismo nei fatti economici. Sono le forze economiche che escogiteranno le nuove soluzioni di successo, con ogni probabilità oggi sconosciute.
Quello che si può dire con certezza è che il modello organizzativo della filiera ortofrutta per adeguarsi alle nuove sfide deve produrre soggetti forti nelle diverse fasi in cui si articola e cioè produzione; aggregazione dell’offerta, lavorazione e distribuzione all’ingrosso; trasformazione; distribuzione al dettaglio.
Il coordinamento necessario tra le diverse fasi può avvenire attraverso molteplici forme di integrazione per acquisizione o di tipo contrattuale.
Non esiste una soluzione ottimale in assoluto, ma il raggiungimento di un grado di efficienza soddisfacente dipende in larga misura dalle capacità delle persone e delle imprese.
Allo stato attuale la gdo può senza dubbio essere considerata un soggetto forte, ma purtroppo solamente a livello nazionale, quindi con un eccesso di potere contrattuale nei confronti dei produttori agricoli, ma con un’insufficiente capacità di aggredire il mercato globale.
Alcune realtà significative si riscontrano nel settore della trasformazione, specie quelle a forma cooperativa localizzata nel Nord del Paese. A esse si chiedono capacità manageriali, tecniche e finanziarie per promuovere l’innovazione in grado di sostenere lo sviluppo.
La fase di aggregazione, lavorazione e commercio all’ingrosso è strettamente collegata a quella produttiva mediante lo strumento della cooperazione. La ristrutturazione avviata da qualche tempo è determinata più dalla necessità di sopravvivenza che dalla volontà di cercare nuove strade e nuove opportunità. Così procede a rilento, con poca convinzione e con molte incertezze. Per i produttori agricoli è essenziale un aumento della dimensione economica che consenta di migliorare sostanzialmente l’efficienza tecnica, basata sulla riduzione dei costi e l’innalzamento della qualità. I produttori agricoli per esercitare nella filiera un ruolo non secondario non possono che fare affidamento sulle proprie organizzazioni, che devono essere autorevoli ed efficienti.
A tutti i livelli della filiera bisogna evitare l’errore di una difesa a tutti i costi di interessi locali o nazionali. Qualora le esigenze lo richiedano, e in molti casi è già così, non si deve avere timore di aprirsi a forme di cooperazione e di integrazione con strutture sovranazionali. A livello produttivo sembra logico ricercare forme di coordinamento e di sinergia con le agricolture del Mediterraneo europeo e africano.
Nella distribuzione al dettaglio, oltre che rafforzare i tradizionali mercati dei Paesi economicamente sviluppati, non possono essere trascurati quelli delle economie emergenti dell’Europa e dell’Asia.
La promozione dei consumi sarà molto condizionata da forme di marketing innovativo coerenti con i nuovi stili di vita.
Anche per l’ortofrutticoltura è valida la ricetta seguita dai settori che hanno saputo vincere la sfida della globalizzazione, basata sostanzialmente su due ingredienti: innovazione e internazionalizzazione.
L’ortofrutta italiana ha cuochi sufficientemente abili per preparare questa ricetta?
 

Sommario rivista di Vittorio Alessandro Gallerani


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