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La Wto incombre sugli allevatori italiani |
37a assemblea Uniceb
Mancano i ristalli e si profila una forte riduzione dei dazi
sull’import di carne bovina. Una situazione difficile a cui qualcuno fa
fronte aumentando i servizi al prodotto: packaging logistica, etichettatura
Mare mosso. Ecco l’immagine del mercato
delle carni bovine e suine emersa durante l’assemblea annuale di Uniceb
(Unione importatori, esportatori, industriali, commissionari, grossisti,
ingrassatori, macellatori e spedizionieri carni, bestiame e prodotti
derivati). E in queste condizioni chi sa navigare va veloce. Gli altri
«affondano».
Le tensioni riguardano soprattutto il settore delle carni bovine. Nel 2005
sono mancate oltre 350.000 t per coprire l’intera domanda dell’Ue a 15. E se
per il 2006 il deficit scenderà a circa 300.000 t, nel 2007 supererà le
400.000. Questi sono i dati presentati da Renzo Fossato, riconfermato per
acclamazione presidente, durante la 37a assemblea Uniceb.
I consumi hanno superato i livelli precedenti al crollo dovuto alla crisi
Bse del 2001 – ha continuato Fossato – e i prezzi delle carcasse sono
sostenuti. Anche a causa del blocco delle importazioni da alcuni Stati
brasiliani (Mato Grosso do Sul, San Paolo, Paranà) e del rallentamento di
quelle argentine.
Naturale la reazione del consumatore, sempre più propenso ad acquistare
prodotto meno costoso, come quello proveniente dalla Polonia. E se questo è
vero per l’Ue, lo è ancor più per l’Italia, dove la capacità di
autoapprovvigionamento raggiunge a malapena il 50% dei consumi, contro il
96-97% dell’Unione a 15.
I nostri macellatori soffrono e con loro gli allevatori. Mancano i ristalli.
Quelli francesi costano caro e condizionano irrimediabilmente il prezzo
delle carcasse. La macellazione dal canto suo non ha la forza di valorizzare
le carni italiane. L’offerta è troppo frammentata rispetto a una domanda
concentrata per il 60% nelle mani di pochi grandi gruppi.
Quella dei ristalli è una vera e propria emergenza. In base ai dati Uniceb
entro 5 anni potrebbe dimezzarsi l’offerta di bruotard francesi: un milione
di capi destinati a riempire le stalle degli ingrassatori italiani. In poco
tempo potremmo arrivare a importare fino al 70-80% della carne bovina
consumata nel nostro Paese, avverte Fossato.
Il contributo di Uniceb si chiama Progetto Santa Catarina, dal nome dello
Stato brasiliano dove l’organizzazione ha individuato 500 allevamenti pronti
a fornire vitelli da ingrasso destinati al mercato nazionale. La prima nave
secondo Fossato potrebbe attraccare in Italia a marzo-aprile 2007 alla quale
dovrebbero seguire entro l’anno altre 3 navi per un totale di 24.000 capi .E
per il momento non si intravedono alternative.
Uno scenario poco incoraggiante e reso ancor meno rassicurante dalle parole
di Salvatore Petroli, direttore generale della trasformazione agroalimentare
e dei mercati del Mipaf. Peter Mandelson e Mariann Fischer Boel – dice
Petroli – sembrano disposti a concedere un’ulteriore riduzione dei dazi Ue
ai prodotti agricoli, carne compresa. La contropartita dovrebbe essere una
maggiore apertura dei mercati dei Paesi del G20 ai prodotti industriali
provenienti da Ue e Usa. L’agricoltura soccombe agli interessi
dell’industria. Un copione già visto anche troppe volte.
Secondo le più recenti proposte del commissario Ue al commercio in ambito
Wto, il taglio dei dazi all’import di carne potrebbe aggirarsi intorno al
65%. Cadrebbe così un’importante barriera protettiva per i produttori
europei e italiani di carne bovina. Certamente non si può pensare di
combattere la battaglia sul prezzo. Qualche grande attore del mercato punta
su concentrazione dell’offerta, mediante fusioni e acquisizioni e
sull’incremento di valore aggiunto aumentando il contenuto di servizi al
prodotto.
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