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Controlli sul vino: una «grana» non risolta |
Diviso il mondo produttivo
Gli ultimi tre ministri dell’agricoltura si sono
trovati alle prese con questo problema, ora tocca a De Castro cercare di
risolverlo, ma non sarà facile
Tra i tanti problemi che il nuovo ministro Paolo De Castro
in queste prime settimane di lavoro si trova ad affrontare c’è quello del
piano dei controlli dei vini vqprd (doc, docg e igt). Una «grana» lasciata
in eredità dall’ex ministro Giani Alemanno che alla fine del suo mandato
decise di non firmare il decreto di rinnovo per l’affidamento definitivo (e
non più in via sperimentale come deciso da Alfonso Pecoraro Scanio) ai
Consorzi di tutela del nuovo piano controlli.
Nonostante il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni, ma anche
alla luce delle numerose opposizioni, a partire da quella dell’Unione
italiana vini, Alemanno preferì evitare una firma in tempi troppo stretti
per un problema decisamente complesso.
La morale è che oggi i controlli da parte dei Consorzi di tutela stanno
continuando in via sperimentale e non è chiaro, allo stato attuale, quale
sarà la posizione del nuovo ministro.
Qualche delucidazione in più la si dovrebbe avere entro pochi giorni dal
momento che mercoledì 31 maggio si è tenuto al Ministero delle politiche
agricole, alla presenza del ministro De Castro, un Tavolo della filiera
vitivinicola che ha visto la partecipazione di tutte le organizzazioni
professionali afferenti al mondo vitivinicolo, a eccezione dell’Unione
italiana vini. Difficile la lettura di questa defezione dell’Uiv, che ha
dichiarato, attraverso le parole del rappresentante di Federvini
(l’organizzazione con la quale recentemente ha stretto un importante accordo
di partnership) presente al Tavolo ministeriale, di non essere stata
invitata ufficialmente.
Al di là delle giustificazioni ufficiali, dalle dichiarazioni del presidente
dell’Unione italiana vini, Andrea Sartori, da noi intervistato,
appare chiara la posizione della più importante organizzazione delle imprese
vinicole italiane nei confronti dell’attuale piano controlli in mano ai
Consorzi di tutela.
Le obiezioni dell’Unione italiana vini
«Innanzitutto – ci spiega Sartori – voglio che sia chiaro un fatto: non è
assolutamente vero che noi, imprenditori del vino, non vogliamo i controlli.
C’è chi sta strumentalizzando la nostra posizione facendoci passare per
coloro che si oppongono alla trasparenza e alla tracciabilità. In realtà è
l’esatto contrario perché è evidente che i primi a rimetterci in caso di
frodi, di non rispetto delle leggi e delle regole sono proprio gli
imprenditori onesti, cioè la stragrande maggioranza del sistema vitivinicolo
italiano».
«C’è chi sta facendo passare i produttori di vino italiani – dice Sartori –
come un mondo di truffatori. Addirittura, giorni fa ho sentito affermare da
qualcuno che circa l’80% delle fascette dei vini italiani sarebbe falso».
«Quello che noi chiediamo, quindi, prima di tutto – aggiunge Sartori – è che
prima di parlare di piano controlli si definisca la riforma della legge
164/92. È assurdo, infatti, fissare i criteri dell’ultimo elemento, i
controlli, in assenza ancora oggi di un impianto legislativo rinnovato per
le nostre denominazioni di origine».
A questo riguardo la posizione del presidente dell’Unione italiana vini è
chiara: «Penso che la riforma della 164 debba necessariamente tenere conto
del nuovo mercato, della globalizzazione. Deve dare strumenti più agili.
Fino a oggi, infatti, abbiamo scritto regole rigidissime, difficilissime da
applicare, che ci rendono meno competitivi. Per questo è veramente assurdo
da un lato avere una rigidità folle, insostenibile, e dall’altro una
struttura di controlli con costi eccessivi e senza nemmeno garanzie di
risultato».
«Non solo – spiega Sartori – ma noi, sempre nell’ambito di questa riforma,
chiediamo anche di rivedere i criteri di rappresentatività dei Consorzi di
tutela che allo stato attuale non ci sembrano corretti. Senza dimenticare
che il piano controlli, così come è stato concepito in questa fase
sperimentale, non rispetta assolutamente i criteri di terzietà (da parte
dell’ente che li realizza) e segretezza dei dati. E poi a noi sembra
paradossale che si stiano facendo controlli in assenza ancora oggi, in gran
parte dell’Italia, di dati pubblici ufficiali certi. Insomma senza Catasto
viticolo, come si fa a controllare? Senza avere un dato certo su cosa
verificare?».
Riguardo, allora, a chi dovrebbe essere preposto ai controlli, secondo il
presidente dell’Uiv si deve dare maggiore spazio all’Amministrazione
pubblica con un rafforzamento ulteriore alla Repressione frodi «così come
aveva già giustamente annunciato l’ex ministro Alemanno».
Altro aspetto denunciato da Sartori è quello relativo ai costi di questi
controlli.
«Sono troppo onerosi per le imprese, non c’è ombra di dubbio – sottolinea
Sartori. Da nostre verifiche, in denominazioni molto importanti i costi
potrebbero essere ridotti notevolmente senza con questo limitarne
l’efficacia. In presenza di dati dell’Amministrazione pubblica aggiornati,
anche l’attività dei Consorzi di tutela con reale rappresentatività potrebbe
essere limitata a un funzionario con relativa segretaria con una spesa che
difficilmente supererebbe i 100.000 euro all’anno».
Sartori non è nemmeno troppo convinto che l’allargamento della fascetta a
tutti i vini vqprd (doc, docg e igt) e l’obbligo dell’imbottigliamento in
zona sarebbero risolutivi. «I veri truffatori – spiega Sartori – non si
fermano certo di fronte a questi obblighi».
Fiduciosi i consorzi
Le parole di Sartori assumono un valore ancora più importante alla luce di
quanto ci ha dichiarato il presidente di Federdoc (l’organizzazione che
rappresenta i Consorzi di tutela italiani), Riccardo Ricci Curbastro,
che abbiamo contattato durante una pausa dei lavori del Tavolo di filiera.
«Il ministro De Castro – ci ha spiegato Ricci Curbastro – ha ascoltato con
molta attenzione tutte le osservazioni dei rappresentanti della filiera
vitivinicola e si è detto disponibile a chiudere in tempi anche brevissimi
tutta questa vicenda».
«Va evidenziato – ha aggiunto il presidente di Federdoc – che tutti i
presenti all’incontro, a partire da Confagricoltura, Coldiretti,
Confcooperative, si sono detti d’accordo sull’affidamento del piano dei
controlli ai Consorzi di tutela. Alcune obiezioni sono state espresse da
Federvini che ha chiesto delle modifiche, in particolare riguardo ai
contrassegni delle bottiglie. Si tratta, comunque, di modifiche che non
pregiudicano in alcun modo il principio di affidamento ai Consorzi
dell’attività di controllo. Credo fermamente che ormai siano cadute
praticamente tutte le riserve riguardo a questo problema e sono convinto che
a breve ci sarà anche la firma del ministro».
Insomma, adesso non ci resta che attendere, ma ormai, per esperienza,
pensiamo che la «partita» potrebbe avere ulteriori colpi di scena.
Quello che è chiaro è che il vino italiano ha bisogno di certezze: da troppo
tempo alcune pendenze si trascinano a partire dalla riforma della 164, che
ormai non può più essere prorogata.
Lo avevamo scritto all’inizio, è difficile il compito del ministro delle
politiche agricole italiano. Buon lavoro.
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