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L'Informatore Agrario
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22
 26 Mag.-1 Giu.

  2006
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Attualità PRIMA PAGINA

Agroenergie, delusioni in agguato

Incerti vantaggi per l’agricoltura

La produzione di energia e biocombustibili non è automaticamente sinonimo di guadagni per gli agricoltori. I grandi stabilimenti non sembrano in grado di garantire prezzi più elevati delle materie prime. Gli agricoltori devono trovare strade alternative

Tutti d’accordo. Il problema dell’agricoltura oggi è la redditività, sempre più bassa. E stavolta si tratta di una condizione strutturale, non congiunturale. In altre parole, le difficoltà del settore non si risolveranno in un paio d’anni, ma affliggeranno i nostri imprenditori per un lungo periodo.
Soluzioni? Una «va di moda»: l’agroenergia. Da molti prospettata, da alcuni sbandierata, dagli agricoltori agognata con la stessa disperazione con cui un malato terminale si aggrappa alla magia. Ma di certo gli incantesimi non appartengono a questo mondo. E nemmeno le alchimie, quelle di quanti vorrebbero convincere gli agricoltori che dall’aumento della produzione di biodiesel e bioetanolo c’è senz’altro e comunque da guadagnare.
La realtà è ben diversa.
Lo dimostra lo scarso successo dell’accordo di questa primavera tra organizzazioni agricole e produttori di biodiesel. Nonostante la promessa del Ministero di defiscalizzare il biodiesel ottenuto a partire da olio italiano, sono stati solo poche migliaia gli ettari di girasole seminati sulla base dei contratti di acquisto (a 180 euro/t di seme di girasole) stipulati dall’industria dei biocarburanti. Ancora lo dimostra la richiesta avanzata all’Ue da parte di Germania e Austria di importare dalla Cina circa 600.000 t di biodiesel a dazio zero. Lo dimostra il trasferimento nei Paesi dell’Est di una importante azienda italiana di produzione di biodiesel. Era scontato, il mercato vince. E gli industriali, è loro diritto, acquistano laddove conviene di più. Eppure molti pensano di giocare sul tavolo dell’energia verde anche la partita degli ex zuccherifici, convinti di offrire un’opportunità all’agricoltura.
Energia al posto dello zucchero
Actelios Falck ed Eridania Maccaferri hanno siglato un accordo da 250-300 milioni di euro per sviluppare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Vogliono trasformare gli ex stabilimenti di lavorazione della barbabietola di Castiglion Fiorentino (Arezzo), Russi (Ravenna), Fermo, nelle Marche, e Villasor (Cagliari). La potenza media installata dovrebbe essere di 150 MW, tutti ottenuti utilizzando biomassa (canna, pioppo e olio vegetale).
Benché la volontà dichiarata sia quella di approvvigionare di materia prima locale le centrali, un moderato realismo fa supporre che non sarà proprio così. Difficile credere nell’uso di olio di girasole, quotato grezzo a più di 550 euro/t, quando si può importare olio di palma grezzo a circa 400 euro/t. Lo stesso discorso vale per la biomassa legno.
Convince poco anche il ragionamento sull’occupazione: il sostegno finanziario dell’Ue viene concesso anche per salvaguardare i posti di lavoro, ma queste centrali possono funzionare benissimo con poche decine di addetti, per lo più specializzati in meccanica, elettrotecnica, informatica, ecc. Maestranze scarsamente rappresentate negli attuali zuccherifici.
Esistono già grandi centrali funzionanti a biomassa, ad esempio quella di Bando D’argenta (Ferrara), ma neanche un pioppo è stato piantato in Italia per alimentare quello stabilimento. E non è l’unico.
Italia Zuccheri, altro importante protagonista coinvolto nella crisi del settore saccarifero, essendo ampiamente partecipata da agricoltori e loro associazioni, è prudente. Gli ex zuccherifici di Porto Viro (Rovigo) e Casei Gerola (Pavia) molto probabilmente verranno trasformati in distillerie per la produzione di bioetanolo a partire dalla granella di mais. Il progetto sembra sostenibile dal punto di vista economico, ma non si esclude il ricorso, in minima parte assicura Italia Zuccheri e c’è da crederci, a materia prima di provenienza estera. E comunque il prezzo liquidato agli agricoltori per il mais da bioetanolo sarà quello del mercato.
Protagonista della riconversione di Finale Emilia (Modena) e Ostellato (Ferrara) sarà invece il legno. L’impatto per l’agricoltura piuttosto modesto, stimato in circa un migliaio di ettari da investire a short rotation. Ben poco rispetto alla superficie bieticola persa. Ma c’è di più. Per assicurare un’adeguata remunerazione del pioppo da parte di queste centrali verrà utilizzata anche biomassa di origine non agricola, meno costosa. La convenienza alla coltivazione di specie arboree a rapido accrescimento scatta, per l’agricoltore, con un prezzo del cippato superiore ai 40 euro/t. Troppo alto per la sostenibilità economica della centrale.
L’equivoco dei prezzi
E proprio sui prezzi della materia prima di origine agricola si sviluppa l’equivoco della vicenda agroenergie. Questa innovativa destinazione d’uso di mais, pioppo e oleaginose non sembra poter garantire all’agricoltore guadagni a ettaro più elevati di quelli attuali. A meno che egli non diventi protagonista di un’impresa agroenergetica, dedita alla trasformazione diretta dei prodotti aziendali in energia. Come accade per l’uva e il vino, i cereali e la carne, i foraggi e il latte.
Impianti di piccola dimensione, magari di cogenerazione (contemporanea produzione di energia termica ed elettrica) e quindi a elevato rendimento energetico complessivo, installati presso gli utenti finali e gestiti da agricoltori e loro associazioni possono oggi assicurare una remunerazione delle commodity maggiore di quella offerta dal mercato.
Va in questo senso la legge 81 dell’11-3-2006 laddove prevede titolo preferenziale per le filiere agroenergetiche nei contratti di fornitura di biocarburanti per trasporto e riscaldamento pubblico.
Serve un approccio pragmatico e serio, non propagandistico.
Il Governo deve attuare quanto previsto dalla legge 81, le associazioni promuovere e organizzare le iniziative degli agricoltori.
Da pochi giorni è aperto un bando pubblico per la fornitura di energia termica a una ventina di penitenziari nel Centro e Nord Italia. È possibile installare impianti di cogenerazione e cedere energia termica agli istituti di detenzione ed elettrica alla rete. Servirebbero 16.000 ha di girasole. Chi si fa avanti?

 

Sommario rivista Antonio Boschetti


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