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L’agrobiotech italiano dice no ai geni animali:
intervista a Leonardo Vingiani |
La decisione di non impiegare nei prodotti destinati all’alimentazione
umana e animale geni provenienti dall’uomo e dagli animali va incontro alle
richieste dei consumatori.
Nei giorni scorsi Assobiotec (l’Associazione delle imprese biotecnologiche
che fa parte di Federchimica) ha annunciato la scelta di escludere nei
prodotti destinati all’alimentazione umana e animale i geni provenienti
dall’uomo o dagli animali.
Una scelta decisamente importante che in qualche modo può essere definita
una svolta dell’industria agrobiotecnologica italiana dopo quasi dieci anni
di polemiche riguardo all’utilizzo di organismi geneticamente modificati
nell’industria agroalimentare.
«Non possiamo certamente ignorare – ha dichiarato il presidente di
Assobiotec, Roberto Gradnik, nell’ambito di una conferenza stampa alla quale
ha partecipato anche il ministro delle politiche agricole Paolo De Castro –
che, al di là degli assunti scientifici, l’utilizzo di geni di provenienza
umana e animale provoca una certa apprensione, ancorché ingiustificata, nei
consumatori».
A distanza di qualche giorno dall’annuncio di Assobiotec abbiamo
intervistato il direttore dell’Associazione, Leonardo Vingiani, per
approfondire con lui le ragioni di questa scelta, le prime reazioni e,
soprattutto, le aspettative.
Quanto vi è costata questa scelta?
Si è trattato, con tutta schiettezza, di una scelta estremamente sofferta,
non certo facile, ma ritenuta da tutte le nostre imprese necessaria.
Perché necessaria?
Non si poteva continuare a sottovalutare la grande diffidenza che si è
creata in questi anni attorno al tema degli ogm, soprattutto quelli
coinvolti nell’alimentazione umana e animale. Siamo voluti andare incontro
alle diffidenze, a quelli che io definisco i mal di pancia metaforici.
In oltre dieci anni di utilizzo di ogm nella catena alimentare umana e
animale, infatti, non è mai stato documentato un mal di pancia reale, ma
questo non è stato sufficiente a impedire la crescita della diffidenza e
delle paure.
Negare questo sarebbe stato voler sbattere inutilmente contro un muro. I
nostri clienti sono i consumatori e di fatto a questi noi dobbiamo guardare.
Come mai siete arrivati a questa scelta dopo così tanti anni?
Per chi ha un approccio scientifico, pragmatico, è sempre molto difficile
comprendere gli elementi emotivi. Dire a un ricercatore di fermarsi senza
che vi sia nessuna evidenza scientifica di rischio è paradossale,
impossibile da comprendere. Per questo la nostra non è una scelta
estemporanea, ma ha richiesto molto tempo.
Come mai, dal vostro punto di vista, nonostante le tante rassicurazioni
scientifiche, la maggioranza dei consumatori continua a essere diffidente
nei confronti delle biotecnologie?
Ci siamo interrogati molto su questo punto. È evidente che abbiamo commesso
numerosi errori dal punto di vista della comunicazione. Probabilmente
abbiamo scelto messaggi «troppo tecnici», abbiamo presentato al pubblico
un’immagine delle agrobiotecnologie non sempre immediatamente comprensibile
in termini, soprattutto, di vantaggi per i consumatori e per l’ambiente.
Abbiamo quindi deciso che era inutile proseguire su questa strada, di
cercare di far capire ai consumatori italiani i «non rischi» degli ogm e
siamo arrivati così a questa scelta concreta, chiara.
Come primo risultato di questa scelta vi augurate che almeno possa
ripartire la ricerca?
Voglio chiarire che questa scelta non ci fa rinnegare nulla del passato.
Continuiamo a stigmatizzare, infatti, la gravissima scelta fatta in Italia
di bloccare addirittura dal 2000 la ricerca agrobiotecnologica. È stato un
errore gravissimo che speriamo di riuscire a recuperare per dare nuovamente
un ruolo da coprotagonista alla ricerca italiana nel settore vegetale che
fino a non molti anni fa aveva un ruolo centrale a livello internazionale.
Come sono state le prime reazioni alla vostra scelta?
Devo ammettere che siamo stati estremamente soddisfatti delle reazioni di
questi giorni soprattutto perché sono arrivati sia da ambienti
dell’agricoltura che da quelli della ricerca e delle istituzioni. Ci
auguriamo che con questo nuovo spirito si possa almeno riaprire il dibattito
sulle agrobiotecnologie senza le pregiudiziali ideologiche degli anni
passati.
Anche il ministro De Castro sembra vicino alle vostre posizioni.
De Castro è stato tra i primi a cogliere la rilevanza della nostra scelta ma
vi assicuro che non è stato l’unico, segnali positivi sono arrivati
praticamente da parte di tutto il mondo agricolo a parte un’eccezione di chi
ancora una volta sembra non aver capito l’importanza delle agrobiotecnologie
nel futuro dell’agricoltura e più in generale nell’economia del nostro
Paese.
Senza dimenticare le straordinarie opportunità offerte dall’utilizzo delle
agrobiotecnologie anche nel salvataggio di alcune varietà vegetali a rischio
estinzione (ad esempio il Pomodoro San Marzano decimato dal virus CMV e il
melo della Valle d’Aosta sensibile alle larve Melolohnta).
Ci può dire chi non ha apprezzato particolarmente la vostra scelta, a
parte la scontata opposizione dei Verdi del Vas?
È stata la Coltivatori diretti e questo ci dispiace molto perché speravamo
che questa nostra scelta avrebbe almeno consentito l’apertura di dialogo e
di confronto trasparente con la maggiore organizzazione professionale
agricola italiana. Speriamo che i prossimi giorni portino a maggiori
aperture per il bene di tutta l’agricoltura italiana.
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