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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
21
 25 - 31 Mag.

  2007
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Attualità POLITICA

L’agrobiotech italiano dice no ai geni animali: intervista a Leonardo Vingiani

La decisione di non impiegare nei prodotti destinati all’alimentazione umana e animale geni provenienti dall’uomo e dagli animali va incontro alle richieste dei consumatori.

Nei giorni scorsi Assobiotec (l’Associazione delle imprese biotecnologiche che fa parte di Federchimica) ha annunciato la scelta di escludere nei prodotti destinati all’alimentazione umana e animale i geni provenienti dall’uomo o dagli animali.
Una scelta decisamente importante che in qualche modo può essere definita una svolta dell’industria agrobiotecnologica italiana dopo quasi dieci anni di polemiche riguardo all’utilizzo di organismi geneticamente modificati nell’industria agroalimentare.
«Non possiamo certamente ignorare – ha dichiarato il presidente di Assobiotec, Roberto Gradnik, nell’ambito di una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche il ministro delle politiche agricole Paolo De Castro – che, al di là degli assunti scientifici, l’utilizzo di geni di provenienza umana e animale provoca una certa apprensione, ancorché ingiustificata, nei consumatori».
A distanza di qualche giorno dall’annuncio di Assobiotec abbiamo intervistato il direttore dell’Associazione, Leonardo Vingiani, per approfondire con lui le ragioni di questa scelta, le prime reazioni e, soprattutto, le aspettative.
Quanto vi è costata questa scelta?
Si è trattato, con tutta schiettezza, di una scelta estremamente sofferta, non certo facile, ma ritenuta da tutte le nostre imprese necessaria.
Perché necessaria?
Non si poteva continuare a sottovalutare la grande diffidenza che si è creata in questi anni attorno al tema degli ogm, soprattutto quelli coinvolti nell’alimentazione umana e animale. Siamo voluti andare incontro alle diffidenze, a quelli che io definisco i mal di pancia metaforici.
In oltre dieci anni di utilizzo di ogm nella catena alimentare umana e animale, infatti, non è mai stato documentato un mal di pancia reale, ma questo non è stato sufficiente a impedire la crescita della diffidenza e delle paure.
Negare questo sarebbe stato voler sbattere inutilmente contro un muro. I nostri clienti sono i consumatori e di fatto a questi noi dobbiamo guardare.
Come mai siete arrivati a questa scelta dopo così tanti anni?
Per chi ha un approccio scientifico, pragmatico, è sempre molto difficile comprendere gli elementi emotivi. Dire a un ricercatore di fermarsi senza che vi sia nessuna evidenza scientifica di rischio è paradossale, impossibile da comprendere. Per questo la nostra non è una scelta estemporanea, ma ha richiesto molto tempo.
Come mai, dal vostro punto di vista, nonostante le tante rassicurazioni scientifiche, la maggioranza dei consumatori continua a essere diffidente nei confronti delle biotecnologie?
Ci siamo interrogati molto su questo punto. È evidente che abbiamo commesso numerosi errori dal punto di vista della comunicazione. Probabilmente abbiamo scelto messaggi «troppo tecnici», abbiamo presentato al pubblico un’immagine delle agrobiotecnologie non sempre immediatamente comprensibile in termini, soprattutto, di vantaggi per i consumatori e per l’ambiente. Abbiamo quindi deciso che era inutile proseguire su questa strada, di cercare di far capire ai consumatori italiani i «non rischi» degli ogm e siamo arrivati così a questa scelta concreta, chiara.
Come primo risultato di questa scelta vi augurate che almeno possa ripartire la ricerca?
Voglio chiarire che questa scelta non ci fa rinnegare nulla del passato. Continuiamo a stigmatizzare, infatti, la gravissima scelta fatta in Italia di bloccare addirittura dal 2000 la ricerca agrobiotecnologica. È stato un errore gravissimo che speriamo di riuscire a recuperare per dare nuovamente un ruolo da coprotagonista alla ricerca italiana nel settore vegetale che fino a non molti anni fa aveva un ruolo centrale a livello internazionale.
Come sono state le prime reazioni alla vostra scelta?
Devo ammettere che siamo stati estremamente soddisfatti delle reazioni di questi giorni soprattutto perché sono arrivati sia da ambienti dell’agricoltura che da quelli della ricerca e delle istituzioni. Ci auguriamo che con questo nuovo spirito si possa almeno riaprire il dibattito sulle agrobiotecnologie senza le pregiudiziali ideologiche degli anni passati.
Anche il ministro De Castro sembra vicino alle vostre posizioni.
De Castro è stato tra i primi a cogliere la rilevanza della nostra scelta ma vi assicuro che non è stato l’unico, segnali positivi sono arrivati praticamente da parte di tutto il mondo agricolo a parte un’eccezione di chi ancora una volta sembra non aver capito l’importanza delle agrobiotecnologie nel futuro dell’agricoltura e più in generale nell’economia del nostro Paese.
Senza dimenticare le straordinarie opportunità offerte dall’utilizzo delle agrobiotecnologie anche nel salvataggio di alcune varietà vegetali a rischio estinzione (ad esempio il Pomodoro San Marzano decimato dal virus CMV e il melo della Valle d’Aosta sensibile alle larve Melolohnta).
Ci può dire chi non ha apprezzato particolarmente la vostra scelta, a parte la scontata opposizione dei Verdi del Vas?
È stata la Coltivatori diretti e questo ci dispiace molto perché speravamo che questa nostra scelta avrebbe almeno consentito l’apertura di dialogo e di confronto trasparente con la maggiore organizzazione professionale agricola italiana. Speriamo che i prossimi giorni portino a maggiori aperture per il bene di tutta l’agricoltura italiana.
 

 

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Fabio Piccoli


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