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L’emergenza idrica si combatte a partire dagli
sprechi |
Dopo aver evidenziato che il problema di oggi è legato alla
scarsissima piovosità degli ultimi mesi, lo studio del presidente del
Comitato di vigilanza sulle risorse idriche dedica grande spazio ad
agricoltura e industria, i principali utilizzatori dell’acqua.
Le previsioni meteorologiche ci hanno azzeccato, maggio ha portato con sé
un po’ di pioggia in tutta Italia (vedi tabella), specialmente nelle regioni
considerate già in piena emergenza idrica, ma non è bastato.
La poca acqua caduta ai primi di maggio, dopo centinaia di giorni di
completa assenza di precipitazioni, non è stata infatti considerata dagli
esperti sufficiente per accantonare la richiesta di emergenza e per riempire
i bacini ormai allo stremo.
Intanto si susseguono le riunioni e la raccolta di dati provenienti dai
diversi bacini e dagli Ato (Ambito territoriale ottimale) della Pianura
Padana.
Lo studio di Passino
Per cercare di fare chiarezza sui problemi e per offrire alcune soluzioni
alla crisi, un recente studio elaborato da Roberto Passino, direttore
dell’Istituto di ricerca sull’acqua del Cnr e da poco più di due mesi
presidente del rinato Coviri (Comitato di vigilanza sulle risorse idriche),
è stato presentato in maniera ufficiosa al ministro dell’ambiente, Alfonso
Pecoraro Scanio.
Del documento, un appunto riservato, sono però trapelate alla stampa alcune
indiscrezioni già nei giorni scorsi, in particolare sul ruolo giocato dal
comparto agricolo e da quello industriale.
E l’agricoltura viene indicata sempre come la maggiore utilizzatrice di
acqua per i lavori di irrigazione dei campi e per l’allevamento del
bestiame.
In particolare lo studio firmato da Passino presenta come problema più
grande la scarsa piovosità di questo inverno, la scarsissima presenza di
neve sulle montagne, insufficiente a riequilibrare durante il periodo estivo
i bacini montani e quindi i fiumi a valle, l’enorme spreco di risorsa, a
causa di sistemi irrigui obsoleti, e la mancanza di moderne tecnologie nel
settore industriale per il riutilizzo delle acque usate per raffreddamento
dei sistemi produttivi.
Scendendo nel particolare, lo studio afferma come la presenza di neve sia
addirittura il 40% in meno rispetto alle medie stagionali degli ultimi anni,
con il conseguente e inevitabile abbassamento dei livelli dei laghi, delle
falde sotterranee e della portata dei fiumi.
Ciò che maggiormente preoccupa l’agricoltura, oltre ovviamente alla penuria
idrica, è anche la diversa composizione dell’acqua in circolazione nei
prossimi mesi.
«La minore presenza di acqua – recita il documento di Passino – non sarà in
grado di diluire il carico inquinante presente nel Po, mentre verso la costa
e per diversi chilometri verso l’entroterra il livello di salinità delle
acque salirà al di sopra delle soglie consentite». E i drastici cambiamenti
climatici non consentiranno nel futuro di gestire ancora in termini di
emergenza una realtà che di fatto è divenuta strutturale e che si confermerà
così per gli anni a venire. Quali soluzioni, quindi, adottare per far fronte
all’emergenza idrica?
Le criticità su cui intervenire
Il documento del presidente del Coviri suggerisce ben 14 punti su cui fare
leva per tentare quantomeno di «sopravvivere» a un’estate che si preannuncia
come quella del 2003 caratterizzata da siccità, danni in agricoltura per
milioni di euro e dal black-out in tutto il Paese.
Tra i punti (vengono proposte anche campagne di informazione rivolte ai
cittadini per limitare usi e sprechi), grande spazio è destinato
all’agricoltura e all’industria.
In particolare si propone di «effettuare un’analisi economica sugli impieghi
produttivi dell’acqua e di valutare in questo modo la redditività della
risorsa idrica utilizzata allo scopo di definire una scala di priorità d’uso
in caso di crisi», ma quello che più importa all’agricoltura è il punto in
cui il documento propone come soluzione, tra le altre, di «incentivare gli
investimenti nel settore agricolo e industriale per l’aggiornamento
tecnologico delle modalità di impiego e restituzione dell’acqua».
Queste soluzioni non potranno però essere messe in atto prima di aver
redatto un quadro di medio periodo delle previsioni d’uso da parte di
agricoltura e produzione energetica per poi poter controllare gli eccessivi
prelievi.
Allarmanti anche i dati raccolti sulle quantità di acqua consumata nel
bacino del Po e ancora non presentati ufficialmente.
Secondo queste rilevazioni il consumo irriguo si aggirerebbe sui 31 miliardi
di metri cubi all’anno, per un totale stimato di 4.500.000 ha irrigati.
Il risparmio complessivamente richiesto al comparto irriguo dalla cabina di
regia di Parma è dell’ordine del 30-35%, ciò però non vuol dire che anche la
produttività subirà le stesse riduzioni; infatti, si stima che le portate di
concessione attuali siano sovradimensionate.
Per il comprensorio agricolo irrigato dal Consorzio del Ticino, per esempio,
quindi relativo alle zone risicole tra Piemonte e Lombardia, saranno
richiesti risparmi più consistenti che verranno comunque concordati al fine
di ridurre al minimo i disagi per gli agricoltori.
La concertazione funziona
Sembra essere approdata a una fase di compromesso la lotta tra il mondo
agricolo e quello industriale caratterizzato da continue accuse di sprechi e
richieste di acqua.
Il principio delle scelte concertate all’interno della cabina di regia sulla
crisi idrica tra le due realtà produttive sembra infatti funzionare.
A fronte delle esigenze avanzate dal comparto della produzione elettrica,
per scongiurare un nuovo black out è stato richiesto proprio alle
associazioni agricole di produrre uno schema di prelievi irrigui che
garantisca i risparmi necessari per poter far girare le turbine delle
centrali.
Infatti, il fabbisogno idrico varia durante la stagione agricola in funzione
sia del tipo di coltivazione sia dello stadio di crescita della pianta.
Una mano d’aiuto è giunta all’ultima riunione della cabina di regia
convocata a Parma dall’Autorità di bacino del fiume Po dalle associazioni di
categoria e dall’Anbi, l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, che
hanno sottolineato le difficoltà che comporta la riduzione di disponibilità
d’acqua per il settore irriguo dicendosi comunque disponibili a contribuire
al risparmio idrico e ad attivare, nel tempo, azioni di ammodernamento dei
sistemi di irrigazione, troppo spesso obsoleti e a scorrimento superficiale.
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