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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
20
 18 - 24 Mag.

  2007
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Attualità PRIMA PAGINA

L’emergenza idrica si combatte a partire dagli sprechi

Dopo aver evidenziato che il problema di oggi è legato alla scarsissima piovosità degli ultimi mesi, lo studio del presidente del Comitato di vigilanza sulle risorse idriche dedica grande spazio ad agricoltura e industria, i principali utilizzatori dell’acqua.

Le previsioni meteorologiche ci hanno azzeccato, maggio ha portato con sé un po’ di pioggia in tutta Italia (vedi tabella), specialmente nelle regioni considerate già in piena emergenza idrica, ma non è bastato.
La poca acqua caduta ai primi di maggio, dopo centinaia di giorni di completa assenza di precipitazioni, non è stata infatti considerata dagli esperti sufficiente per accantonare la richiesta di emergenza e per riempire i bacini ormai allo stremo.
Intanto si susseguono le riunioni e la raccolta di dati provenienti dai diversi bacini e dagli Ato (Ambito territoriale ottimale) della Pianura Padana.

Lo studio di Passino

Per cercare di fare chiarezza sui problemi e per offrire alcune soluzioni alla crisi, un recente studio elaborato da Roberto Passino, direttore dell’Istituto di ricerca sull’acqua del Cnr e da poco più di due mesi presidente del rinato Coviri (Comitato di vigilanza sulle risorse idriche), è stato presentato in maniera ufficiosa al ministro dell’ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio.
Del documento, un appunto riservato, sono però trapelate alla stampa alcune indiscrezioni già nei giorni scorsi, in particolare sul ruolo giocato dal comparto agricolo e da quello industriale.
E l’agricoltura viene indicata sempre come la maggiore utilizzatrice di acqua per i lavori di irrigazione dei campi e per l’allevamento del bestiame.
In particolare lo studio firmato da Passino presenta come problema più grande la scarsa piovosità di questo inverno, la scarsissima presenza di neve sulle montagne, insufficiente a riequilibrare durante il periodo estivo i bacini montani e quindi i fiumi a valle, l’enorme spreco di risorsa, a causa di sistemi irrigui obsoleti, e la mancanza di moderne tecnologie nel settore industriale per il riutilizzo delle acque usate per raffreddamento dei sistemi produttivi.
Scendendo nel particolare, lo studio afferma come la presenza di neve sia addirittura il 40% in meno rispetto alle medie stagionali degli ultimi anni, con il conseguente e inevitabile abbassamento dei livelli dei laghi, delle falde sotterranee e della portata dei fiumi.
Ciò che maggiormente preoccupa l’agricoltura, oltre ovviamente alla penuria idrica, è anche la diversa composizione dell’acqua in circolazione nei prossimi mesi.
«La minore presenza di acqua – recita il documento di Passino – non sarà in grado di diluire il carico inquinante presente nel Po, mentre verso la costa e per diversi chilometri verso l’entroterra il livello di salinità delle acque salirà al di sopra delle soglie consentite». E i drastici cambiamenti climatici non consentiranno nel futuro di gestire ancora in termini di emergenza una realtà che di fatto è divenuta strutturale e che si confermerà così per gli anni a venire. Quali soluzioni, quindi, adottare per far fronte all’emergenza idrica?

Le criticità su cui intervenire

Il documento del presidente del Coviri suggerisce ben 14 punti su cui fare leva per tentare quantomeno di «sopravvivere» a un’estate che si preannuncia come quella del 2003 caratterizzata da siccità, danni in agricoltura per milioni di euro e dal black-out in tutto il Paese.
Tra i punti (vengono proposte anche campagne di informazione rivolte ai cittadini per limitare usi e sprechi), grande spazio è destinato all’agricoltura e all’industria.
In particolare si propone di «effettuare un’analisi economica sugli impieghi produttivi dell’acqua e di valutare in questo modo la redditività della risorsa idrica utilizzata allo scopo di definire una scala di priorità d’uso in caso di crisi», ma quello che più importa all’agricoltura è il punto in cui il documento propone come soluzione, tra le altre, di «incentivare gli investimenti nel settore agricolo e industriale per l’aggiornamento tecnologico delle modalità di impiego e restituzione dell’acqua».
Queste soluzioni non potranno però essere messe in atto prima di aver redatto un quadro di medio periodo delle previsioni d’uso da parte di agricoltura e produzione energetica per poi poter controllare gli eccessivi prelievi.
Allarmanti anche i dati raccolti sulle quantità di acqua consumata nel bacino del Po e ancora non presentati ufficialmente.
Secondo queste rilevazioni il consumo irriguo si aggirerebbe sui 31 miliardi di metri cubi all’anno, per un totale stimato di 4.500.000 ha irrigati.
Il risparmio complessivamente richiesto al comparto irriguo dalla cabina di regia di Parma è dell’ordine del 30-35%, ciò però non vuol dire che anche la produttività subirà le stesse riduzioni; infatti, si stima che le portate di concessione attuali siano sovradimensionate.
Per il comprensorio agricolo irrigato dal Consorzio del Ticino, per esempio, quindi relativo alle zone risicole tra Piemonte e Lombardia, saranno richiesti risparmi più consistenti che verranno comunque concordati al fine di ridurre al minimo i disagi per gli agricoltori.

La concertazione funziona

Sembra essere approdata a una fase di compromesso la lotta tra il mondo agricolo e quello industriale caratterizzato da continue accuse di sprechi e richieste di acqua.
Il principio delle scelte concertate all’interno della cabina di regia sulla crisi idrica tra le due realtà produttive sembra infatti funzionare.
A fronte delle esigenze avanzate dal comparto della produzione elettrica, per scongiurare un nuovo black out è stato richiesto proprio alle associazioni agricole di produrre uno schema di prelievi irrigui che garantisca i risparmi necessari per poter far girare le turbine delle centrali.
Infatti, il fabbisogno idrico varia durante la stagione agricola in funzione sia del tipo di coltivazione sia dello stadio di crescita della pianta.
Una mano d’aiuto è giunta all’ultima riunione della cabina di regia convocata a Parma dall’Autorità di bacino del fiume Po dalle associazioni di categoria e dall’Anbi, l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, che hanno sottolineato le difficoltà che comporta la riduzione di disponibilità d’acqua per il settore irriguo dicendosi comunque disponibili a contribuire al risparmio idrico e ad attivare, nel tempo, azioni di ammodernamento dei sistemi di irrigazione, troppo spesso obsoleti e a scorrimento superficiale.

 

Sommario rivista

di Francesco Survara


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