LAVORO E PREVIDENZA |
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La previdenza integrativa nel settore agricolo |
Si avvicinano le prime scadenze.
Entro il prossimo 30 giugno i lavoratori dovranno decideree comunicare al
proprio datore di lavoro se intendono aderire o meno a un fondo pensione,
destinando a esso il proprio trattamento di fine rapporto. Per i lavoratori
agricoli è a disposizione Agrifondo.
Come è noto l’entrata in vigore della riforma della cosiddetta previdenza
complementare – originariamente prevista per l’1-1-2008 - è stata anticipata
all’1-1-2007. Pertanto già da tale data le imprese e i lavoratori di tutti i
settori produttivi si trovano a confrontarsi con il complesso sistema di
norme e adempimenti introdotti da tale riforma.
Con l’approssimarsi delle prime scadenze previste, cerchiamo dunque di fare
un riepilogo generale, con particolare riferimento alle imprese e ai
lavoratori del settore agricolo.
Informativa dei datori di lavoro
Innanzitutto vale la pena ricordare che nel 1° semestre di vigenza delle
nuove norme (1° gennaio – 30 giugno 2007) le aziende devono informare i
lavoratori delle opportunità offerte dalla legge sulla previdenza
complementare, e in particolare della possibilità di aderire a un fondo
pensione, destinando a esso il proprio trattamento di fine rapporto (Tfr).
Infatti la legge di riforma ha stabilito che il finanziamento dei fondi di
previdenza complementare sia costituito dalla quota di accantonamento del
Tfr dei lavoratori, nonché dall’eventuale quota ulteriore stabilita dai
contratti collettivi di categoria.
In via generale il Tfr, vale la pena ricordarlo, è una forma di retribuzione
differita pari all’ammontare della retribuzione lorda annua divisa per 13,5.
Tale somma viene annualmente accantonata dall’azienda per poi essere
corrisposta al termine del rapporto di lavoro, rivalutata secondo gli indici
di inflazione Istat. Regole particolari sono previste per l’ammontare e la
corresponsione del Tfr agli operai agricoli a tempo determinato (articolo 55
e allegato n. 8 del vigente contratto collettivo nazionale; disposizioni
varie dei contratti provinciali di lavoro).
Scelta dei lavoratori
I lavoratori, dal canto loro, dovranno comunicare espressamente al datore di
lavoro, sempre entro il 30-6-2007, la scelta di aderire (o meno) a un fondo
pensionistico, compilando l’apposito modello ministeriale che gli è stato
fornito dall’azienda (disponibile sul sito
www.tfr.gov.it).
Le possibili opzioni per il lavoratore sono le seguenti:
- non aderire ad alcuna forma di previdenza complementare, lasciando il
proprio Tfr presso l’azienda. Tale scelta è revocabile (il lavoratore in
futuro potrà scegliere di iscriversi a un fondo pensione);
- aderire a uno dei fondi pensione «aperti» (disponibili sul mercato
finanziario e gestiti da banche, assicurazioni o società finanziarie) o a un
fondo «chiuso» (fondo pensione di categoria costituito e gestito dai
sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro del settore produttivo in
cui l’azienda opera).
In tal caso il lavoratore dovrà anche indicare il fondo al quale aderisce
(l’elenco completo dei fondi pensione autorizzati è disponibile sul sito
www.covip.it).
La scelta di adesione alla previdenza complementare è irrevocabile, ma il
lavoratore potrà, alle condizioni previste dalla legge e dagli statuti dei
fondi, cambiare forma pensionistica complementare.
Esiste in realtà anche una terza situazione possibile, poiché la legge
prevede che, nel caso in cui il lavoratore non si pronunci espressamente
entro il 30-6-2007 (perché non consegna l’apposito modulo), il suo Tfr
automaticamente venga trasferito al fondo pensione collettivo di categoria
(per l’agricoltura Agrifondo -
www.agrifondo.it).
In altre parole e semplificando molto, è indispensabile che entro il
30-6-2007 i lavoratori agricoli decidano e comunichino espressamente al loro
datore di lavoro se aderire (o meno) a un fondo pensione, pena la formazione
del cosiddetto silenzio-assenso che comporta il trasferimento automatico del
Tfr dei lavoratori agricoli ad Agrifondo.
Versamento del Tfr ai fondi pensione
Una volta raccolte le eventuali adesioni ai fondi pensione complementare
(aperti o chiusi) – che dovranno essere conservate presso l’azienda – i
datori di lavoro dovranno provvedere mensilmente e a far data dal prossimo
1° luglio, al versamento del Tfr dei dipendenti secondo le modalità indicate
da appositi decreti ministeriali e da ciascun fondo.
Impiegati e quadri agricoli. Le regole generali, dettate dalla legge e dai
decreti ministeriali attuativi, subiscono però delle deroghe per quanto
riguarda alcune categorie di lavoratori agricoli.
In primo luogo, infatti, va precisato che gli impiegati e quadri agricoli –
non potendo disporre del proprio Tfr (che, come noto, ai sensi della legge n.1655/1962
deve essere versato all’Enpaia) – non hanno l’obbligo di effettuare alcuna
comunicazione al datore di lavoro in merito alla destinazione del loro Tfr a
un fondo di previdenza complementare.
Tali lavoratori possono però decidere comunque di iscriversi ad Agrifondo,
versando l’ulteriore contribuzione prevista dal contratto collettivo per gli
impiegati e i quadri agricoli (2,4% della retribuzione utile ai fini del
calcolo del tfr a carico, per metà, del datore di lavoro e, per l’altra
metà, del lavoratore).
Operai agricoli a tempo determinato che scelgano di mantenere il Tfr presso
l’azienda. Per gli operai agricoli a tempo determinato (otd) – che hanno a
tutti gli effetti la facoltà di iscriversi, come qualsiasi altro lavoratore,
ai fondi pensione aperti o al fondo chiuso Agrifondo (in tal caso, oltre al
Tfr, il datore di lavoro dovrà versare al fondo anche l’ulteriore
contribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per gli
operai agricoli e florovivaisti, pari al 2% della retribuzione utile ai fini
del calcolo del Tfr a carico, per metà, del datore di lavoro e, per l’altra
metà, del lavoratore) – alcune particolarità sono previste nella sola
ipotesi in cui essi scelgano di mantenere il Tfr presso l’azienda e dunque
di non iscriversi ad alcun fondo pensione.
Per spiegare tali particolarità occorre fare un passo indietro e aggiungere
a quanto sinora detto che in caso di scelta espressa dei lavoratori di
mantenere in azienda il Tfr (e solo in tale ipotesi!) la legge obbliga le
imprese di grandi dimensioni (che al 31-12-2006 occupavano 50 o più
dipendenti) a trasferire comunque il Tfr dei lavoratori fuori dall’azienda,
versandolo a un apposito fondo costituito presso l’Inps (denominato Fondo
tesoreria Inps) a far data dall’1-7-2007.
Tale fondo non è un fondo di previdenza complementare e non eroga pensioni
integrative. Esso è soltanto un fondo di accantonamento pubblico del Tfr che
verrà utilizzato dallo Stato per finanziare alcuni progetti infrastrutturali.
In deroga a tale regola, la legge prevede che l’azienda con 50 o più
dipendenti sia esonerata dal trasferimento del Tfr all’Inps per rapporti di
lavoro:
- a tempo determinato (otd) di durata inferiore a 3 mesi;
- per i quali i contratti collettivi prevedano, al posto
dell’accantonamento, la corresponsione «periodica» del Tfr maturato;
- per i quali la contrattazione collettiva preveda l’accantonamento delle
quote maturate di Tfr presso soggetti terzi.
Ebbene, tornando alle particolari condizioni previste per gli otd agricoli,
da una prima valutazione e in assenza di indicazioni espresse da parte delle
amministrazioni competenti, si deve ritenere che per tale categoria di
lavoratori l’esonero dal versamento Inps da parte delle aziende di grandi
dimensioni sia praticamente generalizzato, poiché molti rapporti di lavoro
stagionale sono inferiori a 3 mesi e il contratto collettivo nazionale di
lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti (nonché molti contratti
provinciali) prevede la corresponsione periodica del Tfr ai lavoratori a
tempo determinato.
A ciò si aggiunga che lo stesso Inps ha precisato che l’esonero dal
versamento riguarda i rapporti di lavoro stagionale del settore
agroalimentare per i quali non sia stabilito un termine finale preciso
perché legato al verificarsi di un particolare evento (ad esempio il termine
di una particolare «campagna»).
Sebbene sia una considerazione ovvia, vale la pena di precisare, inoltre,
che per quanto riguarda invece gli otd che abbiano scelto di mantenere
espressamente il Tfr presso l’azienda e che siano dipendenti da aziende che
occupino fino a 49 lavoratori, il datore di lavoro non è obbligato al
trasferimento del Tfr all’Inps.
Infine può essere utile sapere che, sempre in relazione alla sola ipotesi di
espressa volontà del lavoratore di mantenere il Tfr presso aziende di grandi
dimensioni, per stabilire quando il carico di manodopera sia di 50 o più
dipendenti l’Inps ha precisato che si deve tenere conto di tutti i rapporti
di lavoro (a tempo determinato e indeterminato; dirigenti, impiegati, quadri
e operai; lavoratori part-time; apprendisti; soci lavoratori di cooperative,
ecc.) in considerazione del numero di mesi o delle frazioni di mesi nei
quali essi si svolgono.
Bisogna, in altre parole, ricondurre il periodo di attività di ciascun
lavoratore al numero di giornate lavorate (convenzionalmente fissato in 26
per ciascun mese). La sommatoria delle giornate di tutti i lavoratori
(quelli a tempo indeterminato: 26 giornate per 12 mesi = 312 giornate
all’anno; quelli a tempo determinato secondo il numero di giornate
effettivamente lavorate) andrà poi divisa per 312.
In sostanza, facendo tutti i calcoli, la soglia di giornate che fa scattare
l’obbligo di versare il Tfr all’Inps è pari a 15.600 (50 dipendenti per 26
giornate per 12 mesi).
Adempimenti futuri
Naturalmente le regole sopra ricordate (informativa al lavoratore, scelta di
iscriversi o meno a un fondo pensione, silenzio-assenso, versamento del Tfr
ai fondi o all’Inps, ecc.) non valgono solo in questa prima fase di
applicazione della legge, ma dovranno essere rispettate dai datori di lavoro
e dai lavoratori anche in occasione della instaurazione di nuovi rapporti di
lavoro (con scadenze diverse da quelle qui indicate).
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