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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
20
 18 - 24 Mag.

  2007
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Attualità LAVORO E PREVIDENZA

La previdenza integrativa nel settore agricolo

Si avvicinano le prime scadenze.
Entro il prossimo 30 giugno i lavoratori dovranno decideree comunicare al proprio datore di lavoro se intendono aderire o meno a un fondo pensione, destinando a esso il proprio trattamento di fine rapporto. Per i lavoratori agricoli è a disposizione Agrifondo.


Come è noto l’entrata in vigore della riforma della cosiddetta previdenza complementare – originariamente prevista per l’1-1-2008 - è stata anticipata all’1-1-2007. Pertanto già da tale data le imprese e i lavoratori di tutti i settori produttivi si trovano a confrontarsi con il complesso sistema di norme e adempimenti introdotti da tale riforma.
Con l’approssimarsi delle prime scadenze previste, cerchiamo dunque di fare un riepilogo generale, con particolare riferimento alle imprese e ai lavoratori del settore agricolo.

Informativa dei datori di lavoro
Innanzitutto vale la pena ricordare che nel 1° semestre di vigenza delle nuove norme (1° gennaio – 30 giugno 2007) le aziende devono informare i lavoratori delle opportunità offerte dalla legge sulla previdenza complementare, e in particolare della possibilità di aderire a un fondo pensione, destinando a esso il proprio trattamento di fine rapporto (Tfr).
Infatti la legge di riforma ha stabilito che il finanziamento dei fondi di previdenza complementare sia costituito dalla quota di accantonamento del Tfr dei lavoratori, nonché dall’eventuale quota ulteriore stabilita dai contratti collettivi di categoria.
In via generale il Tfr, vale la pena ricordarlo, è una forma di retribuzione differita pari all’ammontare della retribuzione lorda annua divisa per 13,5. Tale somma viene annualmente accantonata dall’azienda per poi essere corrisposta al termine del rapporto di lavoro, rivalutata secondo gli indici di inflazione Istat. Regole particolari sono previste per l’ammontare e la corresponsione del Tfr agli operai agricoli a tempo determinato (articolo 55 e allegato n. 8 del vigente contratto collettivo nazionale; disposizioni varie dei contratti provinciali di lavoro).

Scelta dei lavoratori
I lavoratori, dal canto loro, dovranno comunicare espressamente al datore di lavoro, sempre entro il 30-6-2007, la scelta di aderire (o meno) a un fondo pensionistico, compilando l’apposito modello ministeriale che gli è stato fornito dall’azienda (disponibile sul sito www.tfr.gov.it).
Le possibili opzioni per il lavoratore sono le seguenti:
- non aderire ad alcuna forma di previdenza complementare, lasciando il proprio Tfr presso l’azienda. Tale scelta è revocabile (il lavoratore in futuro potrà scegliere di iscriversi a un fondo pensione);
- aderire a uno dei fondi pensione «aperti» (disponibili sul mercato finanziario e gestiti da banche, assicurazioni o società finanziarie) o a un fondo «chiuso» (fondo pensione di categoria costituito e gestito dai sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro del settore produttivo in cui l’azienda opera).
In tal caso il lavoratore dovrà anche indicare il fondo al quale aderisce (l’elenco completo dei fondi pensione autorizzati è disponibile sul sito www.covip.it).
La scelta di adesione alla previdenza complementare è irrevocabile, ma il lavoratore potrà, alle condizioni previste dalla legge e dagli statuti dei fondi, cambiare forma pensionistica complementare.
Esiste in realtà anche una terza situazione possibile, poiché la legge prevede che, nel caso in cui il lavoratore non si pronunci espressamente entro il 30-6-2007 (perché non consegna l’apposito modulo), il suo Tfr automaticamente venga trasferito al fondo pensione collettivo di categoria (per l’agricoltura Agrifondo - www.agrifondo.it).
In altre parole e semplificando molto, è indispensabile che entro il 30-6-2007 i lavoratori agricoli decidano e comunichino espressamente al loro datore di lavoro se aderire (o meno) a un fondo pensione, pena la formazione del cosiddetto silenzio-assenso che comporta il trasferimento automatico del Tfr dei lavoratori agricoli ad Agrifondo.

Versamento del Tfr ai fondi pensione
Una volta raccolte le eventuali adesioni ai fondi pensione complementare (aperti o chiusi) – che dovranno essere conservate presso l’azienda – i datori di lavoro dovranno provvedere mensilmente e a far data dal prossimo 1° luglio, al versamento del Tfr dei dipendenti secondo le modalità indicate da appositi decreti ministeriali e da ciascun fondo.
Impiegati e quadri agricoli. Le regole generali, dettate dalla legge e dai decreti ministeriali attuativi, subiscono però delle deroghe per quanto riguarda alcune categorie di lavoratori agricoli.
In primo luogo, infatti, va precisato che gli impiegati e quadri agricoli – non potendo disporre del proprio Tfr (che, come noto, ai sensi della legge n.1655/1962 deve essere versato all’Enpaia) – non hanno l’obbligo di effettuare alcuna comunicazione al datore di lavoro in merito alla destinazione del loro Tfr a un fondo di previdenza complementare.
Tali lavoratori possono però decidere comunque di iscriversi ad Agrifondo, versando l’ulteriore contribuzione prevista dal contratto collettivo per gli impiegati e i quadri agricoli (2,4% della retribuzione utile ai fini del calcolo del tfr a carico, per metà, del datore di lavoro e, per l’altra metà, del lavoratore).
Operai agricoli a tempo determinato che scelgano di mantenere il Tfr presso l’azienda. Per gli operai agricoli a tempo determinato (otd) – che hanno a tutti gli effetti la facoltà di iscriversi, come qualsiasi altro lavoratore, ai fondi pensione aperti o al fondo chiuso Agrifondo (in tal caso, oltre al Tfr, il datore di lavoro dovrà versare al fondo anche l’ulteriore contribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti, pari al 2% della retribuzione utile ai fini del calcolo del Tfr a carico, per metà, del datore di lavoro e, per l’altra metà, del lavoratore) – alcune particolarità sono previste nella sola ipotesi in cui essi scelgano di mantenere il Tfr presso l’azienda e dunque di non iscriversi ad alcun fondo pensione.
Per spiegare tali particolarità occorre fare un passo indietro e aggiungere a quanto sinora detto che in caso di scelta espressa dei lavoratori di mantenere in azienda il Tfr (e solo in tale ipotesi!) la legge obbliga le imprese di grandi dimensioni (che al 31-12-2006 occupavano 50 o più dipendenti) a trasferire comunque il Tfr dei lavoratori fuori dall’azienda, versandolo a un apposito fondo costituito presso l’Inps (denominato Fondo tesoreria Inps) a far data dall’1-7-2007.
Tale fondo non è un fondo di previdenza complementare e non eroga pensioni integrative. Esso è soltanto un fondo di accantonamento pubblico del Tfr che verrà utilizzato dallo Stato per finanziare alcuni progetti infrastrutturali.
In deroga a tale regola, la legge prevede che l’azienda con 50 o più dipendenti sia esonerata dal trasferimento del Tfr all’Inps per rapporti di lavoro:
- a tempo determinato (otd) di durata inferiore a 3 mesi;
- per i quali i contratti collettivi prevedano, al posto dell’accantonamento, la corresponsione «periodica» del Tfr maturato;
- per i quali la contrattazione collettiva preveda l’accantonamento delle quote maturate di Tfr presso soggetti terzi.
Ebbene, tornando alle particolari condizioni previste per gli otd agricoli, da una prima valutazione e in assenza di indicazioni espresse da parte delle amministrazioni competenti, si deve ritenere che per tale categoria di lavoratori l’esonero dal versamento Inps da parte delle aziende di grandi dimensioni sia praticamente generalizzato, poiché molti rapporti di lavoro stagionale sono inferiori a 3 mesi e il contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti (nonché molti contratti provinciali) prevede la corresponsione periodica del Tfr ai lavoratori a tempo determinato.
A ciò si aggiunga che lo stesso Inps ha precisato che l’esonero dal versamento riguarda i rapporti di lavoro stagionale del settore agroalimentare per i quali non sia stabilito un termine finale preciso perché legato al verificarsi di un particolare evento (ad esempio il termine di una particolare «campagna»).
Sebbene sia una considerazione ovvia, vale la pena di precisare, inoltre, che per quanto riguarda invece gli otd che abbiano scelto di mantenere espressamente il Tfr presso l’azienda e che siano dipendenti da aziende che occupino fino a 49 lavoratori, il datore di lavoro non è obbligato al trasferimento del Tfr all’Inps.
Infine può essere utile sapere che, sempre in relazione alla sola ipotesi di espressa volontà del lavoratore di mantenere il Tfr presso aziende di grandi dimensioni, per stabilire quando il carico di manodopera sia di 50 o più dipendenti l’Inps ha precisato che si deve tenere conto di tutti i rapporti di lavoro (a tempo determinato e indeterminato; dirigenti, impiegati, quadri e operai; lavoratori part-time; apprendisti; soci lavoratori di cooperative, ecc.) in considerazione del numero di mesi o delle frazioni di mesi nei quali essi si svolgono.
Bisogna, in altre parole, ricondurre il periodo di attività di ciascun lavoratore al numero di giornate lavorate (convenzionalmente fissato in 26 per ciascun mese). La sommatoria delle giornate di tutti i lavoratori (quelli a tempo indeterminato: 26 giornate per 12 mesi = 312 giornate all’anno; quelli a tempo determinato secondo il numero di giornate effettivamente lavorate) andrà poi divisa per 312.
In sostanza, facendo tutti i calcoli, la soglia di giornate che fa scattare l’obbligo di versare il Tfr all’Inps è pari a 15.600 (50 dipendenti per 26 giornate per 12 mesi).

Adempimenti futuri
Naturalmente le regole sopra ricordate (informativa al lavoratore, scelta di iscriversi o meno a un fondo pensione, silenzio-assenso, versamento del Tfr ai fondi o all’Inps, ecc.) non valgono solo in questa prima fase di applicazione della legge, ma dovranno essere rispettate dai datori di lavoro e dai lavoratori anche in occasione della instaurazione di nuovi rapporti di lavoro (con scadenze diverse da quelle qui indicate).

 

Sommario rivista

Tania Pagano


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