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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
19
 11-17 Mag.

  2007
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Editoriale

Emergenza idrica tra problemi veri e mistificazioni
V. A. Gallerani

Laddove esistono gli sprechi è giusto e doveroso intervenire, ma non è con scelte irrazionali che il complesso problema della scarsezza d’acqua può essere affrontato e risolto. È determinante dare attuazione alla direttiva acqua 60/2000.

È sufficiente che, come è recentemente accaduto, non piova per alcune settimane perché le immagini di fiumi in secca e di terreni screpolati dalla siccità evochino scenari degni delle bibliche piaghe d’Egitto. E allora si rischia che le decisioni vengano prese sotto la guida più dei sentimenti che della ragione.
Poi, passata l’emergenza, l’allarme cessa, ma i danni di scelte irrazionali rimangono.
L’agricoltura, come maggiore utilizzatrice di acqua, rischia di subire, come spesso succede, le conseguenze peggiori. La proposta di limitare drasticamente gli usi irrigui mediante un forte innalzamento dei canoni irrigui o l’obbligo di estendere su tutto il territorio nazionale l’utilizzazione di sistemi di microirrigazione, fa il paio, per sproporzione fra sentimento e ragione, con quella di ridurre ai minimi termini le docce o i cambi di biancheria intima.
L’errore in cui si incorre frequentemente quando si affrontano i problemi idrici è quello di considerare l’acqua come un elemento e non come un sistema, oltretutto molto complesso, come è di fatto.
Sull’onda di questa semplificazione, che ben presto diviene una pericolosa mistificazione, si diffonde l’impressione che l’acqua utilizzata per irrigare il mais, quella distribuita su prestigiosi campi di golf, nonché quella che scorre nel lavandino mentre procediamo alle quotidiane pulizie dei denti, siano direttamente sottratte alle popolazioni più povere la cui stessa misera sopravvivenza è in pericolo.
I sofisticati e costosi sistemi di microirrigazione sono giustificati nelle zone aride dove ogni stilla di acqua è necessaria; possono non avere significato né economico né ambientale se l’acqua così risparmiata è destinata a defluire in mare.
La dispersione di costosa acqua potabile in acquedotti colabrodo costituisce senza dubbio uno spreco ingiustificato. La perdita di acqua sovrabbondante nei canali di bonifica può rilevarsi utile per alimentare le falde freatiche.
Per giudicare la convenienza a razionare l’acqua irrigua al fine di mantenere un livello di minimo deflusso vitale nei corsi d’acqua, tale da garantire le diverse forme di vita acquatica, occorre impostare una rigorosa e seria analisi dei costi e dei benefici delle diverse alternative.
Ognuna di queste osservazioni appare ad ogni mente aperta di per sé evidente, quando non addirittura ovvia; il problema è che le diverse variabili messe in gioco dal sistema acqua sono tra di loro talmente correlate e interdipendenti da rendere difficile definire precisi meccanismi di causa-effetto.
La grande dimensione territoriale complica ancor più i termini dell’analisi e richiede la conciliazione dei diversi interessi in gioco.
Facendo riferimento al più vasto bacino idrografico italiano, quello del Po, si comprende la complessità delle relazioni tecniche, economiche, ambientali e sociali da considerare e la necessità di conciliare i diversi interessi locali: regionali, provinciali e comunali.
Sono d’attualità le polemiche avanzate dall’Emilia-Romagna nei confronti delle altre regioni rivierasche accusate di essere, rispetto al modello emiliano, sperperatrici di acqua.
Tutte queste problematiche sono note da tempo. Esse furono, in maniera approfondita e organica, analizzate e chiaramente definite nella direttiva acqua 60/2000. Il nocciolo di questo ampio documento è il principio del costo pieno, secondo il quale la gestione dell’acqua deve tener conto degli usi alternativi e dei costi economici, sociali e ambientali.
Per passare dall’enunciazione di principio all’attuazione della direttiva occorre promuovere una serie di studi e indagini approfondite per singolo bacino idrografico. Per quanto attiene più specificatamente al settore agricolo sono necessarie aggiornate e approfondite indagini sulle tecniche irrigue relativamente ai diversi aspetti tecnici, economici e ambientali.
I gravi ritardi e le colpevoli carenze nell’applicazione della direttiva generano la netta e sgradevole impressione che i politici siano molto più propensi a cercare visibilità con qualche decisione estemporanea sollecitata dall’emozione del momento piuttosto che dare l’avvio a una serie di coordinate e responsabili misure basate su adeguate conoscenze tecniche e scientifiche.
I buoni sentimenti, se non sono guidati dalla ragione, possono finire per procurare danni a un’agricoltura, già di per sé afflitta da tanti problemi, senza la contropartita di manifesti vantaggi per la collettività.
 

Sommario rivista Vittorio Alessandro Gallerani



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