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Emergenza idrica tra problemi veri e
mistificazioni |
Laddove esistono gli sprechi è giusto e doveroso intervenire, ma non è
con scelte irrazionali che il complesso problema della scarsezza d’acqua può
essere affrontato e risolto. È determinante dare attuazione alla direttiva
acqua 60/2000.
È sufficiente che, come è recentemente accaduto, non piova per alcune
settimane perché le immagini di fiumi in secca e di terreni screpolati dalla
siccità evochino scenari degni delle bibliche piaghe d’Egitto. E allora si
rischia che le decisioni vengano prese sotto la guida più dei sentimenti che
della ragione.
Poi, passata l’emergenza, l’allarme cessa, ma i danni di scelte irrazionali
rimangono.
L’agricoltura, come maggiore utilizzatrice di acqua, rischia di subire, come
spesso succede, le conseguenze peggiori. La proposta di limitare
drasticamente gli usi irrigui mediante un forte innalzamento dei canoni
irrigui o l’obbligo di estendere su tutto il territorio nazionale
l’utilizzazione di sistemi di microirrigazione, fa il paio, per sproporzione
fra sentimento e ragione, con quella di ridurre ai minimi termini le docce o
i cambi di biancheria intima.
L’errore in cui si incorre frequentemente quando si affrontano i problemi
idrici è quello di considerare l’acqua come un elemento e non come un
sistema, oltretutto molto complesso, come è di fatto.
Sull’onda di questa semplificazione, che ben presto diviene una pericolosa
mistificazione, si diffonde l’impressione che l’acqua utilizzata per
irrigare il mais, quella distribuita su prestigiosi campi di golf, nonché
quella che scorre nel lavandino mentre procediamo alle quotidiane pulizie
dei denti, siano direttamente sottratte alle popolazioni più povere la cui
stessa misera sopravvivenza è in pericolo.
I sofisticati e costosi sistemi di microirrigazione sono giustificati nelle
zone aride dove ogni stilla di acqua è necessaria; possono non avere
significato né economico né ambientale se l’acqua così risparmiata è
destinata a defluire in mare.
La dispersione di costosa acqua potabile in acquedotti colabrodo costituisce
senza dubbio uno spreco ingiustificato. La perdita di acqua sovrabbondante
nei canali di bonifica può rilevarsi utile per alimentare le falde
freatiche.
Per giudicare la convenienza a razionare l’acqua irrigua al fine di
mantenere un livello di minimo deflusso vitale nei corsi d’acqua, tale da
garantire le diverse forme di vita acquatica, occorre impostare una rigorosa
e seria analisi dei costi e dei benefici delle diverse alternative.
Ognuna di queste osservazioni appare ad ogni mente aperta di per sé
evidente, quando non addirittura ovvia; il problema è che le diverse
variabili messe in gioco dal sistema acqua sono tra di loro talmente
correlate e interdipendenti da rendere difficile definire precisi meccanismi
di causa-effetto.
La grande dimensione territoriale complica ancor più i termini dell’analisi
e richiede la conciliazione dei diversi interessi in gioco.
Facendo riferimento al più vasto bacino idrografico italiano, quello del Po,
si comprende la complessità delle relazioni tecniche, economiche, ambientali
e sociali da considerare e la necessità di conciliare i diversi interessi
locali: regionali, provinciali e comunali.
Sono d’attualità le polemiche avanzate dall’Emilia-Romagna nei confronti
delle altre regioni rivierasche accusate di essere, rispetto al modello
emiliano, sperperatrici di acqua.
Tutte queste problematiche sono note da tempo. Esse furono, in maniera
approfondita e organica, analizzate e chiaramente definite nella direttiva
acqua 60/2000. Il nocciolo di questo ampio documento è il principio del
costo pieno, secondo il quale la gestione dell’acqua deve tener conto degli
usi alternativi e dei costi economici, sociali e ambientali.
Per passare dall’enunciazione di principio all’attuazione della direttiva
occorre promuovere una serie di studi e indagini approfondite per singolo
bacino idrografico. Per quanto attiene più specificatamente al settore
agricolo sono necessarie aggiornate e approfondite indagini sulle tecniche
irrigue relativamente ai diversi aspetti tecnici, economici e ambientali.
I gravi ritardi e le colpevoli carenze nell’applicazione della direttiva
generano la netta e sgradevole impressione che i politici siano molto più
propensi a cercare visibilità con qualche decisione estemporanea sollecitata
dall’emozione del momento piuttosto che dare l’avvio a una serie di
coordinate e responsabili misure basate su adeguate conoscenze tecniche e
scientifiche.
I buoni sentimenti, se non sono guidati dalla ragione, possono finire per
procurare danni a un’agricoltura, già di per sé afflitta da tanti problemi,
senza la contropartita di manifesti vantaggi per la collettività.
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