TRIBUTARIA |
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Il regime fiscale dell'attività agrituristica |
I riflessi tributari della nuova legge quadro
L’applicazione del regime forfettario è ora vincolata
al rispetto delle disposizioni della legge quadro e delle relative leggi
regionali che regolano l’attività
Recentemente, dopo un lungo percorso, è
stata finalmente approvata la nuova legge quadro per l’agriturismo (legge n.
96/2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16-3-2006) che
fornisce alle Regioni le direttive necessarie da adottare nei propri
provvedimenti per disciplinare l’attività a livello locale; come vedremo di
seguito, la nuova normativa affronta brevemente anche l’aspetto fiscale
dell’agriturismo e ha sicuramente riflessi tributari, in quanto – come viene
specificato anche nello stesso testo – per poter applicare il regime
forfettario riservato al settore è necessario che venga rispettato quanto
previsto dalla legge quadro e dalle leggi regionali che regolano l’attività.
Nella nuova legge viene definita attività agrituristica quella di ricezione
e ospitalità svolta dagli imprenditori agricoli attraverso l’utilizzo della
propria azienda, in connessione con le attività di coltivazione del fondo,
la silvicoltura e l’allevamento di animali. In questa norma viene precisato
definitivamente che l’attività agrituristica può essere svolta anche dalle
società, sia di persone, che di capitali (queste ultime, però, essendo
soggette al reddito d’impresa non possono applicare il regime fiscale
forfettario, ma devono determinare il reddito imponibile sulla base dei
costi e ricavi d’esercizio).
Viene indicato il criterio del tempo lavoro come idoneo per verificare se
l’attività agricola rimane principale, rispetto a quella agrituristica
connessa; nella definizione scompare però il concetto di complementarietà
con l’attività agricola, che in passato ha spesso rappresentato un grosso
ostacolo all’espansione dell’agriturismo. Inoltre, l’attività agricola va
ora considerata comunque prevalente se i pasti o l’alloggio vengono offerti
a un numero non superiore a 10 ospiti.
Oltre all’imprenditore agricolo, possono essere addetti all’attività
agrituristica anche i suoi familiari, nonché i lavoratori dipendenti assunti
a tempo indeterminato, determinato o parziale, i quali sono considerati
lavoratori agricoli sia agli effetti fiscali che assicurativi e
previdenziali.
Nuove opportunità
La nuova legge quadro specifica che rientrano tra le attività
agrituristiche: dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati ai
campeggiatori, somministrare pasti e bevande, e le attività ricreative,
culturali, didattiche, escursionistiche, di pratica sportiva e ippoturismo
finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale.
In questo passaggio, le novità consistono nel fatto che tali attività
possono essere organizzate anche all’esterno dei fondi aziendali e che viene
specificata anche la possibilità di organizzare degustazioni di prodotti
aziendali, inclusa la mescita dei vini.
Le attività ricreative e culturali possono essere autonome rispetto a quelle
dell’ospitalità e della somministrazione di pasti (e dunque non
necessariamente offerte solo agli ospiti come servizi integrativi e
accessori), e per le stesse può essere richiesto uno specifico corrispettivo
solamente se sono connesse con l’attività agricola e le risorse aziendali,
oppure con le altre attività di conoscenza del patrimonio storico,
ambientale e culturale. Gli autonomi corrispettivi richiesti per queste
attività vanno assoggettati a Iva con aliquota del 20%, mentre per quelli
relativi alla somministrazione di pasti e alloggio nelle ricevute fiscali
Iva va applicata l’Iva del 10%.
Relativamente ai fabbricati, la nuova legge stabilisce che per l’attività
agrituristica possono essere utilizzati quelli già esistenti sul fondo
assimilandoli alle abitazioni rurali; questo, se da un lato conferma la
ruralità di questi immobili, e dunque l’irrilevanza dell’eventuale rendita
catastale attribuita sia ai fini dell’applicazione dell’Irpef, sia dell’Ici,
dall’altro crea alcune perplessità in quanto l’articolo 9 del dl n. 557/93
individua i fabbricati utilizzati per l’agriturismo tra quelli strumentali
all’attività agricola, da inserire dunque nella relativa categoria catastale
D10 (dpr n. 139/98, articolo 1).
Il reddito derivante dall’attività agrituristica viene considerato reddito
agricolo sia ai fini del riconoscimento delle varie qualifiche di
imprenditore agricolo (ad esempio, è iap colui che, tra gli altri requisiti
necessari, ha almeno il 50% del reddito da lavoro derivante da attività
agricola, limite ridotto al 25% per le zone montane), come nella priorità
nell’erogazione dei contributi.
La nuova legge fa anche un richiamo, confermandone i contenuti, al regime
fiscale forfettario previsto per l’attività agrituristica, che consente di
calcolare l’imponibile fiscale sulla base del 25% del fatturato, mentre
l’Iva da versare all’Erario corrisponde al 50% dell’imposta sui
corrispettivi incassati; diversamente, è possibile optare per il regime
normale Iva, con il quale l’imposta da versare si calcola sulla base della
differenza tra Iva vendite e Iva acquisti, ma questo obbliga anche ad
adottare il regime ordinario ai fini delle imposte sul reddito, con il quale
l’imponibile fiscale si determina in base alla differenza tra costi e ricavi
di esercizio. La citata opzione è vincolante per almeno un triennio.
Si ricorda anche che gli obblighi contabili per un agriturismo in regime
forfettario si esauriscono con la tenuta dei registri obbligatori ai fini
Iva, mentre la contabilità deve obbligatoriamente essere tenuta
separatamente da quella dell’attività agricola.
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