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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
19
 5-11 Mag.

  2006
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Attualità UNIONE EUROPEA

Per l'agricoltura europea il rischio è il baratto

Non si sbloccano i negoziati wto

Gli aiuti agricoli, veri o presunti, rimangono lo scoglio più difficile da superare: non è da escludere che, pur di raggiungere un accordo complessivo, l’agricoltura venga usata come merce di scambio per ottenere concessioni in altri campi

Il negoziato Wto sembra destinato a non decollare. L’impasse, anche questa volta, tocca il capitolo agricolo che, a fine aprile, ha mancato un’altra importante scadenza.
Ecco in breve cosa sta accadendo a Ginevra e cosa è previsto per il prossimo futuro.
Alla riunione ministeriale di Hong Kong dello scorso dicembre, che nel bene o nel male ha rilanciato il Doha Round, erano state fissate due scadenze. Quella di fine aprile del 2006 per decidere sulle modalità del negoziato agricolo, e quella di fine luglio, sempre del 2006, per stabilire più in dettaglio gli impegni di ciascun Paese in termini di riduzione di barriere doganali, sostegni, ecc.
A luglio, peraltro, sempre in campo agricolo, si attende un’altra importante decisione del Consiglio generale della Wto sulla delicata materia del mutuo riconoscimento delle denominazioni di origine. Un aspetto questo che sta particolarmente a cuore all’Italia e che potrebbe costituire uno dei pochi, se non l’unico aspetto di diretto vantaggio per l’agricoltura europea. A fine aprile, quindi, ci si attendeva la convocazione di una riunione al più alto livello, paragonabile a una «ministeriale», per formalizzare le modalità: le percentuali di riduzione dei sostegni, delle tariffe doganali e il percorso per l’eliminazione entro il 2013 delle restituzioni all’export, eliminazione decisa anch’essa a Hong Kong.
Già una settimana prima della scadenza di aprile però, a Ginevra è stato chiaro che l’impegno non sarebbe stato rispettato. E la riunione a livello di ministeriale è stata cancellata.
Il direttore generale della Wto, Pascal Lamy, ha comunque tenuto a precisare che il negoziato resta vivo e che «anche se è stata mancata la scadenza, non siamo a un punto morto». Insomma, ci sono stati dei progressi, anche importanti, pur se «non in tempo utile per cogliere la scadenza di fine aprile». A questo punto occorre rimboccarsi le maniche se si vuole salvare il negoziato e lavorare ragionando «in termini di settimane anziché di mesi».
La scadenza ufficiale rimane fine luglio, ma gli osservatori ritengono che sia stata fissata una tappa intermedia, una scadenza ufficiosa, a metà giugno, per definire le modalità e aprire così la strada dell’intesa definitiva.
Gli scogli del negoziato
Il motivo per cui non si è riusciti a raggiungere un’intesa entro aprile è presto detto: nonostante le concessioni europee, realizzate per lo più con la riforma della pac del 2003, gli altri Paesi, dagli Usa sino a Brasile, India, ecc. hanno continuato a chiedere a Bruxelles ulteriori aperture in termini di maggiori riduzioni dei dazi e dei sostegni ai propri agricoltori.
Tutto questo, peraltro, quasi trascurando il fatto che, a Hong Kong, l’Unione Europea si è impegnata a eliminare le restituzioni all’export entro il 2013.
I quattro mesi passati dalla ministeriale si sono rivelati insufficienti a ricucire le differenti posizioni.
E non ha certo giovato la notizia del cambio del negoziatore Usa: Robert Portman, infatti, nel momento più delicato in cui occorreva stringere la trattativa, è stato nominato responsabile dell’Ufficio del bilancio dal presidente George W. Bush e ha passato la mano alla sua vice Susan Schwab.
Prossimi passi
A questo punto nelle prossime settimane, come ha invitato a fare Lamy, si negozierà su alcuni documenti già in bozza e occorrerà verificare se e quanto Bruxelles è disposta a concedere di più sul fronte agricolo.
Ad esempio, la Commissione europea sembra disponibile a tagliare i sostegni ai propri agricoltori più di quanto avesse promesso a ottobre, a risentirne potrebbero essere le prossime riforme di settore. Ancora, l’Europa potrebbe essere costretta a ridurre il numero di prodotti ritenuti «sensibili» e per i quali la riduzione delle tariffe doganali dovrebbe essere minore.
In poche parole, ci si attendono ulteriori sforzi da parte di Bruxelles in termini di maggiore liberalizzazione agricola. Gli Stati membri, soprattutto la Francia, vigilano affinché non si vada al di là di quanto già fatto con la riforma del 2003. Tuttavia i negoziatori europei hanno fatto intendere che si potrebbe andare oltre l’offerta di ottobre, a patto che gli altri Paesi concedano qualcosa in più in termini di apertura all’import di beni industriali e dei servizi del Vecchio continente.
Più passa il tempo, insomma, e più sembra ci si muova in una logica di scambio tra concessioni agricole (da parte dell’Europa) e liberalizzazione dei mercati di prodotti industriali e servizi (da parte degli altri Paesi terzi).
Se si troverà un accordo sulle modalità, si apriranno le porte per l’intesa finale complessiva che potrebbe essere definita tra luglio e fine anno o, al massimo, all’inizio del 2007. Con un limite, però, questa volta influenzato dai tempi dell’amministrazione Usa.
A negoziare per gli Usa il Doha Round e altri accordi commerciali è il rappresentante del commercio Usa, su mandato però del Congresso e con una procedura che consente di semplificare la tempistica (il cosiddetto Tpa, vedi riquadro sottostante).
Ma questo mandato scade il primo luglio 2007. Per quella data, o tutto sarà deciso, o, inevitabilmente, le cose saranno destinate a complicarsi.

Scorciatoia legislativa ancora per un anno


Lo strumento del Tpa (Trade promotion authority)

Sino al 2002 c’era il cosiddetto fast track. Dal 2002, con il varo del Trade act da parte del presidente George W. Bush, la delega del Congresso all’Amministrazione Usa per negoziare accordi commerciali internazionali si chiama Tpa o, per esteso, Trade promotion authority.
In pratica, con il Tpa si definisce il quadro entro il quale l’Amministrazione può negoziare a livello internazionale senza continuamente interpellare il Congresso; con quest’ultimo, invece, viene stabilita una procedura di consultazione attraverso commissioni, scambi di informazioni, ecc. Al termine del negoziato il Congresso vota l’accordo nel suo insieme –
senza la consueta procedura con emendamenti seguita per tutte le leggi – nonché la legislazione applicativa. La delega del Tpa è durata tre anni ed è scaduta il primo luglio 2005, quando è stata rinnovata per ulteriori due anni, fino quindi al primo luglio 2007. Un ulteriore rinnovo è tuttora incerto e quindi, se non si provvederà in tal senso, per essere gestiti nell’ambito della procedura semplificata del Tpa, gli accordi internazionali dovrebbero essere conclusi prima di quella data. Grazie al Tpa, dal 2002 il Congresso, nella scia della strategia di espansione commerciale Usa, ha approvato sei negoziati per la creazione di aree di libero scambio con: Marocco, Singapore, Cile, Australia, Bahrain, Repubblica Domenicana e altri cinque Paesi del Centro America. Secondo l’ufficio del rappresentante del commercio Usa, oggi, anche grazie al Tpa, un acro su tre negli Usa produce prodotti agricoli destinati all’export verso Paesi terzi.
 


 

Sommario rivista Vincenzo Lenucci


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