UNIONE EUROPEA |
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Per l'agricoltura europea il rischio è il baratto |
Non si sbloccano i negoziati wto
Gli aiuti agricoli, veri o presunti, rimangono lo scoglio
più difficile da superare: non è da escludere che, pur di raggiungere un
accordo complessivo, l’agricoltura venga usata come merce di scambio per
ottenere concessioni in altri campi
Il negoziato Wto sembra
destinato a non decollare. L’impasse, anche questa volta, tocca il capitolo
agricolo che, a fine aprile, ha mancato un’altra importante scadenza.
Ecco in breve cosa sta accadendo a Ginevra e cosa è previsto per il prossimo
futuro.
Alla riunione ministeriale di Hong Kong dello scorso dicembre, che nel bene
o nel male ha rilanciato il Doha Round, erano state fissate due scadenze.
Quella di fine aprile del 2006 per decidere sulle modalità del negoziato
agricolo, e quella di fine luglio, sempre del 2006, per stabilire più in
dettaglio gli impegni di ciascun Paese in termini di riduzione di barriere
doganali, sostegni, ecc.
A luglio, peraltro, sempre in campo agricolo, si attende un’altra importante
decisione del Consiglio generale della Wto sulla delicata materia del mutuo
riconoscimento delle denominazioni di origine. Un aspetto questo che sta
particolarmente a cuore all’Italia e che potrebbe costituire uno dei pochi,
se non l’unico aspetto di diretto vantaggio per l’agricoltura europea. A
fine aprile, quindi, ci si attendeva la convocazione di una riunione al più
alto livello, paragonabile a una «ministeriale», per formalizzare le
modalità: le percentuali di riduzione dei sostegni, delle tariffe doganali e
il percorso per l’eliminazione entro il 2013 delle restituzioni all’export,
eliminazione decisa anch’essa a Hong Kong.
Già una settimana prima della scadenza di aprile però, a Ginevra è stato
chiaro che l’impegno non sarebbe stato rispettato. E la riunione a livello
di ministeriale è stata cancellata.
Il direttore generale della Wto, Pascal Lamy, ha comunque tenuto a precisare
che il negoziato resta vivo e che «anche se è stata mancata la scadenza, non
siamo a un punto morto». Insomma, ci sono stati dei progressi, anche
importanti, pur se «non in tempo utile per cogliere la scadenza di fine
aprile». A questo punto occorre rimboccarsi le maniche se si vuole salvare
il negoziato e lavorare ragionando «in termini di settimane anziché di
mesi».
La scadenza ufficiale rimane fine luglio, ma gli osservatori ritengono che
sia stata fissata una tappa intermedia, una scadenza ufficiosa, a metà
giugno, per definire le modalità e aprire così la strada dell’intesa
definitiva.
Gli scogli del negoziato
Il motivo per cui non si è riusciti a raggiungere un’intesa entro aprile è
presto detto: nonostante le concessioni europee, realizzate per lo più con
la riforma della pac del 2003, gli altri Paesi, dagli Usa sino a Brasile,
India, ecc. hanno continuato a chiedere a Bruxelles ulteriori aperture in
termini di maggiori riduzioni dei dazi e dei sostegni ai propri agricoltori.
Tutto questo, peraltro, quasi trascurando il fatto che, a Hong Kong,
l’Unione Europea si è impegnata a eliminare le restituzioni all’export entro
il 2013.
I quattro mesi passati dalla ministeriale si sono rivelati insufficienti a
ricucire le differenti posizioni.
E non ha certo giovato la notizia del cambio del negoziatore Usa: Robert
Portman, infatti, nel momento più delicato in cui occorreva stringere la
trattativa, è stato nominato responsabile dell’Ufficio del bilancio dal
presidente George W. Bush e ha passato la mano alla sua vice Susan Schwab.
Prossimi passi
A questo punto nelle prossime settimane, come ha invitato a fare Lamy, si
negozierà su alcuni documenti già in bozza e occorrerà verificare se e
quanto Bruxelles è disposta a concedere di più sul fronte agricolo.
Ad esempio, la Commissione europea sembra disponibile a tagliare i sostegni
ai propri agricoltori più di quanto avesse promesso a ottobre, a risentirne
potrebbero essere le prossime riforme di settore. Ancora, l’Europa potrebbe
essere costretta a ridurre il numero di prodotti ritenuti «sensibili» e per
i quali la riduzione delle tariffe doganali dovrebbe essere minore.
In poche parole, ci si attendono ulteriori sforzi da parte di Bruxelles in
termini di maggiore liberalizzazione agricola. Gli Stati membri, soprattutto
la Francia, vigilano affinché non si vada al di là di quanto già fatto con
la riforma del 2003. Tuttavia i negoziatori europei hanno fatto intendere
che si potrebbe andare oltre l’offerta di ottobre, a patto che gli altri
Paesi concedano qualcosa in più in termini di apertura all’import di beni
industriali e dei servizi del Vecchio continente.
Più passa il tempo, insomma, e più sembra ci si muova in una logica di
scambio tra concessioni agricole (da parte dell’Europa) e liberalizzazione
dei mercati di prodotti industriali e servizi (da parte degli altri Paesi
terzi).
Se si troverà un accordo sulle modalità, si apriranno le porte per l’intesa
finale complessiva che potrebbe essere definita tra luglio e fine anno o, al
massimo, all’inizio del 2007. Con un limite, però, questa volta influenzato
dai tempi dell’amministrazione Usa.
A negoziare per gli Usa il Doha Round e altri accordi commerciali è il
rappresentante del commercio Usa, su mandato però del Congresso e con una
procedura che consente di semplificare la tempistica (il cosiddetto Tpa,
vedi riquadro sottostante).
Ma questo mandato scade il primo luglio 2007. Per quella data, o tutto sarà
deciso, o, inevitabilmente, le cose saranno destinate a complicarsi.
Scorciatoia legislativa ancora per un anno |
Lo strumento del Tpa (Trade promotion authority)
Sino al 2002 c’era il cosiddetto fast track. Dal 2002,
con il varo del Trade act da parte del presidente George W. Bush, la
delega del Congresso all’Amministrazione Usa per negoziare accordi
commerciali internazionali si chiama Tpa o, per esteso, Trade
promotion authority.
In pratica, con il Tpa si definisce il quadro entro il quale
l’Amministrazione può negoziare a livello internazionale senza
continuamente interpellare il Congresso; con quest’ultimo, invece,
viene stabilita una procedura di consultazione attraverso
commissioni, scambi di informazioni, ecc. Al termine del negoziato
il Congresso vota l’accordo nel suo insieme –
senza la consueta procedura con emendamenti seguita per tutte le
leggi – nonché la legislazione applicativa. La delega del Tpa è
durata tre anni ed è scaduta il primo luglio 2005, quando è stata
rinnovata per ulteriori due anni, fino quindi al primo luglio 2007.
Un ulteriore rinnovo è tuttora incerto e quindi, se non si
provvederà in tal senso, per essere gestiti nell’ambito della
procedura semplificata del Tpa, gli accordi internazionali
dovrebbero essere conclusi prima di quella data. Grazie al Tpa, dal
2002 il Congresso, nella scia della strategia di espansione
commerciale Usa, ha approvato sei negoziati per la creazione di aree
di libero scambio con: Marocco, Singapore, Cile, Australia, Bahrain,
Repubblica Domenicana e altri cinque Paesi del Centro America.
Secondo l’ufficio del rappresentante del commercio Usa, oggi, anche
grazie al Tpa, un acro su tre negli Usa produce prodotti agricoli
destinati all’export verso Paesi terzi.
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