POLITICA |
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Bieticoltori senza santi in paradiso |
Ignorate le attese e le richieste del mondo produttivo
Le misure finanziarie approntate complessivamente per la
ristrutturazione della filiera saranno appannaggio prevalente delle imprese
saccarifere, privilegiate nel processo decisionale del Mipaf rispetto agli
agricoltori
Dopo le ultime attese decisioni prese in Conferenza Stato-Regioni, relative
alla prima applicazione della riforma dell’organizzazione comune di mercato
nel settore dello zucchero, si può iniziare a delineare un primo bilancio e
formulare qualche valutazione di merito sull’intera vicenda.
Da come sono andate le cose, emerge chiaramente un giudizio: il mondo
agricolo non ne esce bene. Ha dovuto subire una riforma penalizzante che
mette a rischio la sopravvivenza del settore in Italia e a ciò si sono
aggiunte decisioni nazionali di applicazione che, a dir poco, non hanno
tenuto nella giusta considerazione le esigenze dell’agricoltura.
è stata evidente la maggiore attenzione e sensibilità con la quale è stata
trattata la questione industriale, rispetto all’emergenza agricola che, nel
giro di pochi mesi, dovrà rinunciare a circa il 60% delle semine, passando
da 245.000 ha coltivati a meno di 100.000.
Il pacchetto della riforma zucchero è molto articolato e contiene diversi
capitoli:
- gli aiuti alla ristrutturazione, consistenti in incentivi finanziari
piuttosto generosi per lo smantellamento dell’attività zuccheriera e per la
chiusura degli stabilimenti;
- i fondi comunitari per la diversificazione delle attività produttive nelle
aree interessate dalla disattivazione del settore;
- i pagamenti diretti disaccoppiati destinati ai produttori storici di
bietole;
- gli aiuti comunitari transitori (massimo un periodo di 5 anni), per i
produttori di barbabietole da zucchero localizzati nei Paesi membri dove la
rinuncia alla quota zucchero supera la soglia del 50%;
- gli aiuti nazionali di adattamento, sempre riservati ai Paesi che scendono
sotto la soglia del 50%, da erogarsi per un periodo transitorio, con un
massimale per l’Italia di 65 milioni di euro all’anno.
Deluse le aspettative agricole
Con un processo decisionale che è iniziato all’indomani dell’approvazione
del compromesso finale di riforma, siglato a Bruxelles il 24-11-2005,
nell’ambito del quale il Ministero delle politiche agricole ha privilegiato
il dialogo con le imprese saccarifere piuttosto che con il mondo dei
coltivatori di bietole, il nostro Paese ha ormai scelto tutte le opzioni
politiche che i regolamenti comunitari mettevano a disposizione.
Il risultato è decisamente sconfortante per l’agricoltura.
Sorprendentemente, le decisioni hanno ignorato le attese e le richieste che
pure la componente agricola aveva a più riprese formulato. Di seguito si
forniscono elementi a sostegno di queste amare riflessioni.
Gli aiuti alla ristrutturazione che mettono a disposizione un massimale
finanziario di 568 milioni di euro (730 euro/t di quota rinunciata) andranno
in ragione del 90% alle imprese saccarifere, mentre il restante 10% è da
dividersi tra due categorie: bieticoltori storici interessati dalla chiusura
degli zuccherifici e contoterzisti per la perdita di valore degli
investimenti in macchinari.
Il mondo agricolo aveva chiesto di innalzare l’aliquota del 10%, il che
avrebbe comportato la diminuzione degli indennizzi per l’industria, ma non
c’è stato niente da fare. La richiesta è caduta nel vuoto, si è preferito
soddisfare le voraci esigenze industriali, piuttosto che affrontare
l’emergenza dei tanti ex coltivatori di bietole che ora, da soli, dovranno
sostenere le conseguenze del declino del settore.
E non è finita qui. Perché da mesi si sono fatti avanti i contoterzisti che
hanno rivendicato una aliquota consistente del budget per la
ristrutturazione. Si prefigura, dunque, il rischio che agli agricoltori
arrivi ben poco della potenziale dotazione di circa 57 milioni di euro.
Sulla diversificazione ancora tagli
Lo schema si sta ripetendo sul capitolo degli aiuti per la diversificazione
che, all’Italia, assicura una dotazione finanziaria di 128 milioni di euro.
Tutto lasciava presupporre che su questa partita non vi fosse gioco e
l’intera somma fosse messa a disposizione delle aziende agricole, per
finanziare i programmi di investimento, per la riconversione verso altre
attività alternative alla bieticoltura.
Invece, la scelta politica ha nuovamente penalizzato la componente agricola
della filiera. Dalle decisioni scaturite in seno alla Conferenza
Stato-Regioni si è appurato che parte del budget spetta all’industria per
sostenere le imprese saccarifere che cessano l’attività. Ma allora, ci si
chiede, i consistenti aiuti alla ristrutturazione di 730 euro/t a che
servono?
Pertanto, il mondo agricolo si deve rassegnare a intercettare solo una parte
dei 128 milioni di euro disponibili per gli interventi di diversificazione.
Da notare che tale somma è già di per se ampiamente inadeguata per
finanziare progetti di riconversione che interessano almeno 120.000 ha di
superfici agricole da distogliere dalla produzione di bietole. Quale
investimento di trasformazione aziendale si può finanziare con una dotazione
che metterebbe a disposizione circa 1.000 euro/ha di bietola da
riconvertire? Se poi tali somme devono essere suddivise con altri
interlocutori, allora la situazione si complica ancora di più.
Non è andata diversamente per la posta degli aiuti nazionali di adattamento
autorizzati preventivamente dalla Commissione europea, con un massimale di
spesa annua per l’Italia di 65 milioni di euro che potranno essere spesi per
5 anni, tra il 2006 e il 2010 compreso.
L’Italia ha stanziato la prima rata per l’anno 2006, ma oltre il 60% delle
risorse andrà a favore delle imprese di trasformazione.
Le uniche due voci per le quali non vi è alcun rischio di decisioni
contrarie agli interessi degli agricoltori riguardano la gestione delle
risorse per i pagamenti disaccoppiati (136 milioni di euro all’anno a regime
per l’Italia) e l’aiuto comunitario transitorio.
In questo secondo caso si tratta di un pagamento perfettamente accoppiato
alla produzione che l’Unione Europea sborserà al coltivatore di bietole, in
funzione delle quantità prodotte a livello individuale.
Per quanto riguarda le decisioni sul massimale di risorse per il
disaccoppiamento, è una partita che si gioca esclusivamente nel campo
agricolo, come la vicenda del regime dei pagamenti supplementari di cui
all’articolo 69 ha ampiamente dimostrato. Da una parte ci sono gli ex
bieticoltori, per i quali tale decisione si traduce in minori entrate certe
e permanenti e dall’altra i probabili futuri bieticoltori, i quali avranno
la possibilità di arrotondare il bilancio, ma con qualche probabile
complicazione amministrativa in vista.
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