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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
18
 28 Apr. - 4 Mag.

  2006
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Attualità POLITICA

Bieticoltori senza santi in paradiso

Ignorate le attese e le richieste del mondo produttivo

Le misure finanziarie approntate complessivamente per la ristrutturazione della filiera saranno appannaggio prevalente delle imprese saccarifere, privilegiate nel processo decisionale del Mipaf rispetto agli agricoltori

Dopo le ultime attese decisioni prese in Conferenza Stato-Regioni, relative alla prima applicazione della riforma dell’organizzazione comune di mercato nel settore dello zucchero, si può iniziare a delineare un primo bilancio e formulare qualche valutazione di merito sull’intera vicenda.
Da come sono andate le cose, emerge chiaramente un giudizio: il mondo agricolo non ne esce bene. Ha dovuto subire una riforma penalizzante che mette a rischio la sopravvivenza del settore in Italia e a ciò si sono aggiunte decisioni nazionali di applicazione che, a dir poco, non hanno tenuto nella giusta considerazione le esigenze dell’agricoltura.
è stata evidente la maggiore attenzione e sensibilità con la quale è stata trattata la questione industriale, rispetto all’emergenza agricola che, nel giro di pochi mesi, dovrà rinunciare a circa il 60% delle semine, passando da 245.000 ha coltivati a meno di 100.000.
Il pacchetto della riforma zucchero è molto articolato e contiene diversi capitoli:
- gli aiuti alla ristrutturazione, consistenti in incentivi finanziari piuttosto generosi per lo smantellamento dell’attività zuccheriera e per la chiusura degli stabilimenti;
- i fondi comunitari per la diversificazione delle attività produttive nelle aree interessate dalla disattivazione del settore;
- i pagamenti diretti disaccoppiati destinati ai produttori storici di bietole;
- gli aiuti comunitari transitori (massimo un periodo di 5 anni), per i produttori di barbabietole da zucchero localizzati nei Paesi membri dove la rinuncia alla quota zucchero supera la soglia del 50%;
- gli aiuti nazionali di adattamento, sempre riservati ai Paesi che scendono sotto la soglia del 50%, da erogarsi per un periodo transitorio, con un massimale per l’Italia di 65 milioni di euro all’anno.
Deluse le aspettative agricole
Con un processo decisionale che è iniziato all’indomani dell’approvazione del compromesso finale di riforma, siglato a Bruxelles il 24-11-2005, nell’ambito del quale il Ministero delle politiche agricole ha privilegiato il dialogo con le imprese saccarifere piuttosto che con il mondo dei coltivatori di bietole, il nostro Paese ha ormai scelto tutte le opzioni politiche che i regolamenti comunitari mettevano a disposizione.
Il risultato è decisamente sconfortante per l’agricoltura. Sorprendentemente, le decisioni hanno ignorato le attese e le richieste che pure la componente agricola aveva a più riprese formulato. Di seguito si forniscono elementi a sostegno di queste amare riflessioni.
Gli aiuti alla ristrutturazione che mettono a disposizione un massimale finanziario di 568 milioni di euro (730 euro/t di quota rinunciata) andranno in ragione del 90% alle imprese saccarifere, mentre il restante 10% è da dividersi tra due categorie: bieticoltori storici interessati dalla chiusura degli zuccherifici e contoterzisti per la perdita di valore degli investimenti in macchinari.
Il mondo agricolo aveva chiesto di innalzare l’aliquota del 10%, il che avrebbe comportato la diminuzione degli indennizzi per l’industria, ma non c’è stato niente da fare. La richiesta è caduta nel vuoto, si è preferito soddisfare le voraci esigenze industriali, piuttosto che affrontare l’emergenza dei tanti ex coltivatori di bietole che ora, da soli, dovranno sostenere le conseguenze del declino del settore.
E non è finita qui. Perché da mesi si sono fatti avanti i contoterzisti che hanno rivendicato una aliquota consistente del budget per la ristrutturazione. Si prefigura, dunque, il rischio che agli agricoltori arrivi ben poco della potenziale dotazione di circa 57 milioni di euro.
Sulla diversificazione ancora tagli
Lo schema si sta ripetendo sul capitolo degli aiuti per la diversificazione che, all’Italia, assicura una dotazione finanziaria di 128 milioni di euro. Tutto lasciava presupporre che su questa partita non vi fosse gioco e l’intera somma fosse messa a disposizione delle aziende agricole, per finanziare i programmi di investimento, per la riconversione verso altre attività alternative alla bieticoltura.
Invece, la scelta politica ha nuovamente penalizzato la componente agricola della filiera. Dalle decisioni scaturite in seno alla Conferenza Stato-Regioni si è appurato che parte del budget spetta all’industria per sostenere le imprese saccarifere che cessano l’attività. Ma allora, ci si chiede, i consistenti aiuti alla ristrutturazione di 730 euro/t a che servono?
Pertanto, il mondo agricolo si deve rassegnare a intercettare solo una parte dei 128 milioni di euro disponibili per gli interventi di diversificazione.
Da notare che tale somma è già di per se ampiamente inadeguata per finanziare progetti di riconversione che interessano almeno 120.000 ha di superfici agricole da distogliere dalla produzione di bietole. Quale investimento di trasformazione aziendale si può finanziare con una dotazione che metterebbe a disposizione circa 1.000 euro/ha di bietola da riconvertire? Se poi tali somme devono essere suddivise con altri interlocutori, allora la situazione si complica ancora di più.
Non è andata diversamente per la posta degli aiuti nazionali di adattamento autorizzati preventivamente dalla Commissione europea, con un massimale di spesa annua per l’Italia di 65 milioni di euro che potranno essere spesi per 5 anni, tra il 2006 e il 2010 compreso.
L’Italia ha stanziato la prima rata per l’anno 2006, ma oltre il 60% delle risorse andrà a favore delle imprese di trasformazione.
Le uniche due voci per le quali non vi è alcun rischio di decisioni contrarie agli interessi degli agricoltori riguardano la gestione delle risorse per i pagamenti disaccoppiati (136 milioni di euro all’anno a regime per l’Italia) e l’aiuto comunitario transitorio.
In questo secondo caso si tratta di un pagamento perfettamente accoppiato alla produzione che l’Unione Europea sborserà al coltivatore di bietole, in funzione delle quantità prodotte a livello individuale.
Per quanto riguarda le decisioni sul massimale di risorse per il disaccoppiamento, è una partita che si gioca esclusivamente nel campo agricolo, come la vicenda del regime dei pagamenti supplementari di cui all’articolo 69 ha ampiamente dimostrato. Da una parte ci sono gli ex bieticoltori, per i quali tale decisione si traduce in minori entrate certe e permanenti e dall’altra i probabili futuri bieticoltori, i quali avranno la possibilità di arrotondare il bilancio, ma con qualche probabile complicazione amministrativa in vista.

Sommario rivista C.Di.


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