POLITICA |
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Lo stato di emergenza per la siccità è ormai
dietro l’angolo |
Sono ormai in molti a chiedere che il governo dichiari la crisi idrica.
Il Tavolo tecnico ha preso in esame i possibili interventi per tamponare i
problemi a livello di fornitura di energia elettrica. Possibile il
contingentamento delle risorse idriche per uso industriale e agricolo.
Tanto tuonò che piovve. Se non fosse che l’umorismo è fuori luogo in una
situazione che rischia di diventare drammatica, si potrebbe iniziare così a
parlare degli ultimi sviluppi della questione siccità, che sembra essere
uscita dall’ambito dei discorsi tra «esperti» per diventare di dominio
pubblico e finalmente, si spera, essere oggetto di interventi efficaci.
La frase «stato di emergenza» è cominciata a circolare il 23 aprile presso
il Ministero dello sviluppo economico, nella cui sede si è svolto il terzo
incontro del Tavolo tecnico istituito per fronteggiare la criticità del
settore elettrico per l’estate 2007, in funzione appunto della scarsità di
acqua nei fiumi.
Il prossimo Tavolo si terrà il 7 maggio per aggiornare la situazione con i
dati a disposizione (soprattutto quelli sui grandi laghi). All’incontro
hanno partecipato dirigenti e rappresentanti del Ministero dello sviluppo
economico e del Ministero dell’ambiente, di Terna (la Società di gestione
della rete) , della Protezione civile, dell’Autorità per l’energia elettrica
e il gas, delle Regioni maggiormente interessate e dell’Autorità bacino Po.
Il prossimo Tavolo si terrà il 7 maggio per aggiornare la situazione con i
dati a disposizione (soprattutto quelli sui grandi laghi), ma già venerdì 4
se ne parlerà in Consiglio dei ministri.
Tornando alla riunione del Tavolo di lunedì 23 «Al centro dei lavori –
informa un nota ufficiale del Ministero – c’è stata l’attività di
monitoraggio delle azioni poste in essere da tutti i soggetti coinvolti nel
Tavolo di lavoro. Durante l’incontro sono stati aggiornati gli obiettivi di
invaso del bacino idrografico del fiume Po, anche alla luce delle previsioni
di precipitazioni – nei prossimi tre mesi – in linea con la media dello
scorso anno e di un incremento della temperatura di circa un grado rispetto
alla media degli altri anni».
Da indiscrezioni si è appreso che potrebbe scattare l’allarme nazionale con
una dichiarazione dello stato di emergenza entro la fine di maggio. I
tecnici sarebbero orientati a chiedere al Governo lo stato di crisi
prevedendo anche il contingentamento, ma non per gli usi domestici, delle
risorse idriche. La decisione tiene conto sia delle temperature sopra la
media previste per i prossimi mesi sia della carenza idrica.
Nel corso della riunione del 23 aprile – sempre a quanto si apprende – si è
discusso anche dell’ ipotesi di «rilasci controllati» sia dai grandi laghi
sia dagli invasi alpini, in modo da consentire di ripristinare soprattutto
il livello del Po, definendo un programma immediatamente operativo per
definire i rilasci per i mesi più difficili, quelli di giugno e luglio, in
cui servirà una grande quantità di acqua per usi irrigui e industriali.
Per fronteggiare il rischio black out si lavorerà – secondo quanto emerso –
con il distacco delle utenze industriali cosiddette «interrompibili» (quelle
cioè che a fronte di riduzioni tariffarie sono disposte a subire distacchi
temporanei) e l’acquisto di una maggiore quantità di energia dall’estero.
Le valutazioni della situazione
Il più deciso sulla necessità di dichiarare lo stato di emergenza è stato il
ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, secondo il quale il primo
passo per affrontare l’emergenza siccità è proprio la dichiarazione di
crisi, mentre il suo collega di Governo Paolo De Castro è stato più prudente
nelle valutazioni sostenendo «Non credo ci sia necessità di dichiarare
adesso lo stato di crisi, ma dobbiamo tenere alta la guardia e puntare a un
buon coordinamento».
«L’incognita – ha proseguito De Castro – è capire se i bacini montani
riusciranno a mantenere sufficienti i livelli del Po per tutta l’estate»
considerando la poca neve caduta quest’inverno.
Il presidente della commissione agricoltura della Camera Marco Lion ha
chiesto da parte sua al Governo «un impegno immediato rivolto al controllo
della situazione non solo del bacino del Po ma di tutti gli altri ambiti
idrici che devono soddisfare molteplici esigenze, in primis quelle umane e
agricole».
La Coldiretti ha reso noto che «La responsabilità delle istituzioni nel
garantire alle campagne l’acqua indispensabile per non far morire il
territorio e il made in Italy alimentare sarà accompagnata dal concreto
impegno degli imprenditori agricoli per la gestione e il risparmio idrico.
L’agricoltura – dice l’organizzazione guidata da Sergio Marini – è pronta a
fare la propria parte per promuovere in agricoltura l’uso razionale
dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e
l’innovazione con colture meno esigenti». Ma non deve essere dimenticato –
precisa la Coldiretti – che la risorsa idrica è essenziale per mantenere in
vita il made in Italy alimentare.
Il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, ha chiesto la
predisposizione di una Cabina di regia dei principali bacini, sollecitando
la concretizzazione delle «disposizioni dell’ultima Finanziaria, prevedendo
risorse per l’intero programma nazionale irriguo elaborato sin dal 2004 dal
Ministero delle politiche agricole».
Anche per la Cia «priorità assoluta è la costituzione della Cabina di regia
presso la Presidenza del Consiglio. Questa struttura è fondamentale per
avere continuamente sotto controllo la situazione e poter operare con la
massima tempestività per superare le difficoltà e i momenti di critici.
Secondo la Cia, però,è indispensabile evitare ogni conflittualità (anche tra
Regioni) sul problema di gestione dell’uso dell’acqua e, nello stesso tempo,
occorre una regolazione dei Servizi pubblici al fine di superare localismi e
inefficienza.
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