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Vinitaly festeggia alla grande i suoi 40 anni |
Ottima l’organizzazione, cresce la fiducia dei produttori
Per il mondo del vino il peggio sembra passato, ma occorreranno ancora
impegno e concretezza
per affrontare il mercato del futuro
E' stato un gran bel Vinitaly. Questo il commento più sentito tra coloro che
hanno partecipato a Verona dal 6 al 10 aprile scorsi alla 40a edizione della
più importante manifestazione enologica a livello internazionale. I
principali motivi del successo sono sostanzialmente due: l’ottima
organizzazione assicurata da Veronafiere e il recupero dell’ottimismo da
parte della maggioranza delle imprese, vitivinicole presenti alla
manifestazione.
Liquidiamo, si fa per dire, con poche battute il primo aspetto. Vinitaly ha
registrato quest’anno oltre 144.000 visitatori (+10% rispetto al 2005) di
profilo sicuramente migliore rispetto a edizioni precedenti. Ci è sembrato,
ma i dati forniti da Veronafiere lo hanno confermato, che siano cresciuti
enormemente i visitatori professionali. In notevole aumento, tra questi, i
buyer sia italiani sia stranieri (soprattutto per questi ultimi si è
registrato un aumento del 10% rispetto allo scorso anno).
I servizi della Fiera di Verona hanno lavorato con efficacia. Non si sono
registrate particolari lamentele da parte degli espositori che si sono
dichiarati soddisfatti. I parcheggi, vera croce delle edizioni scorse, hanno
retto l’urto dell’«invasione» dei visitatori. L’unico appunto, ma in questo
caso l’organizzazione di Veronafiere non c’entra, si potrebbe fare alla
viabilità di Verona, soprattutto dell’area intorno alla Fiera. Ci si
aspettava qualcosa di più dall’Amministrazione, che forse ancora non ha
capito che Vinitaly è una risorsa prima di tutto della città e di tutti gli
operatori.
Produttori ottimisti
Non vogliamo comunque fare eccessiva polemica perché questa non deve
assolutamente oscurare gli ottimi risultati della 40a edizione di Vinitaly
che si è confermato il primo appuntamento mondiale per il vino.
Passiamo allora al secondo elemento, quello relativo all’«umore» degli
espositori, che è sicuramente il più importante. L’atmosfera respirata in
questi cinque giorni di manifestazione è stata certamente positiva. Dopo le
ultime tre edizioni, dove sui produttori-espositori incombeva pesante
l’ombra della crisi, quest’anno la sensazione è stata di un sostanziale
ottimismo rispetto alle prospettive del settore. In estrema sintesi potremmo
dire che lo spirito era quello della serie «il peggio è passato».
A questo proposito, dai nostri numerosi incontri è emerso in maniera chiara
come il maggiore ottimismo attuale derivi dai buoni risultati delle nostre
imprese vitivinicole sui mercati internazionali. Oggi, paradossalmente, le
principali preoccupazioni si concentrano sul fronte domestico. Il mercato
italiano, infatti, non dà segnali incoraggianti e lo stesso calo di 2 litri
del consumo pro capite di vino nel nostro Paese è un segnale eloquente.
Siamo ormai scesi a circa 48 litri all’anno per italiano.
Gli analisti dicono che lo spazio corretto di consumo per il nostro Paese è
di circa 60 litri pro capite. Le nostre imprese, ma anche il sistema vino
nel suo complesso, istituzioni comprese (enti, consorzi tutela, associazioni
produttori, ma anche il Mipaf), dovrebbero concentrarsi su una migliore
comunicazione del vino ai nostri consumatori. Ma lo stesso mondo dei
comunicatori (riviste di settore in primis) dovrebbe finalmente modificare
il linguaggio del vino avvicinando maggiormente il pubblico degli
appassionati senza esasperarli con tecnicismi o astrusi linguaggi da critici
d’arte. Le difficoltà di questi anni, comunque, hanno forse generato un
positivo approccio realistico da parte delle imprese al mercato. Per questo,
parlando con numerosi espositori abbiamo avuto la sensazione che finalmente
il settore manifesti maggiore maturità, evidenziando meno euforia fine a se
stessa e più concretezza.
Dove si vende il vino
E sono proprio concretezza e pragmatismo gli elementi che dovranno
contraddistinguere le imprese vitivinicole italiane per essere competitive
sul mercato attuale e del futuro.
Un mercato, come è emerso chiaramente dai numerosi e ottimi convegni
organizzati durante la manifestazione, che ormai vede nella grande
distribuzione organizzata il canale di vendita più importante. Le vendite di
vino nella gdo nel 2005, infatti, hanno oltrepassato il 62% del totale, con
un ulteriore incremento dell’1% rispetto al 2004.
Il canale della gdo negli ultimi cinque anni è cresciuto del 50% in valore
(per un totale di 1,1 miliardi di euro) e del 22,5% in volume (raggiungendo
i 5 milioni di ettolitri). E sono i vini a denominazione di origine quelli
più venduti in questo canale (+2% nel 2005, rappresentando più del 52% delle
vendite globali del vino nella gdo), al punto che oggi siamo in presenza di
una interessante dinamica nei consumi nella gdo, con un consumatore medio
che cerca sempre più vini di qualità negli angoli-enoteca dei supermercati.
Si tratta di dati importanti che i produttori, ma anche il mondo del
marketing e della comunicazione del vino, non possono assolutamente
ignorare. Ormai chiunque voglia tenere un atteggiamento snobistico nei
confronti della gdo rischia la «cotenna». I produttori, quindi, per
migliorare l’immagine del vino nella gdo devono fare di tutto per impedire
che vi sia la banalizzazione o una pericolosa omogeneizzazione dei loro
prodotti sugli scaffali dei supermercati.
Lo scriviamo da tempo, ma per noi le soluzioni migliori rimangono la vendita
assistita e momenti di promozione e valorizzazione di alcune doc in diversi
momenti della giornata all’interno dei supermercati.
Al Vinitaly è emerso pure che le fasce di prezzo più vendute sono quelle che
si attestano sui 3 euro (l’80% dei vini venduti nella gdo ha prezzi
inferiori ai 5 euro). Quella tra 5 e i 10 euro è la fascia di prezzo che
oggi, nella gdo, appare la più «pericolosa», con i cali più vistosi; mentre
sopra i 10 euro, paradossalmente, le cose sembrano andare meglio con aumenti
interessanti. Se le vendite di vino nella gdo crescono, calano nel canale
dell’horeca (hotel, ristoranti e catering). Su questo settore nel 2005 si è
registrato un calo delle vendite di circa il 5%. Il principale problema su
questo canale oggi appare quello dei prezzi, soprattutto nella ristorazione.
Noi ci permettiamo di aggiungere che deve aumentare anche la cultura del
vino da parte di molti ristoratori. Troppe carte dei vini oggi appaiono
fotocopiate, pochi i consigli dei ristoratori, poca attenzione alle proposte
dei vini del territorio e agli abbinamenti vino-cibo, tanta superficialità
abbinata a rincari eccessivi.
Speriamo che tali difficoltà stimolino anche questo canale a fare un serio
esame di coscienza. Diversi produttori hanno evidenziato la loro difficoltà
a dialogare con molti ristoratori che oggi necessitano forse di un «bagno di
umiltà».
Rimanendo nei ristoranti, in questo caso quelli di fascia medio-alta, una
ricerca promossa da Veronafiere e Confcommercio (indagine condotta da Unicab
con metodo Cati su un campione di 1.000 ristoranti) ha evidenziato che i
vini emergenti sono sempre più quelli provenienti dal Sud Italia e dalla
Sicilia in particolare. Alla domanda, infatti, su quali vini
caratterizzeranno il settore nel prossimo periodo, il 55,7% degli
intervistati ha risposto «i vini del Sud Italia», e tra questi il 40,1% ha
indicato i vini siciliani. Seguono con il 15,1%, i vini del Centro Italia,
con il 12,9% i vini esteri, con l’11,7% gli autoctoni, con il 7,4% quelli
del Nord-ovest e con il 4,6% i vini del Nord-est.
Sempre sul versante delle vendite, una delle notizie più importanti viene da
Coldiretti, che attraverso il suo Osservatorio economico ha evidenziato un
dato a nostro parere molto positivo: le vendite dirette nel 2005 hanno
coinvolto circa 21.000 imprese vitivinicole nazionali per un fatturato
stimabile in circa 1 miliardo di euro. Si tratta di un dato molto importante
che denota finalmente una maggiore propensione delle nostre aziende ad
aprirsi direttamente ai consumatori. Le regioni dove maggiore è l’incidenza
del vino nella vendita diretta sono Friuli, Piemonte, Umbria, Lazio e
Basilicata. In questa direzione l’enoturismo dovrebbe diventare un volano
importante per l’aumento delle vendite in cantina.
Per quanto concerne l’export, Vinitaly ha confermato l’alta propensione
delle nostre imprese all’internazionalizzazione. Dall’indagine effettuata
sulle 600 aziende iscritte al «Buyer Club» del sito www.vinitaly.com, è
emerso che per il 20,4% degli intervistati gli Usa rappresentano la piazza
privilegiata per l’export, seguiti dalla Germania (17,3%) e dalla Gran
Bretagna (11%). Sempre in tema di mercati esteri, spunti interessanti sono
venuti da un convegno organizzato da Confagricoltura e dedicato al mercato
dell’India, un Paese che nei prossimi anni dovrebbe presentare buone
opportunità per i nostri vini, dato che il consumo è previsto in crescita
del 30% all’anno.
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