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Sul prezzo del latte si poteva fare di più |
Una parte dei produttori critica l’accordo sancito in Lombardia
L’aumento di prezzo concordato, secondo Unalat, è inadeguato rispetto alle
effettive condizioni del mercato e la tabella qualità recupera troppo poco
rispetto alla proposta inaccettabile degli industriali formulata lo scorso
anno
Da pochi giorni è stato chiuso l’accordo che stabilisce il prezzo del latte
crudo alla stalla valevole per la campagna di commercializzazione 2007-2008
e applicabile ai produttori della regione Lombardia.
Le condizioni del patto tra allevatori e industriali sono note: c’è stato un
aumento di circa 1 centesimo di euro per litro, dopo anni di continue
flessioni; sono stati modificati in termini restrittivi per la componente
zootecnica i parametri della tabella qualità, ripristinando però l’antica
consuetudine di utilizzare come unità di misura per il grasso e le proteine
il parametro espresso in peso su volume; infine, come aspetto politico più
significativo, si è tornati alla trattativa interprofessionale, dopo una
lunga pausa di 4 annate, nel corso della quale c’è stata una sostanziale
anarchia di comportamenti e gli operatori non avevano alcun punto di
riferimento certo per chiudere i contratti annuali di conferimento con i
primi acquirenti.
Le reazioni sono state positive, anche se da nessuna parte sono stati
utilizzati toni trionfalistici, ma si è preferito valutare con pragmatismo
la realtà che, non bisogna dimenticarlo, è caratterizzata da un mercato
nazionale ancora difficile, nonostante i segnali di ripresa che
indubbiamente si sono manifestati negli ultimi tempi.
Il contesto dell’accordo
La circostanza che ha portato le organizzazioni degli agricoltori e
Assolatte a confrontarsi a lungo, anche con l’intervento di mediazione
politica del ministro delle politiche agricole Paolo De Castro e
dell’assessore regionale interessato, Viviana Beccalossi, è un elemento
importante che può segnare l’avvio di una nuova stagione di relazioni
industriali costruttive, anche in vista delle future sfide che il settore è
chiamato ad affrontare.
Non bisogna ignorare, infatti, alcuni fenomeni critici con i quali occorre
fare i conti.
Dal punto di vista della situazione di mercato, preoccupa l’aumento delle
importazioni di materia prima e derivati lattiero-caseari che sottraggono
spazi alla produzione interna.
In dettaglio, sembrerebbe particolarmente acuto il fenomeno dell’import di
semilavorati che poi vengono impiegati in Italia per la produzione di
formaggi della migliore tradizione casearia nazionale, in particolare nel
segmento delle produzioni fresche e pasta filata.
A lungo andare, questa tendenza mette a rischio il futuro della zootecnia di
alcune aree produttive italiane (in particolare il Sud Italia) che non
possono fare affidamento su una vasta produzione di formaggi dop protetti da
rigorosi disciplinari.
Il secondo nodo con il quale confrontarsi è di natura politica e riguarda la
manovra in atto a livello europeo per superare a termine il regime delle
quote latte, senza prospettare soluzioni alternative di sostegno e difesa
del mercato.
Nel contempo, a livello italiano sono di attualità ancora la questione
dell’applicazione completa del regime del prelievo supplementare e la
riscossione del prelievo imputato nelle campagne passate.
Dopo l’esperienza del contratto interprofessionale lombardo 2007-2008,
sarebbe opportuno avviare un confronto serio su questi temi e mettere in
atto un approccio attivo, propositivo e condiviso.
Unalat insoddisfatta
Venendo al merito delle reazioni a freddo sull’accordo per il prezzo della
materia prima, a distanza di qualche settimana inizia a emergere qualche
insoddisfazione, soprattutto da parte del mondo delle organizzazioni dei
produttori e in particolare di Unalat, la quale, deve essere ricordato, non
ha attivamente partecipato alla trattativa.
L’aumento del prezzo rispetto alla campagna scorsa è stato di circa il 3,5%:
un buon risultato per molti, una concessione eccessiva per gli industriali
del settore, ma inadeguato rispetto alle effettive condizioni di mercato
secondo Unalat, la quale avvalora questa argomentazione prendendo a
riferimento le quotazioni del latte spot nelle principali piazze nazionali e
i risultati del metodo dell’indicizzazione che l’Unione utilizza dall’inizio
del decennio 2000, per seguire l’evoluzione della congiuntura mercantile.
I rilievi più critici riguardano però la nuova tabella di qualità che,
secondo Unalat, è peggiorativa rispetto a quella sancita a livello
interprofessionale negli anni scorsi e utilizzata come punto di riferimento
fino a tutto il 2005.
Sono state realizzate delle simulazioni (vedi tabella) prendendo come
riferimento i dati dell’Associazione provinciale dei produttori di latte di
Cremona e vedendo l’impatto di tre diverse griglie: la tabella Unalat
sancita nell’accordo 2002, la tabella imposta dagli industriali del Nord
Italia nella campagna 2006-2007 (quella che prevedeva il passaggio all’unità
di misura peso su peso) e, infine, la nuova griglia da applicarsi nel
2007-2008.
I risultati dicono che una materia prima di qualità media, secondo i
parametri della associazione cremonese, incassava premi per 25 lire/L con la
tabella Unalat, che scendono a 5,5 nel 2006-2007 con il metro di valutazione
voluto da Assolatte e a 9,8 con il nuovo standard sancito per la corrente
campagna.
In definitiva, si è perso troppo rispetto alla situazione fino al 2005 e si
è recuperato troppo poco rispetto alla proposta considerata inaccettabile
che gli industriali hanno formulato lo scorso anno.
Secondo Unalat è necessaria una svolta: un nuovo modello di interprofessione
che tenga conto dei cambiamenti introdotti con la legge 102 sulla
regolazione dei mercati e della evoluzione in atto nel mondo delle
organizzazioni di prodotto.
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