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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
15
 13 - 19 Apr.

  2007
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Attualità POLITICA

Sul prezzo del latte si poteva fare di più

Una parte dei produttori critica l’accordo sancito in Lombardia
L’aumento di prezzo concordato, secondo Unalat, è inadeguato rispetto alle effettive condizioni del mercato e la tabella qualità recupera troppo poco rispetto alla proposta inaccettabile degli industriali formulata lo scorso anno


Da pochi giorni è stato chiuso l’accordo che stabilisce il prezzo del latte crudo alla stalla valevole per la campagna di commercializzazione 2007-2008 e applicabile ai produttori della regione Lombardia.
Le condizioni del patto tra allevatori e industriali sono note: c’è stato un aumento di circa 1 centesimo di euro per litro, dopo anni di continue flessioni; sono stati modificati in termini restrittivi per la componente zootecnica i parametri della tabella qualità, ripristinando però l’antica consuetudine di utilizzare come unità di misura per il grasso e le proteine il parametro espresso in peso su volume; infine, come aspetto politico più significativo, si è tornati alla trattativa interprofessionale, dopo una lunga pausa di 4 annate, nel corso della quale c’è stata una sostanziale anarchia di comportamenti e gli operatori non avevano alcun punto di riferimento certo per chiudere i contratti annuali di conferimento con i primi acquirenti.
Le reazioni sono state positive, anche se da nessuna parte sono stati utilizzati toni trionfalistici, ma si è preferito valutare con pragmatismo la realtà che, non bisogna dimenticarlo, è caratterizzata da un mercato nazionale ancora difficile, nonostante i segnali di ripresa che indubbiamente si sono manifestati negli ultimi tempi.

Il contesto dell’accordo
La circostanza che ha portato le organizzazioni degli agricoltori e Assolatte a confrontarsi a lungo, anche con l’intervento di mediazione politica del ministro delle politiche agricole Paolo De Castro e dell’assessore regionale interessato, Viviana Beccalossi, è un elemento importante che può segnare l’avvio di una nuova stagione di relazioni industriali costruttive, anche in vista delle future sfide che il settore è chiamato ad affrontare.
Non bisogna ignorare, infatti, alcuni fenomeni critici con i quali occorre fare i conti.
Dal punto di vista della situazione di mercato, preoccupa l’aumento delle importazioni di materia prima e derivati lattiero-caseari che sottraggono spazi alla produzione interna.
In dettaglio, sembrerebbe particolarmente acuto il fenomeno dell’import di semilavorati che poi vengono impiegati in Italia per la produzione di formaggi della migliore tradizione casearia nazionale, in particolare nel segmento delle produzioni fresche e pasta filata.
A lungo andare, questa tendenza mette a rischio il futuro della zootecnia di alcune aree produttive italiane (in particolare il Sud Italia) che non possono fare affidamento su una vasta produzione di formaggi dop protetti da rigorosi disciplinari.
Il secondo nodo con il quale confrontarsi è di natura politica e riguarda la manovra in atto a livello europeo per superare a termine il regime delle quote latte, senza prospettare soluzioni alternative di sostegno e difesa del mercato.
Nel contempo, a livello italiano sono di attualità ancora la questione dell’applicazione completa del regime del prelievo supplementare e la riscossione del prelievo imputato nelle campagne passate.
Dopo l’esperienza del contratto interprofessionale lombardo 2007-2008, sarebbe opportuno avviare un confronto serio su questi temi e mettere in atto un approccio attivo, propositivo e condiviso.

Unalat insoddisfatta
Venendo al merito delle reazioni a freddo sull’accordo per il prezzo della materia prima, a distanza di qualche settimana inizia a emergere qualche insoddisfazione, soprattutto da parte del mondo delle organizzazioni dei produttori e in particolare di Unalat, la quale, deve essere ricordato, non ha attivamente partecipato alla trattativa.
L’aumento del prezzo rispetto alla campagna scorsa è stato di circa il 3,5%: un buon risultato per molti, una concessione eccessiva per gli industriali del settore, ma inadeguato rispetto alle effettive condizioni di mercato secondo Unalat, la quale avvalora questa argomentazione prendendo a riferimento le quotazioni del latte spot nelle principali piazze nazionali e i risultati del metodo dell’indicizzazione che l’Unione utilizza dall’inizio del decennio 2000, per seguire l’evoluzione della congiuntura mercantile.
I rilievi più critici riguardano però la nuova tabella di qualità che, secondo Unalat, è peggiorativa rispetto a quella sancita a livello interprofessionale negli anni scorsi e utilizzata come punto di riferimento fino a tutto il 2005.
Sono state realizzate delle simulazioni (vedi tabella) prendendo come riferimento i dati dell’Associazione provinciale dei produttori di latte di Cremona e vedendo l’impatto di tre diverse griglie: la tabella Unalat sancita nell’accordo 2002, la tabella imposta dagli industriali del Nord Italia nella campagna 2006-2007 (quella che prevedeva il passaggio all’unità di misura peso su peso) e, infine, la nuova griglia da applicarsi nel 2007-2008.
I risultati dicono che una materia prima di qualità media, secondo i parametri della associazione cremonese, incassava premi per 25 lire/L con la tabella Unalat, che scendono a 5,5 nel 2006-2007 con il metro di valutazione voluto da Assolatte e a 9,8 con il nuovo standard sancito per la corrente campagna.
In definitiva, si è perso troppo rispetto alla situazione fino al 2005 e si è recuperato troppo poco rispetto alla proposta considerata inaccettabile che gli industriali hanno formulato lo scorso anno.
Secondo Unalat è necessaria una svolta: un nuovo modello di interprofessione che tenga conto dei cambiamenti introdotti con la legge 102 sulla regolazione dei mercati e della evoluzione in atto nel mondo delle organizzazioni di prodotto.
 

 

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