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L’era del petrolio è al tramonto |
Forum Coldiretti a Venezia
Lo sviluppo di nuove fonti di energia è un passo obbligato per motivi sia
ambientali sia economici. L’agricoltura può dare un contributo sostanziale
Si è svolto venerdì 31 marzo a Venezia il Forum internazionale dal titolo
«L’energia del futuro: scenari e prospettive per far fronte al fabbisogno
energetico». L’appuntamento, organizzato da Coldiretti in collaborazione con
Studio Ambrosetti e giunto quest’anno alla sua seconda edizione, ha fatto
registrare un numero elevato di partecipanti e interventi di grande
prestigio, segno inequivocabile di un interesse da parte del pubblico e di
un’attenzione da parte delle istituzioni sempre crescenti per le tematiche
legate all’energia e al ruolo che le energie rinnovabili possono svolgere
all’interno della crisi energetica mondiale.
Parlare di energia significa in realtà affrontare una molteplicità di
problematiche che spaziano dall’ecologia alla tecnologia, dalla politica
alla sicurezza nazionale e che coinvolgono direttamente e indirettamente non
solo le istituzioni ma anche e soprattutto i singoli cittadini, utenti
finali dell’energia e spettatori spesso inconsapevoli dei cambiamenti
climatici in atto.
Il pianeta rischia
Una certezza è emersa con evidenza in tutti gli interventi; è ormai assodato
e condiviso in maniera trasversale che la dipendenza energetica da
combustibili di origine fossile sta portando, e ancora di più lo farà nel
futuro, a un lento degrado del pianeta. Esiste quindi una coscienza comune
che, assunta la consapevolezza del problema, ha la volontà di trovare al più
presto soluzioni alternative.
Diverse invece sono state le argomentazioni a supporto e soprattutto le
soluzioni proposte al problema. Le motivazioni per le quali è assolutamente
necessario ridurre, e nel lungo periodo abbandonare, l’utilizzo di fonti non
rinnovabili di energia sono per molti da ricercare nelle implicazioni
ambientali che un uso indiscriminato delle risorse sta generando. La
correlazione diretta tra l’incremento della concentrazione atmosferica di
anidride carbonica derivante dall’uso di combustibili fossili e l’incremento
della temperatura media terrestre è, come sottolineato anche da Gianni
Silvestrini (direttore scientifico del Kyoto Club) e da Francesco Vaccari
(ricercatore dell’Istituto di biometeorologia Ibimet, Cnr), ormai ampiamente
dimostrata e accettata dalla comunità scientifica internazionale. Restando
inalterati gli attuali tassi di crescita economica mondiale, un uso
continuativo di questi prodotti energetici porterà, in un futuro non molto
distante, a sconvolgimenti climatici di grosso impatto non solo in ambito
ambientale ma anche e soprattutto per le singole economie di molti Paesi, in
particolare quelli meno sviluppati e più esposti al rischio di calamità
naturali.
Pur condividendo le preoccupazioni di carattere ambientale, bisogna porre
anche particolare attenzione alle implicazioni di natura economica e
politica caratteristiche di uno scenario energetico mondiale incentrato
ancora prevalentemente sul petrolio. Le possibili tensioni tra gli Stati per
il controllo dei giacimenti petroliferi e la dipendenza economica di molti
di essi nei confronti di quei pochi detentori delle risorse sono stati dei
punti sui quali si è soffermata l’attenzione di molti degli intervenuti.
Particolarmente incisivo l’intervento di Jeremy Rifkin, l’economista
americano fondatore e presidente della Foundation on economic trends e
famoso in tutto il mondo per le sue teorie sugli impatti economici,
ambientali, sociali e culturali delle nuove tecnologie introdotte
nell’economia globale. Rifkin ha ribadito il concetto, ormai condiviso da
numerosi analisti, secondo il quale è ormai prossimo il punto definito come
«picco massimo di consumo».
Superata questa fase e restando inalterati i tassi di crescita economica
mondiale e i livelli di sfruttamento delle risorse energetiche tradizionali,
la carenza di petrolio nel mondo si farà sentire in maniera più pressante e
quelli che oggi sono «attriti» tra gli Stati potrebbero assumere proporzioni
ben più rilevanti.
Pressanti pertanto sono le motivazioni sia di carattere ambientale sia di
carattere politico-economico che impongono un cambiamento radicale nelle
abitudini energetiche e una rivoluzione nel modo di pensare e di intendere i
fattori che regolamentano la produzione e gli scambi energetici nel mondo.
Rifkin individua nell’idrogeno prodotto a partire da fonti rinnovabili, e da
biomassa in particolare, la base di partenza per questa rivoluzione
energetica, teorizzando non più una concentrazione nella generazione
energetica, come tuttora avviene, quanto piuttosto una delocalizzazione e
una microgenerazione energetica abbinata a una connessione tra produttori e
utenti molto più semplificata e ramificata, in un parallelismo simile alla
rivoluzione tecnologica avvenuta nei giorni nostri attraverso l’uso dei
computer e di Internet.
Uno scenario più realistico e più a «breve scadenza» quello tratteggiato da
Loyola de Palacio, presidente del Gruppo di alto livello per la rete di
trasporti paneuropea mediterranea nonché ex vicepresidente della Commissione
europea. De Palacio sottolinea sì l’importanza fondamentale della ricerca su
tutti i possibili settori di interesse, ma, nell’attesa che la scienza
faccia il suo corso, indica come strada percorribile quella della
diversificazione delle fonti, anche fossili, dell’incremento generalizzato
delle fonti rinnovabili e anche di un possibile ricorso al nucleare.
Con un approccio prettamente politico, assume quindi una posizione più
concreta sul problema energetico in grado di dare una risposta in tempi
brevi. Riguardo poi alle fonti rinnovabili e alle biomasse in particolare,
de Palacio ha sottolineato come l’agricoltura può e deve dare il suo
contributo alla causa energetica in questa fase fondamentale di transizione,
ma il suo ruolo resta, e deve restare ancora di più nel futuro, quello di
fornire i «prodotti della terra» al fine di alimentare una popolazione
mondiale in continua crescita.
Dello stesso parere anche il direttore generale aggiunto presso la Direzione
energia della Commissione europea, Fabrizio Barbaso, il quale, maggiormente
preoccupato per le implicazioni della crisi energetica sulla sicurezza
nazionale e comunitaria, ha delineato anche le linee di intervento della
Commissione, recentemente pubblicate nel «Libro Verde sull’energia»: libero
scambio energetico su scala europea, armonizzazione del mercato tramite un
«regolatore europeo dell’energia», miglioramento delle interconnessioni
energetiche europee tramite la costruzione di nuove pipeline ed
elettrodotti, ricerca di nuove soluzioni tecnologiche e ampio ricorso al mix
energetico, alle fonti rinnovabili e alle biomasse in particolare (si veda
il Piano di azione per la biomassa).
Alla luce di quanto detto, le connessioni sempre più strette tra agricoltura
e produzione energetica, più volte citate in tutti gli interventi, rendono
comunque sempre più realistica e concreta l’idea che l’agricoltura non possa
essere oggi la soluzione definitiva ai problemi energetici mondiali; essa
però può sicuramente fornire un contributo decisivo in una fase di
transizione tra l’attuale «era del petrolio» e un molto più lontano futuro
scevro da problematiche di natura ambientale ed energetica, nel quale invece
la stessa agricoltura potrà finalmente riappropriarsi della sua vitale
funzione primaria.
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