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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
15
 7-13 Apr.

  2006
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Attualità POLITICA

L’era del petrolio è al tramonto

Forum Coldiretti a Venezia

Lo sviluppo di nuove fonti di energia è un passo obbligato per motivi sia ambientali sia economici. L’agricoltura può dare un contributo sostanziale

Si è svolto venerdì 31 marzo a Venezia il Forum internazionale dal titolo «L’energia del futuro: scenari e prospettive per far fronte al fabbisogno energetico». L’appuntamento, organizzato da Coldiretti in collaborazione con Studio Ambrosetti e giunto quest’anno alla sua seconda edizione, ha fatto registrare un numero elevato di partecipanti e interventi di grande prestigio, segno inequivocabile di un interesse da parte del pubblico e di un’attenzione da parte delle istituzioni sempre crescenti per le tematiche legate all’energia e al ruolo che le energie rinnovabili possono svolgere all’interno della crisi energetica mondiale.
Parlare di energia significa in realtà affrontare una molteplicità di problematiche che spaziano dall’ecologia alla tecnologia, dalla politica alla sicurezza nazionale e che coinvolgono direttamente e indirettamente non solo le istituzioni ma anche e soprattutto i singoli cittadini, utenti finali dell’energia e spettatori spesso inconsapevoli dei cambiamenti climatici in atto.
Il pianeta rischia
Una certezza è emersa con evidenza in tutti gli interventi; è ormai assodato e condiviso in maniera trasversale che la dipendenza energetica da combustibili di origine fossile sta portando, e ancora di più lo farà nel futuro, a un lento degrado del pianeta. Esiste quindi una coscienza comune che, assunta la consapevolezza del problema, ha la volontà di trovare al più presto soluzioni alternative.
Diverse invece sono state le argomentazioni a supporto e soprattutto le soluzioni proposte al problema. Le motivazioni per le quali è assolutamente necessario ridurre, e nel lungo periodo abbandonare, l’utilizzo di fonti non rinnovabili di energia sono per molti da ricercare nelle implicazioni ambientali che un uso indiscriminato delle risorse sta generando. La correlazione diretta tra l’incremento della concentrazione atmosferica di anidride carbonica derivante dall’uso di combustibili fossili e l’incremento della temperatura media terrestre è, come sottolineato anche da Gianni Silvestrini (direttore scientifico del Kyoto Club) e da Francesco Vaccari (ricercatore dell’Istituto di biometeorologia Ibimet, Cnr), ormai ampiamente dimostrata e accettata dalla comunità scientifica internazionale. Restando inalterati gli attuali tassi di crescita economica mondiale, un uso continuativo di questi prodotti energetici porterà, in un futuro non molto distante, a sconvolgimenti climatici di grosso impatto non solo in ambito ambientale ma anche e soprattutto per le singole economie di molti Paesi, in particolare quelli meno sviluppati e più esposti al rischio di calamità naturali.
Pur condividendo le preoccupazioni di carattere ambientale, bisogna porre anche particolare attenzione alle implicazioni di natura economica e politica caratteristiche di uno scenario energetico mondiale incentrato ancora prevalentemente sul petrolio. Le possibili tensioni tra gli Stati per il controllo dei giacimenti petroliferi e la dipendenza economica di molti di essi nei confronti di quei pochi detentori delle risorse sono stati dei punti sui quali si è soffermata l’attenzione di molti degli intervenuti.
Particolarmente incisivo l’intervento di Jeremy Rifkin, l’economista americano fondatore e presidente della Foundation on economic trends e famoso in tutto il mondo per le sue teorie sugli impatti economici, ambientali, sociali e culturali delle nuove tecnologie introdotte nell’economia globale. Rifkin ha ribadito il concetto, ormai condiviso da numerosi analisti, secondo il quale è ormai prossimo il punto definito come «picco massimo di consumo».
Superata questa fase e restando inalterati i tassi di crescita economica mondiale e i livelli di sfruttamento delle risorse energetiche tradizionali, la carenza di petrolio nel mondo si farà sentire in maniera più pressante e quelli che oggi sono «attriti» tra gli Stati potrebbero assumere proporzioni ben più rilevanti.
Pressanti pertanto sono le motivazioni sia di carattere ambientale sia di carattere politico-economico che impongono un cambiamento radicale nelle abitudini energetiche e una rivoluzione nel modo di pensare e di intendere i fattori che regolamentano la produzione e gli scambi energetici nel mondo.
Rifkin individua nell’idrogeno prodotto a partire da fonti rinnovabili, e da biomassa in particolare, la base di partenza per questa rivoluzione energetica, teorizzando non più una concentrazione nella generazione energetica, come tuttora avviene, quanto piuttosto una delocalizzazione e una microgenerazione energetica abbinata a una connessione tra produttori e utenti molto più semplificata e ramificata, in un parallelismo simile alla rivoluzione tecnologica avvenuta nei giorni nostri attraverso l’uso dei computer e di Internet.
Uno scenario più realistico e più a «breve scadenza» quello tratteggiato da Loyola de Palacio, presidente del Gruppo di alto livello per la rete di trasporti paneuropea mediterranea nonché ex vicepresidente della Commissione europea. De Palacio sottolinea sì l’importanza fondamentale della ricerca su tutti i possibili settori di interesse, ma, nell’attesa che la scienza faccia il suo corso, indica come strada percorribile quella della diversificazione delle fonti, anche fossili, dell’incremento generalizzato delle fonti rinnovabili e anche di un possibile ricorso al nucleare.
Con un approccio prettamente politico, assume quindi una posizione più concreta sul problema energetico in grado di dare una risposta in tempi brevi. Riguardo poi alle fonti rinnovabili e alle biomasse in particolare, de Palacio ha sottolineato come l’agricoltura può e deve dare il suo contributo alla causa energetica in questa fase fondamentale di transizione, ma il suo ruolo resta, e deve restare ancora di più nel futuro, quello di fornire i «prodotti della terra» al fine di alimentare una popolazione mondiale in continua crescita.
Dello stesso parere anche il direttore generale aggiunto presso la Direzione energia della Commissione europea, Fabrizio Barbaso, il quale, maggiormente preoccupato per le implicazioni della crisi energetica sulla sicurezza nazionale e comunitaria, ha delineato anche le linee di intervento della Commissione, recentemente pubblicate nel «Libro Verde sull’energia»: libero scambio energetico su scala europea, armonizzazione del mercato tramite un «regolatore europeo dell’energia», miglioramento delle interconnessioni energetiche europee tramite la costruzione di nuove pipeline ed elettrodotti, ricerca di nuove soluzioni tecnologiche e ampio ricorso al mix energetico, alle fonti rinnovabili e alle biomasse in particolare (si veda il Piano di azione per la biomassa).
Alla luce di quanto detto, le connessioni sempre più strette tra agricoltura e produzione energetica, più volte citate in tutti gli interventi, rendono comunque sempre più realistica e concreta l’idea che l’agricoltura non possa essere oggi la soluzione definitiva ai problemi energetici mondiali; essa però può sicuramente fornire un contributo decisivo in una fase di transizione tra l’attuale «era del petrolio» e un molto più lontano futuro scevro da problematiche di natura ambientale ed energetica, nel quale invece la stessa agricoltura potrà finalmente riappropriarsi della sua vitale funzione primaria.

Sommario rivista Domenico Pipia


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