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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
14
 31 Mar. - 6 Apr.

  2006
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Editoriale

Troppa fretta per il Codice sull’ambiente
Paolo Giacomelli

Il corposo Testo unico deve essere rivisto per diversi ordini di motivi, tra i quali le rilevanti conseguenze spesso negative indotte sul settore agricolo, riferite in particolare all’uso del suolo e alla gestione delle risorse idriche   

Lo schema del decreto legislativo in materia ambientale giace sul tavolo della Presidenza della Repubblica dove, per numerose ragioni, è sottoposto a una diagnosi accurata.
Pur essendo stato approvato in sede legislativa, non sembra probabile la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale in tempi brevi. Questo non tanto per la ponderosità del Testo unico (318 articoli, circa 700 pagine tra testo e allegati) tale da richiedere una «uscita speciale», ma perché i temi ambientali, pur complessi e oggi frammentati in una miriade di norme sicuramente bisognose di una riorganizzazione organica, non potevano essere liquidati a fine Legislatura con un’operazione di certo rapida, ma probabilmente poco orientata al confronto con le numerose parti coinvolte.
Le motivazioni della levata di scudi nei confronti di questo ciclopico decreto legislativo sono di diversi ordini e sono state espresse in un appello al presidente della Repubblica. In effetti gli ambiti contestati (solo per citarne alcuni: violazione del dettato costituzionale, riduzione dei meccanismi sanzionatori in caso di inadempienza, riduzione delle autonomie locali e accentramento di numerose competenze, errori tecnici) appaiono rilevanti.
Se più pragmaticamente ci si sofferma sul settore agricolo, si osserva che è coinvolto sotto diversi profili: in molti casi in via diretta, in altri indirettamente, ma non per questo senza potenziali conseguenze di rilievo. In particolare l’agricoltura viene direttamente toccata dai temi della difesa del suolo, della Valutazione ambientale strategica (Vas) e dell’inquinamento idrico, mentre appare coinvolta con diverse modalità per ciò che riguarda la Valutazione d’impatto ambientale (Via), la gestione delle risorse idriche e la tutela dei danni all’ambiente.
Tra le numerose opzioni è possibile soffermarsi su alcuni temi «caldi» per il settore, senza avere ovviamente la pretesa della completezza.
La predisposizione di Piani agricoli dovrà essere soggetta a Vas, con indubbi vantaggi se l’individuazione preventiva degli impatti ambientali consentisse in seguito di alleggerire gli oneri procedurali e documentali per le singole iniziative degli operatori economici.
La nuova procedura di Via penalizza invece il settore, in quanto riduce i margini per produrre osservazioni e negoziare modifiche a grandi opere qualora i loro effetti siano particolarmente negativi.
La normazione sull’uso del suolo provoca, in diversi casi, la perdita di identità o la scomparsa di organismi fondamentali, quali le Autorità di bacino, riaccorpati per «distretti idrografici»: ad esempio, nel Nord-est il nuovo organismo riassorbirà i bacini di Adige, Alto Adriatico, Lemene e altri, oltre ai bacini regionali friulani e veneti, con buona pace delle fondamentali differenze esistenti sul ciclo delle risorse idriche e sulle sue relazioni con le esigenze agricole.
Inoltre questo nuovo soggetto dovrà predisporre piani che programmino l’utilizzazione delle risorse idriche (e questo era ovvio) ma anche le risorse agrarie e forestali: in altre parole un ulteriore soggetto che vorrà condizionare lo sviluppo e le dinamiche del settore.
Relativamente all’uso dell’acqua e all’inquinamento idrico si possono identificare alcuni aspetti potenzialmente molto importanti. Ad esempio la definizione di zone vulnerabili da nitrati di origine agricola o da prodotti fitosanitari sembra più vincolante, avviando l’identificazione di criteri che dovrebbero condurre a un sistema meno diversificato tra le singole regioni.
Analoga prospettiva sembra avere la realizzazione di impianti per acquacoltura, mentre l’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici potrebbe trovare una serie di parametri unici in sede nazionale.
Nella riorganizzazione del sistema acque, che avrebbe dovuto tenere conto anche degli indirizzi previsti dall’ultima direttiva europea, si osserva che i Consorzi di bonifica e irrigazione non sono considerati in relazione al servizio generale della bonifica, fornito alla collettività, e non viene neanche sfiorato il problema degli usi multipli e dei riusi delle acque d’irrigazione. Mentre, nel caso di scarsità di acqua o siccità, il settore viene premiato, a mio avviso in modo incomprensibile (a causa della complessità del problema), come soggetto prioritario per l’uso subito dopo il consumo umano.
Stando così le cose, si può sperare che il presidente Carlo Azeglio Ciampi, per il momento, tenga ferma la palla!

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