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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
13
 30 Mar. - 5 Apr.

  2007
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Editoriale

Valore dei terreni e tristi presagi
G. Gios

Il ridimensionamento in atto dei valori fondiari non deve essere considerato solo in modo pessimistico, ma anche come una possibile premessa per ampliamenti aziendali in grado di rendere più efficiente l’agricoltura italiana

La base dell’azienda agricola è il terreno, recitavano i vecchi testi di economia agraria. Essendone la base, osservando e analizzando l’andamento dei valori fondiari si possono avere idee abbastanza precise dello stato di salute delle aziende agricole.
Tali osservazioni sono valide ancora oggi; anche se è vero che da un lato non tutti i benefici che l’agricoltura produce passano attraverso il mercato e, quindi, si riflettono nei valori fondiari, dall’altro che questi ultimi incorporano anche aspettative e interessi che con l’agricoltura hanno poco a che vedere.
È pur vero che dall’elaborazione dei dati delle informazioni contabili delle aziende agricole si ricava l’idea che la quota di valore aggiunto agricolo che va a remunerare il fattore produttivo «terra» continua a diminuire, ma è altrettanto certo che, in molti casi, è proprio nell’elevato valore degli appezzamenti che va ricercato uno dei fattori che frenano la ricerca di una dimensione adeguata da parte delle aziende agricole orientate a realizzare migliori economie di scala.
Nonostante le caratteristiche del mercato fondiario siano tali da non consentire una immediata trasposizione dello stato di salute del settore nei valori dei terreni, non vi è dubbio che fra tali variabili esista una ben precisa relazione. Infatti, anche se il mercato dei terreni presenta tipologie che risultano distanti da quelle ideali della concorrenza perfetta, la capacità di fornire un adeguato reddito agricolo rimane uno dei fattori che influenzano in maniera decisa i valori fondiari, almeno dei terreni destinati all’agricoltura.
Del resto, la differenziazione accentuata e crescente nel tempo tra i prezzi dei terreni situati in aree a diversa altitudine, con differente possibilità di essere serviti da infrastrutture idonee all’attività agricola, con diversa specializzazione colturale, sta a dimostrare che, al di là dei calcoli teorici, il legame tra capacità di garantire reddito e valore del terreno è forte e indiscusso.
Per tali motivi, il pessimismo di chi vede con preoccupazione, traendone cattivi auspici per il futuro, la circostanza che negli ultimi due anni il valore dei terreni agricoli, nella maggior parte dei casi, abbia smesso di crescere non solo in termini reali, ma a volte, anche a prezzi correnti, non può essere liquidato con superficialità come eccessivo o non fondato.
Sotto certi punti di vista la situazione ricorda quella venutasi a creare agli inizi degli anni Novanta con la riforma Mac Sharry. Ora come allora la nuova riforma entrata in vigore nel 2005 sembra stia determinando un clima di incertezza e una certa prudenza nel mercato fondiario. Incertezza e prudenza che si amplificano o diminuiscono a seconda che i terreni oggetto di trattativa siano dotati o meno dei diritti all’aiuto.
In effetti appare evidente che il diritto all’aiuto assegnato al coltivatore, anziché ai proprietari dei fondi, dovrebbe avere conseguenze significative nel contenere il valore dei terreni; al tempo stesso alcune misure agroambientali dovrebbero portare a rivalutare il valore di terreni marginali o non altamente produttivi.
Si potrebbe avere allora una situazione per cui la tendenza all’aumento dei prezzi reali dei terreni, in atto da almeno un decennio, potrebbe invertirsi per periodi più lunghi di quelli che hanno caratterizzato gli aggiustamenti conseguenti alla riforma Mac Sharry.
Certamente tale ridimensionamento sarà meno accentuato per colture intensive ad alto reddito, come i vigneti per i quali l’effetto denominazione d’origine può compensare, in tutto o in parte, le riduzioni nei valori fondiari conseguenti ad altre cause.
Se così sarà e l’attuale stasi nell’evoluzione dei valori fondiari per i terreni agricoli continuerà anche per i prossimi anni, forse, si potrebbe verificare ancora una volta la validità del vecchio detto per cui non tutti i mali vengono per nuocere. Infatti, un ridimensionamento dei valori fondiari potrebbe costituire la premessa per quell’opera di accorpamento e ampliamento della maglia aziendale che costituisce, a mio modo di vedere, il problema più urgente per arrivare a un ammodernamento effettivo dell’agricoltura italiana.
Perché ciò sia possibile è, tuttavia, necessario che si verifichino altre due condizioni. La prima relativa alla messa in atto di adeguati strumenti di politica agricola, ivi compresa un’opportuna rimodulazione dello strumento fiscale. La seconda relativa al mantenimento della fiducia nel futuro e nel ruolo dell’agricoltura nel mondo moderno da parte dei giovani agricoltori.
Se relativamente a quest’ultimo aspetto si può essere fiduciosi, in relazione al primo è lecito avere qualche dubbio in più.
 

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