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Stipulati i contratti del pomodoro trasformato |
Si definisce il quadro della campagna 2006
Dopo una trattativa difficile si è giunti a un accordo su un prezzo di 39
euro/t al Centro-nord, mentre al Sud sono previsti prezzi diversi.
Complessivamente le quantità contrattate dovrebbero essere di 52 milioni di
quintali, ben inferiori ai 61 dello scorso anno
I contratti tra le organizzazioni dei produttori (op) e le industrie di
trasformazione del pomodoro sono stati firmati entro il 10 marzo scorso,
termine ultimo della proroga concessa dal Mipaf in seguito alle difficoltà
di accordo incontrate quest’anno, soprattutto nel Centro-nord Italia. I
problemi hanno riguardato soprattutto la definizione dei prezzi di cessione
della materia prima, ma anche la strutturazione della griglia qualitativa
correlata al prezzo. Nel Centro-nord, infatti, le industrie sono partite
quest’anno da un’offerta, veramente esigua, di 35 euro/t per la polpa e il
concentrato, a fronte dei 41 euro/t contrattati nella scorsa campagna. Solo
dopo lunghe e difficili trattative si è giunti a un accordo su 39 euro/t,
prezzo ancora decisamente basso rispetto ai reali costi di produzione della
materia prima. Tra l’altro, quest’anno anche l’aiuto comunitario sarà
ridotto a soli 30,43 euro/t, in seguito allo splafonamento della soglia
degli anni scorsi.
Qualità
Nel 2006, inoltre, la griglia relativa al grado Brix ha subito alcune
modifiche rispetto al passato. è stata tolta, infatti, l’ultima fascia e si
è modificata la frequenza dello scatto di qualità da 2/10 a 1/10. In
sostanza, le nuove condizioni penalizzeranno maggiormente chi non potrà
assicurare, anche per ragioni climatiche, un livello minimo di gradi Brix.
Quest’anno non si è riusciti a sottoscrivere neanche il consueto accordo
interprofessionale del Centro-nord.
Al Sud i contratti sono stati firmati, anche se con forti disparità rispetto
ai singoli contraenti. Tali contratti, infatti, prevedono prezzi diversi (da
46 a 61 euro/t per il pelato e da 30 a 49 euro/t per il corto) insieme a
griglie basate sulla qualità della materia prima (frutti schiacciati, acerbi
o comunque deteriorati, presenza di scarti, ecc.). Tali griglie, a seconda
dei casi, prevedono aumenti o diminuzioni del prezzo base fino al 10% o al
25%, a seconda delle caratteristiche del prodotto. Ciò, ovviamente, facilita
una discrezionalità nei comportamenti tra singole industrie e op che spesso,
a seconda delle vicende climatiche e di mercato, possono tradursi in
condizioni molto penalizzanti per i produttori agricoli.
Per quanto riguarda le quantità contrattate, si avranno dati certi non prima
del 24 marzo, termine ultimo per la presentazione dei contratti ad Agea e
Agrea. Le prime stime parlano di circa 26 milioni di quintali contrattati
nel Centro-nord, 14 milioni circa nel Sud e 10-11 milioni relativi al mondo
dell’autotrasformazione. Se tali stime saranno confermate, si arriverà a
circa 52 milioni di quintali contrattati, ben al di sotto dei 61 dello
scorso anno.
Ricordo, comunque, che la contrattazione del 10% in meno rispetto alla
scorsa campagna è l’impegno previsto nell’Intesa nazionale di filiera,
stipulata il 21 febbraio scorso in seno all’Organismo interprofessionale
ortofrutticolo, come espressamente previsto dal decreto n. 102 (Nuova
regolamentazione dei rapporti di filiera).
Mancano i contratti quadro
Proprio in base alla nuova normativa, tuttavia, quello che finora è mancato
è il momento intermedio tra Intesa nazionale di filiera e contratti
specifici, ovvero la stipula dei contratti quadro da parte delle
associazioni di categoria interessate.
I contratti quadro, in effetti, sono un anello importante della campagna
perché traducono le linee guida dell’Intesa nazionale in adempimenti precisi
a carico delle industrie e delle organizzazioni dei produttori, riguardo a
tempi e condizioni per le consegne, ma soprattutto alle caratteristiche e
modalità dei controlli sulla materia prima all’ingresso in stabilimento.
Hanno, quindi, una funzione importante di garanzia e tutela degli interessi
di tutti, ma soprattutto dei produttori, e possono assicurare, quindi, un
corretto andamento della campagna, tenendo presente le specificità dei
diversi bacini produttivi.
Al momento della stipula dell’Intesa interprofessionale le industrie posero
precise riserve sulla possibilità di firmare dei contratti quadro nei pochi
giorni rimasti prima della scadenza contrattuale, dato che i loro contenuti,
essendo vincolanti nei confronti delle loro associate, dovevano essere
oggetto di discussione interna al fine di ottenere deleghe formali alla loro
firma. Il tempo era, inoltre, insufficiente se si volevano far precedere i
singoli contratti dai contratti quadro, come la logica vorrebbe, dato che
gli uni dovrebbero seguire le linee guida degli altri.
Le difficoltà successive incontrate nella firma dei contratti hanno,
tuttavia, spinto la parte agricola a tornare sull’argomento e a richiedere,
attraverso lo stesso Ministero, la stipula dei contratti quadro per avere
maggiori garanzie in corso di campagna.
La convocazione della filiera, da parte del Mipaf, il 9 marzo scorso, è nata
quindi da questa esigenza dei produttori, a cui in un primo momento le
organizzazioni industriali non hanno risposto in modo positivo. In una
successiva riunione, il Mipaf ha proposto una bozza di canovaccio
contrattuale e ha ottenuto in risposta una prima disponibilità a discuterne
da parte dell’Aiipa (industriali del Centro-nord). Resta, invece, ancora
netta la chiusura di Anicav (industriali del Sud) per la nota mancanza di
delega dai propri associati.
La nuova riunione del 28 marzo prossimo, sempre presso il Mipaf, vedrà,
quindi, con ogni probabilità la firma di un contratto quadro tra industriali
e op del Centro-nord Italia, che in una certa misura supplirà alla mancanza
del solito accordo interprofessionale degli anni scorsi. Per opportuna
conoscenza va menzionata, infine, la recente firma di un contratto quadro
tra Fedagri-Confcooperative, da una parte, e Unaproa, dall’altra, che
riguarda, ovviamente, solo il mondo della cooperazione organizzata in op e
associata a Confcooperative e a Unaproa.
Va ricordato, infine, che in questo contratto quadro è incluso l’impegno a
trasformare solo pomodoro nazionale, scelta importante ma non difficile data
la natura stessa dei contraenti. Sarebbe probabilmente difficile introdurre
un obbligo analogo in contratti quadro tra industrie e produttori, dato
l’uso ricorrente che le nostre industrie nazionali fanno del concentrato
estero. Questo è comunque un punto delicato che dovrà essere sciolto in
futuro, perché l’impegno delle nostre op a piantare meno pomodoro per non
appesantire il mercato, salvaguardare i prezzi e ottenere un aiuto
comunitario pieno, non dovrebbe essere vanificato da parte delle industrie
con un maggiore ricorso alle importazioni di derivati di pomodoro
dall’estero, come purtroppo è avvenuto negli ultimi anni..
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