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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
   
13
 24-30 Mar.

  2006
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Attualità POLITICA

Stipulati i contratti del pomodoro trasformato

Si definisce il quadro della campagna 2006

Dopo una trattativa difficile si è giunti a un accordo su un prezzo di 39 euro/t al Centro-nord, mentre al Sud sono previsti prezzi diversi. Complessivamente le quantità contrattate dovrebbero essere di 52 milioni di quintali, ben inferiori ai 61 dello scorso anno

I contratti tra le organizzazioni dei produttori (op) e le industrie di trasformazione del pomodoro sono stati firmati entro il 10 marzo scorso, termine ultimo della proroga concessa dal Mipaf in seguito alle difficoltà di accordo incontrate quest’anno, soprattutto nel Centro-nord Italia. I problemi hanno riguardato soprattutto la definizione dei prezzi di cessione della materia prima, ma anche la strutturazione della griglia qualitativa correlata al prezzo. Nel Centro-nord, infatti, le industrie sono partite quest’anno da un’offerta, veramente esigua, di 35 euro/t per la polpa e il concentrato, a fronte dei 41 euro/t contrattati nella scorsa campagna. Solo dopo lunghe e difficili trattative si è giunti a un accordo su 39 euro/t, prezzo ancora decisamente basso rispetto ai reali costi di produzione della materia prima. Tra l’altro, quest’anno anche l’aiuto comunitario sarà ridotto a soli 30,43 euro/t, in seguito allo splafonamento della soglia degli anni scorsi.

Qualità
Nel 2006, inoltre, la griglia relativa al grado Brix ha subito alcune modifiche rispetto al passato. è stata tolta, infatti, l’ultima fascia e si è modificata la frequenza dello scatto di qualità da 2/10 a 1/10. In sostanza, le nuove condizioni penalizzeranno maggiormente chi non potrà assicurare, anche per ragioni climatiche, un livello minimo di gradi Brix. Quest’anno non si è riusciti a sottoscrivere neanche il consueto accordo interprofessionale del Centro-nord.
Al Sud i contratti sono stati firmati, anche se con forti disparità rispetto ai singoli contraenti. Tali contratti, infatti, prevedono prezzi diversi (da 46 a 61 euro/t per il pelato e da 30 a 49 euro/t per il corto) insieme a griglie basate sulla qualità della materia prima (frutti schiacciati, acerbi o comunque deteriorati, presenza di scarti, ecc.). Tali griglie, a seconda dei casi, prevedono aumenti o diminuzioni del prezzo base fino al 10% o al 25%, a seconda delle caratteristiche del prodotto. Ciò, ovviamente, facilita una discrezionalità nei comportamenti tra singole industrie e op che spesso, a seconda delle vicende climatiche e di mercato, possono tradursi in condizioni molto penalizzanti per i produttori agricoli.
Per quanto riguarda le quantità contrattate, si avranno dati certi non prima del 24 marzo, termine ultimo per la presentazione dei contratti ad Agea e Agrea. Le prime stime parlano di circa 26 milioni di quintali contrattati nel Centro-nord, 14 milioni circa nel Sud e 10-11 milioni relativi al mondo dell’autotrasformazione. Se tali stime saranno confermate, si arriverà a circa 52 milioni di quintali contrattati, ben al di sotto dei 61 dello scorso anno.
Ricordo, comunque, che la contrattazione del 10% in meno rispetto alla scorsa campagna è l’impegno previsto nell’Intesa nazionale di filiera, stipulata il 21 febbraio scorso in seno all’Organismo interprofessionale ortofrutticolo, come espressamente previsto dal decreto n. 102 (Nuova regolamentazione dei rapporti di filiera).

Mancano i contratti quadro
Proprio in base alla nuova normativa, tuttavia, quello che finora è mancato è il momento intermedio tra Intesa nazionale di filiera e contratti specifici, ovvero la stipula dei contratti quadro da parte delle associazioni di categoria interessate.
I contratti quadro, in effetti, sono un anello importante della campagna perché traducono le linee guida dell’Intesa nazionale in adempimenti precisi a carico delle industrie e delle organizzazioni dei produttori, riguardo a tempi e condizioni per le consegne, ma soprattutto alle caratteristiche e modalità dei controlli sulla materia prima all’ingresso in stabilimento. Hanno, quindi, una funzione importante di garanzia e tutela degli interessi di tutti, ma soprattutto dei produttori, e possono assicurare, quindi, un corretto andamento della campagna, tenendo presente le specificità dei diversi bacini produttivi.
Al momento della stipula dell’Intesa interprofessionale le industrie posero precise riserve sulla possibilità di firmare dei contratti quadro nei pochi giorni rimasti prima della scadenza contrattuale, dato che i loro contenuti, essendo vincolanti nei confronti delle loro associate, dovevano essere oggetto di discussione interna al fine di ottenere deleghe formali alla loro firma. Il tempo era, inoltre, insufficiente se si volevano far precedere i singoli contratti dai contratti quadro, come la logica vorrebbe, dato che gli uni dovrebbero seguire le linee guida degli altri.
Le difficoltà successive incontrate nella firma dei contratti hanno, tuttavia, spinto la parte agricola a tornare sull’argomento e a richiedere, attraverso lo stesso Ministero, la stipula dei contratti quadro per avere maggiori garanzie in corso di campagna.
La convocazione della filiera, da parte del Mipaf, il 9 marzo scorso, è nata quindi da questa esigenza dei produttori, a cui in un primo momento le organizzazioni industriali non hanno risposto in modo positivo. In una successiva riunione, il Mipaf ha proposto una bozza di canovaccio contrattuale e ha ottenuto in risposta una prima disponibilità a discuterne da parte dell’Aiipa (industriali del Centro-nord). Resta, invece, ancora netta la chiusura di Anicav (industriali del Sud) per la nota mancanza di delega dai propri associati.
La nuova riunione del 28 marzo prossimo, sempre presso il Mipaf, vedrà, quindi, con ogni probabilità la firma di un contratto quadro tra industriali e op del Centro-nord Italia, che in una certa misura supplirà alla mancanza del solito accordo interprofessionale degli anni scorsi. Per opportuna conoscenza va menzionata, infine, la recente firma di un contratto quadro tra Fedagri-Confcooperative, da una parte, e Unaproa, dall’altra, che riguarda, ovviamente, solo il mondo della cooperazione organizzata in op e associata a Confcooperative e a Unaproa.
Va ricordato, infine, che in questo contratto quadro è incluso l’impegno a trasformare solo pomodoro nazionale, scelta importante ma non difficile data la natura stessa dei contraenti. Sarebbe probabilmente difficile introdurre un obbligo analogo in contratti quadro tra industrie e produttori, dato l’uso ricorrente che le nostre industrie nazionali fanno del concentrato estero. Questo è comunque un punto delicato che dovrà essere sciolto in futuro, perché l’impegno delle nostre op a piantare meno pomodoro per non appesantire il mercato, salvaguardare i prezzi e ottenere un aiuto comunitario pieno, non dovrebbe essere vanificato da parte delle industrie con un maggiore ricorso alle importazioni di derivati di pomodoro dall’estero, come purtroppo è avvenuto negli ultimi anni..

Sommario rivista Giuliana Roncolini


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