|
La crisi di questi ultimi anni ha spinto i produttori italiani a
investire maggiormente sulla propria imprenditorialità, sulle indagini
di mercato e a conoscere meglio anche i propri limiti. Purtroppo
permangono alcuni ostacoli culturali, a partire dall’insufficiente
capacità in termini di marketing, e le croniche resistenze a fare
sistema.
La carrellata di interviste ad alcuni dei principali attori del
sistema vitivinicolo del nostro Paese che proponiamo in questo
Supplemento de L’Informatore Agrario è, riteniamo, una buona opportunità
per conoscere non solo lo stato di salute del vino italiano, ma anche
per cercare di valutarne le prospettive.
E, stando alle risposte dei nostri interlocutori, si evidenzia,
nonostante la lucida analisi critica nei confronti dei numerosi limiti
del «Sistema vino Italia», una buona dose di ottimismo che è
fondamentale per affrontare sfide sempre più complesse.
Un ottimismo che viene confermato proprio in questi giorni da
un’indagine realizzata in collaborazione tra Vinitaly e www.winenews.it,
uno dei siti più cliccati del mondo del vino.
A cinquanta tra le più importanti aziende vitivinicole italiane, per
storia, volume d’affari e immagine, è stato chiesto come vedono il nuovo
anno, da poco iniziato. Il 44% delle aziende sondate sente «a pelle» che
il 2007 sarà un anno positivo, e la stessa percentuale lo reputa in
prospettiva abbastanza positivo, mentre il restante 12% si aspetta un
2007 molto positivo.
Guardando «in casa» propria, le aziende non cambiano sostanzialmente le
loro previsioni: il 56% si aspetta un 2007 positivo, il 35% molto
positivo e il 9% abbastanza positivo, in virtù di previsioni sul
fatturato 2007, le quali indicano, a grande maggioranza (87%), che
percentualmente ci sarà una buona/ottima crescita (con un range che va
dal 5% al 20%); solo per il 13% delle aziende il fatturato 2007 resterà
stabile (su quello 2006).
«L’export 2006 tocca quota 3 miliardi e 200 milioni di euro secondo i
più recenti dati Istat – ha affermato Giovanni Mantovani, direttore
generale VeronaFiere. Ciò significa che in termini di valore è cresciuto
di oltre il 6-7% sull’anno precedente. Già il Vinitaly 2006, con i primi
due giorni in cui avevamo registrato un 15% in più di presenze di buyer,
segnalava che il mercato era in forte ripresa. Il 2007 si annuncia
altrettanto interessante».
Con una maggioranza «bulgara» (ben il 95%), le 50 cantine tra le più
importanti d’Italia confermano che il 2007 sarà un anno di vero e
proprio boom per l’export del vino italiano; solo il 5% delle aziende
sondate si aspetta invece una stabilità sul 2006, che peraltro ha fatto
segnare un significativo aumento percentuale sul 2005 che tocca quasi il
10%.
A sostenere questo diffuso ottimismo anche la buona crescita in termini
di vendita dei vini che occupano la fascia di prezzo che va dai 5 ai 15
euro (franco cantina), indicati dal 57% del campione come i prodotti più
venduti; apprezzabile anche la percentuale delle aziende che vede
crescere la richiesta dei vini posizionati nella fascia di prezzo tra i
15 e i 50 euro (30%), mentre il 13% delle aziende intervistate indica in
crescita la vendita dei vini che costano fino a 5 euro (franco cantina).
Il campione delle 50 cantine fra le più importanti d’Italia ha anche
stilato una sorta di classifica dei Paesi/mercati più importanti per
l’export dei vini italiani: al primo posto, nei mercati «in», ci sono
gli Stati Uniti (indicati dal 35% delle aziende), al secondo la Gran
Bretagna (20%), al terzo la Russia (20%), al quarto il Canada (15%) e al
quinto il Giappone, a pari merito con l’India (5%).
A questa speciale classifica, si contrappone quella dei Paesi/mercati
«out» per i vini italiani: per il 35%, la Germania, un tempo fra i
«clienti» di riferimento per le imprese vitivinicole italiane, è al
primo posto, seguita da Francia (30%), Cina (15%), che sorprendentemente
non sembra ancora essere entrata a pieno regime nei meccanismi
commerciali delle aziende, Svizzera e Italia (10%), che resta, senza
sorprese, ancora un mercato in qualche modo un po’ in difficoltà.
Ma gli imprenditori del vino italiano dimostrano anche di non perdere il
contatto con la realtà: il presente, e soprattutto il futuro, rimangono
incerti, ed è impensabile che il mercato del vino, pur dimostrando una
ripresa incoraggiante, possa essere completamente uscito dalla crisi.
Ecco allora le aziende stilare una sorta di «classifica» delle
preoccupazioni più impellenti, che vede ai primi tre posti la
possibilità di perdita della nostra competitività internazionale (per il
31% del campione), la ancora persistente debolezza nei consumi (26%) e
la concorrenza dei Paesi del Nuovo mondo (17%); seguono le incognite
politico-economiche (13%), una generica incertezza sul futuro (10%) e,
da ultimo, problemi valutari (3%).
|