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Gli obiettivi italiani per la nuova ocm
ortofrutta |
Definite le posizioni al tavolo agroalimentare
Giudizi sostanzialmente positivi sul documento presentato dal ministro De
Castro ai rappresentanti della filiera. Spaccatura netta tra le associazioni
agricole sull’avvio del disaccoppiamento totale
La riforma dell’ocm ortofrutticola sta proseguendo a ritmo sostenuto,
aiutata anche dal vento a favore della presidenza tedesca della Commissione
europea, che intende, con forte determinazione, varare il regolamento entro
la fine del proprio mandato, ovvero il 30 giugno prossimo.
È probabile che tale sforzo avrà successo, nonostante la resistenza opposta
dal Governo francese, ormai in pieno clima elettorale.
Negli ultimi giorni, in sede europea, vi sono stati ulteriori chiarimenti
del testo di riforma, da parte dei funzionari della DG Agri, nel corso del
gruppo consultivo ortofrutticolo del 9 marzo, mentre il 21 marzo, nel corso
di un’audizione pubblica, è stato illustrato il progetto di risoluzione del
Parlamento europeo, a opera della relatrice Maria Isabel Salinas Garcia.
Ma una delle tappe di maggior rilievo per il comparto ortofrutticolo
italiano può considerarsi la riunione del Tavolo agroalimentare del 15 marzo
scorso, aperta dal presidente del Consiglio Romano Prodi, in cui il ministro
delle politiche agricole, Paolo De Castro, ha presentato un documento sulla
riforma costituito da otto obiettivi negoziali, che dovranno guidare
l’attività del ministro nel lavoro (già avviata) di mediazione e alleanza
con altri Stati membri, in occasione dei prossimi Consigli europei.
In base anche ai commenti espressi dalle diverse organizzazioni della
filiera presenti al Tavolo si può riassumere, in sintesi, un giudizio
favorevole sull’impianto del documento, sufficientemente completo nell’aver
affrontato tutti i nodi critici del testo di proposta della Commissione.
Inoltre l’impostazione dei diversi problemi tiene conto, in modo evidente,
delle posizioni espresse in questi mesi dalle diverse rappresentanze della
filiera ortofrutticola.
Poca attenzione sul lavoro
Forse, come sottolineato dai sindacati dei lavoratori (Fai, Flai, Uila), nel
documento manca un’attenzione specifica al tema del lavoro, che, al
contrario, è un argomento niente affatto banale per il settore
ortofrutticolo, anche se, in realtà, al punto 4 del documento (applicazione
graduale del disaccoppiamento degli aiuti ai prodotti trasformati) viene
espressa dal Governo una forte preoccupazione per una probabile contrazione
troppo violenta della produzione e uno squilibrio, forse irreversibile, di
tutto il sistema organizzato in seguito a un’opzione drastica, come
l’immediato disaccoppiamento totale degli aiuti, soprattutto in un comparto
di eccellenza per l’Italia, qual è il pomodoro trasformato.
Le divisioni sul disaccoppiamento
Entrando maggiormente nel merito di questo punto, che è quello più
«sensibile» di tutto il documento ministeriale, è chiara la volontà del
Governo di introdurre il disaccoppiamento «con gradualità, applicando per un
periodo transitorio una formula di disaccoppiamento parziale», posizione
peraltro condivisa dalla maggioranza del Tavolo, ma con una spaccatura netta
nei confronti di due importanti organizzazioni professionali agricole,
Coldiretti e Confagricoltura, che, attraverso i loro presidenti, Sergio
Marini e Federico Vecchioni, hanno riconfermato, al contrario, la loro
richiesta di un’applicazione immediata, e cioè dall’1-1-2008, del
disaccoppiamento totale degli aiuti.
La situazione, dunque, non è facile, dato che sul fronte opposto non vi sono
solo le rappresentanze della cooperazione, delle industrie e dei sindacati,
che ovviamente tendono a difendere un sistema organizzato che altrimenti
potrebbe saltare, ma anche di quella parte di agricoltori rappresentata
dalla Cia e dalla Copagri.
Al Tavolo, il presidente della Cia, Giuseppe Politi, ha riconfermato,
infatti, una posizione espressa da mesi su questo punto, ovvero la necessità
di un «atterraggio morbido» per tutta la filiera, compresi i produttori,
verso la modalità del disaccoppiamento totale, attraverso un periodo di
transizione indispensabile per non destabilizzare il comparto nel suo
insieme e assicurare ancora all’Italia la sua leadership in campo mondiale
per il pomodoro trasformato.
Contro l’ipotesi di disaccoppiamento totale, comunque, vi sarà anche uno
sciopero, indetto dai sindacati il 30 marzo prossimo, che vedrà la
partecipazione dei lavoratori di tutta la filiera, al fine di tutelare
maggiormente l’occupazione attraverso la richiesta di forme graduali e di
interventi di riorganizzazione del comparto.
Passando ora alle altre problematiche affrontate nel documento, ricordo
brevemente quella relativa alle misure sulle crisi di mercato, la cui
gestione, nel testo della Commissione, viene affidata alle organizzazioni
dei produttori (op), senza tuttavia aumentare il massimale di aiuto al loro
Fondo di esercizio.
L’obiettivo negoziale, in questo caso, consiste nella richiesta di
stralciare tali misure dai programmi operativi delle op, prevedendo un
regime separato e con risorse finanziarie dedicate. Ciò corrisponde,
peraltro, a quanto richiesto da tutti gli agricoltori e le cooperative
europei.
Allo stesso modo, anche la richiesta di una maggiorazione fino al 6% del
tetto massimo del 4,1% di contributo comunitario al Fondo di esercizio delle
op è condivisa dalle organizzazioni europee.
In questo caso balza agli occhi la posizione contraddittoria della
Commissione che, da una parte, intende rafforzare il ruolo delle op,
affidando loro nuove e importanti responsabilità, sia a livello promozionale
che ambientale, oltre alla gestione delle suddette crisi di mercato, e,
dall’altra, lascia immutato il tetto massimo di aiuto comunitario, già
ampiamente utilizzato dalle op più importanti a livello economico.
La replica della commissaria sull’insostenibilità, in termini di budget,
dell’aumento della percentuale richiesto non appare del tutto pertinente,
dato che finora, a causa di una insufficiente aggregazione dell’offerta
ortofrutticola, tale budget non è stato pienamente utilizzato.
Origine del prodotto e norme commerciali
Rispetto al punto relativo all’obbligo di indicazione dell’origine del
prodotto, è assolutamente fondamentale che il Governo italiano ribadisca
l’importanza di tale adempimento per i prodotti ortofrutticoli.
Quest’ultimo, insieme ad altri obblighi, come l’indicazione della varietà e
del calibro e la standardizzazione del confezionamento, rientra nelle
cosiddette norme di qualità, o meglio di commercializzazione, che sono parte
integrante del regolamento 2200/96 tuttora in vigore, ma che vengono
inspiegabilmente eliminate nel testo di riforma.
L’assenza di norme su tale importante materia (e la sua eventuale
sostituzione con iniziative private e accordi volontari tra i soggetti della
filiera) costituisce una grave lacuna legislativa che elimina uno strumento
fondamentale non solo di politica commerciale, ma anche di regolazione del
mercato comunitario. Il complesso di tali norme, tra cui anche l’indicazione
di origine dei prodotti, deve quindi rimanere competenza del Consiglio dell’Ue,
nell’ambito del prossimo regolamento dell’ocm.
Ultima considerazione, non marginale, su quanto emerge dalla lettura del
documento è l’espressione di una reale determinazione, da parte del
ministro, di assicurare un titolo di pagamento unico, sia ai produttori di
ortofrutticoli freschi, che finora godevano unicamente degli aiuti indiretti
ai programmi operativi delle op, sia ai produttori pataticoli, che non fanno
parte dell’ocm ortofrutticola, ma che, al pari dei produttori di
ortofrutticoli freschi, risentiranno di probabili danni derivanti da una
distorsione della concorrenza, in seguito alla volontà della Commissione di
sopprimere il divieto della loro produzione sui terreni eleggibili, di cui
all’art. 51 del reg. 1782/2003.
Tale intenzione, grazie anche a un decreto ricognitivo in via di
pubblicazione, è concreta e assolutamente condivisibile.
Resta il problema dell’entità delle risorse che saranno necessarie e che,
probabilmente, verranno prelevate dalla riserva nazionale. È un punto
delicato che tocca, più in generale, scelte di politica nazionale e che,
quindi, va trattato con la necessaria cautela, considerando che fino a oggi
(2005 e 2006) il taglio degli aiuti destinato alla riserva si è attestato
sull’8,03%.
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