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Le estirpazioni dell’ocm vino fanno discutere |
Lascia perplessi l’impiego ipotizzato di ingenti risorse per
un’operazione che, in condizioni di mercato, probabilmente avverrebbe
comunque. Paradossali le sovvenzioni all’espianto a ridosso di una
liberalizzazione dei diritti d’impianto
Nel giugno 2006 la Commissione europea ha presentato una serie di
valutazioni preliminari su diverse ipotesi di riforma per l’organizzazione
comune di mercato del vino. Da allora il confronto si è sviluppato in
diversi ambiti, da quelli locali a quello nazionale fino al Parlamento
europeo.
I cambiamenti proposti nell’ipotesi suggerita dalla Commissione sono
radicali e si propongono di riavvicinare sensibilmente i produttori al
mercato, come già fatto con la riforma delle altre ocm a partire, in
particolare, dal 2003.
Il punto di partenza dell’analisi proposta dalla Commissione,
sostanzialmente condivisibile, è la valutazione del ruolo negativo che di
fatto hanno svolto le attuali misure di mercato, e in particolare le
distillazioni, comprese quelle di emergenza o di crisi, nel creare e
mantenere nel tempo una situazione di squilibrio strutturale tra domanda e
offerta sul mercato Ue.
Le valutazioni di impatto ma anche la situazione dei mercati e le continue e
insistenti richieste di distillazione, anche per vini di qualità, ne sono,
purtroppo, una evidente testimonianza.
Tra i diversi strumenti ipotizzati dalla Commissione per ristabilire un
migliore equilibrio di mercato, è prevista anche la possibilità di
introdurre un aiuto all’estirpazione per 400.000 ha in 5 anni, a fronte di
una spesa massima prevista di 2,4 miliardi di euro.
Se si considera l’attuale squilibrio tra domanda e offerta, questa strumento
potrebbe avere una sua validità come aiuto transitorio finalizzato ad
accompagnare rapidamente verso l’uscita dal settore quei viticoltori che si
trovano in maggiori difficoltà dal punto di vista della redditività e,
soprattutto, quelli che potrebbero subire i maggiori contraccolpi a seguito
dell’eliminazione degli aiuti alla distillazione.
Questa proposta, tuttavia, ha suscitato molte preoccupazioni, variamente
motivate.
Anzitutto c’è un problema di efficacia: in passato, strumenti di questo tipo
non hanno permesso di ottenere i risultati sperati. A questo proposito è
utile notare che erano comunque rimasti attivi gli altri sostegni indiretti
alla redditività del settore (distillazioni) e ciò poteva fare la
differenza.
L’altro aspetto che fa sollevare qualche perplessità è il timore che possano
essere indotti all’abbandono i viticoltori che operano in aree marginali
dove gli effetti negativi del fenomeno, in termini ambientali e di tutela
del territorio e del contesto rurale, potrebbero essere particolarmente
negativi e importanti. D’altro canto, in molti casi le produzioni ottenute
in territori «difficili» o sono già state valorizzate adeguatamente dai
produttori, o lo saranno (e lo dovranno essere) in un prossimo futuro, anche
utilizzando strumenti finanziari presenti nell’ambito delle misure per lo
sviluppo rurale.
In altri casi, invece, dove la presenza della viticoltura fosse di
particolare importanza per il mantenimento dell’assetto idrogeologico, per
la produzione di valenze di tipo paesaggistico e per altre esternalità
ambientali positive, si dovrebbero comunque prevedere, finalmente,
specifiche misure nell’ambito del «secondo pilastro», e in particolare delle
misure dell’Asse 2, atte a compensare tale produzione di beni e servizi di
natura pubblica dell’agricoltore, dopo una loro adeguata valutazione
economica.
In caso contrario, cioè in assenza di una sufficiente redditività diretta e
di un adeguato ed eventualmente ben motivato sostegno pubblico per la
produzione di benefici di questa natura per la collettività, anche senza un
incentivo all’estirpazione, questi produttori non resteranno in attività per
lungo tempo.
Ma l’aspetto più preoccupante a proposito di questa misura è la decisione,
se venisse confermata, di destinare a essa un ammontare di risorse
certamente assai significativo, in realtà solo per sostenere un espianto che
in condizioni di mercato probabilmente avverrebbe comunque in assenza di
competitività e in un mercato più libero di manifestare i suoi effetti.
Potrebbe addirittura sembrare paradossale, inoltre, procedere a un espianto
sovvenzionato a ridosso di una liberalizzazione di diritti all’impianto,
qualora fosse approvata la proposta della Commissione, che lascerebbe
prevedere un successivo significativo nuovo incremento delle superfici a
vigneto.
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