|
|
Alla politica chiediamo più concretezza |
Le politiche agricole, nei programmi dei due schieramenti in vista
delle prossime elezioni, sono trattate o in modo troppo sintetico o con
analisi strategiche un po’ generiche. Occorrerebbe invece più precisione nel
definire dove si vuole arrivare e in quali tempi
Le elezioni sono alle porte e tutti i partiti, e le coalizioni a cui
appartengono, hanno avviato la campagna al fine di convincere i cittadini a
esprimere una preferenza a loro favore. Nei mesi scorsi abbiamo assistito a
mille polemiche, talora sensate, sovente speciose, sugli argomenti più
disparati, quasi sempre dettate da eventi contingenti o dalla necessità di
far emergere le contraddizioni della coalizione avversaria, quasi mai
rivolte a chiarire la propria posizione sulle tematiche realmente
importanti. In queste ultime settimane le due coalizioni hanno finalmente
reso pubblici i propri programmi, succinto quello della Casa delle libertà
(20 pagine), ponderoso quello dell’Unione (280 pagine).
La dimensione non è, di per sé, un indicatore di qualità. Al proposito, sul
Corriere della Sera l’economista Francesco Giavazzi ha evidenziato i limiti
della «programmite», una malattia piuttosto diffusa in Italia, che prevede
l’esibizione di lunghi e noiosi elenchi di cose da fare, che pochi leggono e
pochissimi rileggono a elezioni concluse. In linea di principio, quindi, può
essere del tutto ragionevole concentrarsi su poche proposte, a condizione
che siano quelle rilevanti per il Paese ed esposte in modo chiaro.
In questa sede appare opportuno verificare le parti dei programmi che fanno
capo all’agricoltura. Cominciamo con la Casa delle libertà. Il tema
dell’agricoltura è trattato al comma 12 del punto n. 3 (sviluppo economico e
competitività) ed è articolato in cinque brevi capoversi, in cui si
manifesta la determinazione a realizzare un «programma unico» di
coordinamento degli interventi comunitari e un «piano unico di sviluppo
rurale», oltre a investimenti volti al ricambio generazionale e a una non
meglio identificata «rilettura» della normativa sulla caccia. Probabilmente,
il carattere sintetico del documento ha in buona sostanza spinto gli
estensori a rinunciare ad aggredire i temi agricoli e a rimandarne l’analisi
e la soluzione in sede di programmazione fine, attraverso la redazione di
Testi unici. Come dire: ci penseremo dopo.
Del resto, mezza pagina su venti sono poco più del 2%, giusto quanto vale il
settore in termini di valore aggiunto (anche se conta quasi il 5% di
occupati e rappresenta quasi due milioni di aziende). La «programmite» avrà
i suoi limiti, ma anche le liste sintetiche «per punti» mostrano tutta la
loro debolezza quando trascurano aspetti molto rilevanti, ancorché non di
gran moda, come l’agricoltura.
Veniamo all’Unione, che a pagina 154 del tomo riporta le politiche per
l’agricoltura, all’insegna dello slogan «Il nuovo made in Italy
agroalimentare». L’orientamento di fondo è così sintetizzabile: sì
all’apertura dei mercati, no al protezionismo, ma desideriamo per l’Italia
un’agricoltura sostenibile e alimenti sicuri, nel rispetto dell’ambiente e
dei diritti dei lavoratori. Insomma, un’agricoltura di qualità. Seguono tre
fitte cartelle sugli ulteriori sviluppi delle linee strategiche, nelle quali
si afferma la necessità di avviare «un grande processo di cambiamento
competitivo, attraverso una vera innovazione».
Lo sforzo di analisi strategica è meritevole e le parole d’ordine ci sono
tutte. Tuttavia, nel descrivere gli indirizzi politici, sarebbe buona prassi
far seguire alle enunciazioni di principio, necessariamente generiche,
alcuni elementi concreti, specificando gli obiettivi in termini quantitativi
e le modalità con cui si intende agire. Gli esperti di qualità amano
ripetere che gli obiettivi devono essere smart (specific, measurable,
affordable, realistic, time-scheduled): in una sola parola, concreti.
Francamente, sotto questo punto di vista l’attuale programmazione agricola è
molto migliorabile. Accanto alle tante variazioni del verbo fare
(valorizzare, diffondere, rafforzare, promuovere, ecc.), ci starebbe bene
qualche numero che segnali tangibilmente dove si vuole arrivare e con quali
tempi. Insomma, occorrerebbe dimostrare, anche riguardo agli obiettivi volti
a potenziare la competitività della nostra agricoltura, la stessa precisione
e la stessa chiarezza di idee con le quali, nell’ultima parte del testo
dell’Unione, sono indicate le esigenze di ristrutturazione degli apparati
burocratico-istituzionali, quali il nuovo Ministero e l’Agenzia nazionale
per la sicurezza alimentare, ovvero il riordino di Agea, Ismea, Cra, Unire,
Inea e Inran. Infatti, è giusto ribadire che solo di fronte a idee chiare ed
espresse in modo trasparente gli elettori potranno realmente giudicare i
loro governanti..
|