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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
10
 9 - 15 Mar.

  2007
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Attualità POLITICA

Poche imprese moderne trainano l’agricoltura

Indagine censis confagricoltura

L’innovazione e il coraggio imprenditoriale sono il comune denominatore delle aziende che meglio sanno affrontare il mercato. I problemi maggiori nascono però dalle inefficienze del sistema

«C’è un nucleo vitale che proietta l’agricoltura italiana in avanti, si tratta di una minoranza trainante che ha adottato la cultura moderna di fare impresa e di gestire un’azienda agricola». Federico Vecchioni intende concentrare le attenzioni di Confagricoltura sulle imprese agricole che guardano al futuro con coraggio e spirito imprenditoriale. «L’obiettivo – prosegue Vecchioni – è quello di individuare modelli ed esempi che hanno saputo superare con successo le evoluzioni economiche e politiche avvenute nel recente periodo, e inoltre di suggerire modalità per prepararsi ad affrontare il mercato nel prossimo periodo».
In vista del Forum nazionale «Futuro fertile», che si svolgerà dal 22 al 24 marzo prossimi a Taormina, Confagricoltura ha voluto analizzare un campione di 302 imprese agricole caratterizzate da accentuati livelli di innovazione e capaci di esprimere articolate strategie di mercato. Il campione studiato ha come riferimento un universo di 490.000 imprese agricole italiane con un fatturato superiore a 10.000 euro. Sono queste le aziende che producono il 90% del valore aggiunto dell’agricoltura, anche se costituiscono solo un quarto delle aziende censite dall’Istat, pari a 1.830.000, e circa la metà delle 960.000 aziende iscritte alle Camere di commercio.


Lo studio realizzato dal Censis fa comprendere che i problemi reali incontrati dall’azienda non riguardano l’impresa in sé, ma sono esterni, e più precisamente:
• prezzo di fattori e mezzi di produzione;
• il costo del lavoro;
• la burocrazia e i rapporti con la Pubblica amministrazione;
• il reperimento di manodopera qualificata.

Le aziende innovative non percepiscono invece come problemi reali quelli che dipendono dalle capacità e abilità imprenditoriali, come la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti, il costo delle consulenze, il miglioramento delle tecniche colturali, l’innovazione di processo e di prodotto.
Quando ci sono sviluppo economico e progetti innovativi l’azienda non si «defamiliarizza», ovvero figli e parenti vengono coinvolti nella attività favorendo il cambiamento e la successione imprenditoriale.
È anche interessante osservare come le aziende studiate si stiano orientando verso il mercato per affrontare direttamente le esigenze del consumatore. Così il 50% di esse ha deciso di proporre sul mercato propri marchi e il 31% si è organizzata per la vendita diretta al consumatore.
Ma ciò che più dimostra la propensione al mercato è che il 27% delle azienda analizzate già opera su mercati internazionali e non solo in Europa ma anche America e Asia. Oltre questa quota già molto rilevate vi è un ulteriore 11,6% che si sta organizzando per promuovere i propri prodotti all’estero.
Nell’insieme delle aziende analizzate il Censis osserva anche aspetti critici che possono mettere a rischio la competitività di una parte del campione.
Vi è infatti un 12% di aziende che negli ultimi tre anni ha avuto prestazioni di bilancio poco brillanti o che ha dimostrato scarsa dinamicità e mancanza di una chiara strategia di mercato.
È probabile che dette aziende, se non avranno in breve tempo successori nella gestione, si troveranno nella necessità di vendere la proprietà o di cedere la gestione a terzi. Da un punto di vista generale, però, anche questa evoluzione non sarebbe del tutto negativa, poiché potrà favorire una concentrazione delle imprese agricole che per numerosi aspetti risulta auspicabile per consentire lo sviluppo di chi ha volontà e capacità di crescita.
In occasione del Forum di Confagricoltura, in programma a Taormina (Messina) a fine marzo, vi sarà modo di analizzare più nel dettaglio lo studio del Censis e di confrontarlo anche con esperienze dirette di imprenditori agricoli. Sarà inoltre particolarmente interessante il confronto con altri settori produttivi come industria, commercio e servizi, perché il progetto del presidente Vecchioni è di ricollocare l’agricoltura all’interno del sistema economico italiano e soprattutto di far comprendere e apprezzare la spinta economica che il settore primario italiano può dare in una Unione Europea allargata e in una economica globalizzata.

 

Sommario rivista

Giovanni Rizzotti


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