POLITICA |
|
Poche imprese moderne trainano l’agricoltura |
Indagine censis confagricoltura
L’innovazione e il coraggio imprenditoriale sono il comune denominatore
delle aziende che meglio sanno affrontare il mercato. I problemi maggiori
nascono però dalle inefficienze del sistema
«C’è un nucleo vitale che proietta l’agricoltura italiana in avanti, si
tratta di una minoranza trainante che ha adottato la cultura moderna di fare
impresa e di gestire un’azienda agricola». Federico Vecchioni intende
concentrare le attenzioni di Confagricoltura sulle imprese agricole che
guardano al futuro con coraggio e spirito imprenditoriale. «L’obiettivo –
prosegue Vecchioni – è quello di individuare modelli ed esempi che hanno
saputo superare con successo le evoluzioni economiche e politiche avvenute
nel recente periodo, e inoltre di suggerire modalità per prepararsi ad
affrontare il mercato nel prossimo periodo».
In vista del Forum nazionale «Futuro fertile», che si svolgerà dal 22 al 24
marzo prossimi a Taormina, Confagricoltura ha voluto analizzare un campione
di 302 imprese agricole caratterizzate da accentuati livelli di innovazione
e capaci di esprimere articolate strategie di mercato. Il campione studiato
ha come riferimento un universo di 490.000 imprese agricole italiane con un
fatturato superiore a 10.000 euro. Sono queste le aziende che producono il
90% del valore aggiunto dell’agricoltura, anche se costituiscono solo un
quarto delle aziende censite dall’Istat, pari a 1.830.000, e circa la metà
delle 960.000 aziende iscritte alle Camere di commercio.
Lo studio realizzato dal Censis fa comprendere che i problemi reali
incontrati dall’azienda non riguardano l’impresa in sé, ma sono esterni, e
più precisamente:
• prezzo di fattori e mezzi di produzione;
• il costo del lavoro;
• la burocrazia e i rapporti con la Pubblica amministrazione;
• il reperimento di manodopera qualificata.
Le aziende innovative non percepiscono invece come problemi reali quelli che
dipendono dalle capacità e abilità imprenditoriali, come la distribuzione e
la commercializzazione dei prodotti, il costo delle consulenze, il
miglioramento delle tecniche colturali, l’innovazione di processo e di
prodotto.
Quando ci sono sviluppo economico e progetti innovativi l’azienda non si «defamiliarizza»,
ovvero figli e parenti vengono coinvolti nella attività favorendo il
cambiamento e la successione imprenditoriale.
È anche interessante osservare come le aziende studiate si stiano orientando
verso il mercato per affrontare direttamente le esigenze del consumatore.
Così il 50% di esse ha deciso di proporre sul mercato propri marchi e il 31%
si è organizzata per la vendita diretta al consumatore.
Ma ciò che più dimostra la propensione al mercato è che il 27% delle azienda
analizzate già opera su mercati internazionali e non solo in Europa ma anche
America e Asia. Oltre questa quota già molto rilevate vi è un ulteriore
11,6% che si sta organizzando per promuovere i propri prodotti all’estero.
Nell’insieme delle aziende analizzate il Censis osserva anche aspetti
critici che possono mettere a rischio la competitività di una parte del
campione.
Vi è infatti un 12% di aziende che negli ultimi tre anni ha avuto
prestazioni di bilancio poco brillanti o che ha dimostrato scarsa dinamicità
e mancanza di una chiara strategia di mercato.
È probabile che dette aziende, se non avranno in breve tempo successori
nella gestione, si troveranno nella necessità di vendere la proprietà o di
cedere la gestione a terzi. Da un punto di vista generale, però, anche
questa evoluzione non sarebbe del tutto negativa, poiché potrà favorire una
concentrazione delle imprese agricole che per numerosi aspetti risulta
auspicabile per consentire lo sviluppo di chi ha volontà e capacità di
crescita.
In occasione del Forum di Confagricoltura, in programma a Taormina (Messina)
a fine marzo, vi sarà modo di analizzare più nel dettaglio lo studio del
Censis e di confrontarlo anche con esperienze dirette di imprenditori
agricoli. Sarà inoltre particolarmente interessante il confronto con altri
settori produttivi come industria, commercio e servizi, perché il progetto
del presidente Vecchioni è di ricollocare l’agricoltura all’interno del
sistema economico italiano e soprattutto di far comprendere e apprezzare la
spinta economica che il settore primario italiano può dare in una Unione
Europea allargata e in una economica globalizzata.
|