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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
10
 9 - 15 Mar.

  2007
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Editoriale

Un’ocm ortofrutta senza privilegiati
C. Giacomini

L’abolizione dell’articolo 51 contenuta nella proposta di riforma dell’ocm che molti temono va inquadrata nel contesto di una generale apertura al mercato. I pericoli della sovrapproduzione vanno esorcizzati organizzando meglio l’offerta

Pretendere che la riforma di una ocm trovi tutti d’accordo sarebbe troppo, ma la recente proposta di riforma dell’ocm ortofrutta ha sollevato reazioni in tutte le direzioni.
Con riferimento alle principali, si può dire che la riconferma della percentuale di cofinanziamento dei piani operativi delle op entro il limite del 4,1% non ha certamente soddisfatto le attese.
La decisione, poi, di adottare il disaccoppiamento totale degli aiuti per l’ortofrutta trasformata ha registrato reazioni positive, negative e prudenti rispetto a possibili soluzioni per una transizione morbida (si veda L’Informatore Agrario n. 7/2007). Dal disaccoppiamento dipende, inoltre, un grosso punto di domanda, vale a dire è ancora molto incerto se il consolidamento degli aiuti nel premio unico avverrà rispettando i diritti dei beneficiari storici, oppure se il massimale nazionale verrà «spalmato», applicando una sorta di regionalizzazione, a vantaggio di tutte le superfici coltivate a ortofrutticoli.
Alla stessa logica è legata anche la decisione di abrogare l’articolo 51 del regolamento n. 1782/2003, il quale esclude le colture permanenti e i prodotti di cui ai regolamenti n. 2200/1996 e n. 2201/2006 (in pratica, ortofrutticoli e patate) dalle possibili utilizzazioni degli «ettari ammissibili» ai diritti di aiuto.
Sul primo punto non si registrano molte reazioni; forse non c’è abbastanza fantasia per proporre delle soluzioni, o si dà già per scontato che, essendo stato deciso una volta di non adottare la regionalizzazione, anche questa volta la proposta «oscena» della Commissione venga respinta.
Sulla decisione di abrogare l’articolo 51 si leggono, invece, numerose reazioni negative. Gli argomenti portati sono soprattutto due: il primo è che, rendendo ammissibili le produzioni ortofrutticole su terreni che hanno concorso alla formazione del premio unico aziendale, si potrebbero creare delle condizioni di concorrenza sleale, in quanto questi agricoltori sarebbero nelle condizioni di accettare prezzi più bassi per le produzioni ottenute su questi terreni, rispetto a coloro che non beneficiano degli stessi aiuti. Il secondo argomento è connesso al primo, in quanto si teme che togliendo il divieto di destinare a colture ortofrutticole gli «ettari ammissibili», si possa verificare un incremento senza controllo degli investimenti con gravi ricadute sul mercato.
Capisco le preoccupazioni, ma forse la proposta della nuova ocm ortofrutta vuole segnare una svolta nell’iter di attuazione della riforma Fischler.
Anch’io sono stato d’accordo, nel momento in cui si discuteva se passare subito al disaccoppiamento totale oppure no, di non applicare nel nostro Paese la regionalizzazione. Mi sembrava un passo troppo difficile da far digerire, soprattutto per chi considerava l’aiuto per cereali, oleaginose, proteoleaginose e per le produzioni zootecniche come una compensazione, e così all’origine l’aveva chiamata anche la Commissione, per i mancati redditi collegati alla riduzione dei prezzi garantiti.
Ma che senso ha mantenere questo diritto come una specie di privilegio storico, creando forti sperequazioni tra azienda e azienda e tra agricoltore e agricoltore, quando tutti devono affrontare lo stesso mercato?
Il maggior merito che viene riconosciuto alla riforma Fischler è quello di aprire l’agricoltura al mercato e alla concorrenza, per cui non è coerente mantenere delle situazioni di privilegio legate solo dal fatto che qualcuno negli anni presi a riferimento coltivava quel prodotto che per una disposizione del momento beneficiava di un aiuto diretto. Alla luce di questa riflessione mi pare corretta la proposta della Commissione di introdurre nel settore ortofrutticolo una specie di «regionalizzazione» degli aiuti ora riservati solo ai trasformati. Sulla base dello stesso ragionamento si può considerare coerente anche la decisione di abolire l’articolo 51.
Se la riforma Fischler apre l’agricoltura al mercato, perché si dovrebbe togliere il requisito di «ettari ammissibili» a quelli che venissero coltivati con produzioni ortofrutticole? Prima di tutto, abbiamo già avuto una brutta esperienza con divieti di questo tipo quando si sono vietati nuovi impianti di vigneto, e poi non si può aprire al mercato e, nello stesso tempo, non permettere agli imprenditori di decidere liberamente le colture da attuare. Non ho mai visto imprenditori che decidano di vendere a meno se il mercato fa un certo prezzo, soprattutto se ciò non ha alcuna relazione con redditi già acquisiti come è il premio unico aziendale. Infine, per esorcizzare i pericoli di sovrapproduzione, la migliore cura resta il mercato e la capacità degli agricoltori di organizzare l’offerta. Gli strumenti ci sono ed è ora di usarli.
 

Sommario rivista Corrado Giacomini


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