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Un’ocm ortofrutta senza privilegiati |
L’abolizione dell’articolo 51 contenuta nella proposta di riforma
dell’ocm che molti temono va inquadrata nel contesto di una generale
apertura al mercato. I pericoli della sovrapproduzione vanno esorcizzati
organizzando meglio l’offerta
Pretendere che la riforma di una ocm trovi tutti d’accordo sarebbe
troppo, ma la recente proposta di riforma dell’ocm ortofrutta ha sollevato
reazioni in tutte le direzioni.
Con riferimento alle principali, si può dire che la riconferma della
percentuale di cofinanziamento dei piani operativi delle op entro il limite
del 4,1% non ha certamente soddisfatto le attese.
La decisione, poi, di adottare il disaccoppiamento totale degli aiuti per l’ortofrutta
trasformata ha registrato reazioni positive, negative e prudenti rispetto a
possibili soluzioni per una transizione morbida (si veda L’Informatore
Agrario n. 7/2007). Dal disaccoppiamento dipende, inoltre, un grosso punto
di domanda, vale a dire è ancora molto incerto se il consolidamento degli
aiuti nel premio unico avverrà rispettando i diritti dei beneficiari
storici, oppure se il massimale nazionale verrà «spalmato», applicando una
sorta di regionalizzazione, a vantaggio di tutte le superfici coltivate a
ortofrutticoli.
Alla stessa logica è legata anche la decisione di abrogare l’articolo 51 del
regolamento n. 1782/2003, il quale esclude le colture permanenti e i
prodotti di cui ai regolamenti n. 2200/1996 e n. 2201/2006 (in pratica,
ortofrutticoli e patate) dalle possibili utilizzazioni degli «ettari
ammissibili» ai diritti di aiuto.
Sul primo punto non si registrano molte reazioni; forse non c’è abbastanza
fantasia per proporre delle soluzioni, o si dà già per scontato che, essendo
stato deciso una volta di non adottare la regionalizzazione, anche questa
volta la proposta «oscena» della Commissione venga respinta.
Sulla decisione di abrogare l’articolo 51 si leggono, invece, numerose
reazioni negative. Gli argomenti portati sono soprattutto due: il primo è
che, rendendo ammissibili le produzioni ortofrutticole su terreni che hanno
concorso alla formazione del premio unico aziendale, si potrebbero creare
delle condizioni di concorrenza sleale, in quanto questi agricoltori
sarebbero nelle condizioni di accettare prezzi più bassi per le produzioni
ottenute su questi terreni, rispetto a coloro che non beneficiano degli
stessi aiuti. Il secondo argomento è connesso al primo, in quanto si teme
che togliendo il divieto di destinare a colture ortofrutticole gli «ettari
ammissibili», si possa verificare un incremento senza controllo degli
investimenti con gravi ricadute sul mercato.
Capisco le preoccupazioni, ma forse la proposta della nuova ocm ortofrutta
vuole segnare una svolta nell’iter di attuazione della riforma Fischler.
Anch’io sono stato d’accordo, nel momento in cui si discuteva se passare
subito al disaccoppiamento totale oppure no, di non applicare nel nostro
Paese la regionalizzazione. Mi sembrava un passo troppo difficile da far
digerire, soprattutto per chi considerava l’aiuto per cereali, oleaginose,
proteoleaginose e per le produzioni zootecniche come una compensazione, e
così all’origine l’aveva chiamata anche la Commissione, per i mancati
redditi collegati alla riduzione dei prezzi garantiti.
Ma che senso ha mantenere questo diritto come una specie di privilegio
storico, creando forti sperequazioni tra azienda e azienda e tra agricoltore
e agricoltore, quando tutti devono affrontare lo stesso mercato?
Il maggior merito che viene riconosciuto alla riforma Fischler è quello di
aprire l’agricoltura al mercato e alla concorrenza, per cui non è coerente
mantenere delle situazioni di privilegio legate solo dal fatto che qualcuno
negli anni presi a riferimento coltivava quel prodotto che per una
disposizione del momento beneficiava di un aiuto diretto. Alla luce di
questa riflessione mi pare corretta la proposta della Commissione di
introdurre nel settore ortofrutticolo una specie di «regionalizzazione»
degli aiuti ora riservati solo ai trasformati. Sulla base dello stesso
ragionamento si può considerare coerente anche la decisione di abolire
l’articolo 51.
Se la riforma Fischler apre l’agricoltura al mercato, perché si dovrebbe
togliere il requisito di «ettari ammissibili» a quelli che venissero
coltivati con produzioni ortofrutticole? Prima di tutto, abbiamo già avuto
una brutta esperienza con divieti di questo tipo quando si sono vietati
nuovi impianti di vigneto, e poi non si può aprire al mercato e, nello
stesso tempo, non permettere agli imprenditori di decidere liberamente le
colture da attuare. Non ho mai visto imprenditori che decidano di vendere a
meno se il mercato fa un certo prezzo, soprattutto se ciò non ha alcuna
relazione con redditi già acquisiti come è il premio unico aziendale.
Infine, per esorcizzare i pericoli di sovrapproduzione, la migliore cura
resta il mercato e la capacità degli agricoltori di organizzare l’offerta.
Gli strumenti ci sono ed è ora di usarli.
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