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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
9
 2 - 8 Mar.

  2007
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Attualità POLITICA

Finalmente una buona notizia per lo zucchero italiano

Niente tagli ulteriori per il nostro settore bieticolo-saccarifero

Grazie alla compattezza del settore e all’efficace opera diplomatica del ministro De Castro, i bieticoltori possono guardare al futuro con più ottimismo confermando i piani produttivi previsti

Sospiro di sollievo, soddisfazione unanime, ringraziamenti sentiti al ministro Paolo De Castro e ai suoi collaboratori: questi i commenti «a caldo» che sono circolati dopo il Comitato di gestione zucchero del 22 febbraio scorso, nel quale si è deliberato sul cosiddetto taglio preventivo alla produzione della campagna saccarifera 2007-2008. Commenti pertinenti, alla luce dei rischi che si stavano profilando per la filiera bieticolo-saccarifera italiana, poi sventati grazie a un cambio di rotta all’ultimo minuto del commissario Mariann Fischer Boel, a sua volta ispirato dal nostro ministro dell’agricoltura.

Le puntate precedenti
Sul tema del taglio preventivo questa rivista si è già ampiamente soffermata (vedi L’Informatore Agrario numeri 5 e 6 di quest’anno). In rapida sintesi, riassumiamo di seguito i termini del problema.
A causa del ridotto ricorso al Fondo di ristrutturazione, le imprese saccarifere dei Paesi più favoriti hanno conservato in Europa elevati livelli produttivi, con la conseguenza di mantenere un mercato squilibrato e prezzi zucchero inadeguati. Di fronte a situazioni di eccesso di offerta (che, nel caso specifico della campagna 2007-2008 sono stati stimati in circa 4 milioni di tonnellate), la normativa zucchero ha originariamente introdotto antidoti normativi di routine sotto forma di tagli alla produzione, da decidere a ottobre, a produzione già realizzata.
Il carattere di inefficacia di tale sistema ai fini di prevenzione del formarsi delle eccedenze ha tuttavia indotto la Fischer Boel a fine gennaio, con il placet delle principali organizzazioni di rappresentanza europee, a ideare una modifica tecnico-giuridica alla norma ordinaria, sotto forma di nuovo regolamento a carattere temporaneo per il solo 2007-2008 (con l’intendimento però di trasformarlo in misura standard in prospettiva), volto a prestabilire a febbraio l’entità provvisoria del taglio, da fissarsi definitivamente secondo la norma ordinaria a ottobre, per consentire agli operatori di adeguarsi per tempo, modulando semine e piani produttivi.
Ma fin dall’inizio è emerso un punto dolente: il carattere lineare (o erga omnes, che dir si voglia) della misura. Come dire: tutti insieme a pagare allo stesso modo, per eccessi produttivi che vanno univocamente imputati ai soli Paesi eccedentari, a fronte di altri Paesi incolpevoli perché già alleggeritisi di quota.
Di fronte alla minaccia di una tale misura, le associazioni bieticole e le società saccarifere italiane si sono mobilitate e hanno chiesto un incontro con il ministro il 15 febbraio. De Castro ha fatto proprie le preoccupazioni espresse e si è fatto carico di portare avanti la linea di difesa dell’interesse nazionale.
È stata così imbastita una intensa trama diplomatica verso tutte le direzioni utili.
Nei giorni convulsi che hanno preceduto la riunione di Comitato, il ministro De Castro ha fatto valere l’incongruità di una misura erga omnes e la sua palese contraddittorietà con i principi della riforma stessa, aprendo politicamente la strada al suo staff tecnico, che ha consolidato la linea. Il risultato di questa manovra è stato incerto fino all’ultimo, quando, a poche ore dall’inizio della riunione, la Commissione ha presentato un progetto diverso da quello, allarmante, della prima ora, e che ha raccolto i desiderata italiani, grazie all’esclusione dell’Italia e degli altri Paesi che hanno conferito al Fondo il 50% e oltre della propria quota originaria dall’applicazione del taglio preventivo, lasciando a tutti gli altri Paesi il compito di coprire il riassorbimento della eccedenza, oggi quantificata nel 13,5% della produzione in quota.
La nuova impostazione non ha sollevato obiezioni (solo la Grecia ha votato contro, per coerenza con una linea da sempre critica verso la riforma) e ha superato l’esame del Comitato di gestione con una approvazione sostanziale di fatto che si tradurrà in atto formale in ambito di Commissione europea nella prima seduta utile dell’Esecutivo. Unico aspetto da chiarire è se il maggior ritiro di ottobre riguarderà, qualora applicato, i Paesi inizialmente esclusi.
Un vero colpo di scena dunque, che ha sollevato giusti entusiasmi e che ha fatto esclamare «giustizia è fatta», anche se si potrebbe meglio dire «ingiustizia è evitata», visto che la vera giustizia si potrebbe raggiungere solo con la revisione di una riforma zucchero iniqua e discriminatoria, vera fonte di queste distorsioni.

Qualcosa non va nell’ocm
Come d’abitudine, dopo la cronaca è legittima qualche considerazione.
La prima riguarda i riflessi della decisione comunitaria. Si può correttamente affermare che si è riusciti a evitare un guaio grosso, quello di vedersi ritirare circa 100.000 t di zucchero (con la certezza di un loro aumento a ottobre, una volta noti i dati finali dell’eccedenza europea), con inevitabile riporto delle stesse alla successiva campagna 2008-2009.
Con due conseguenze rilevanti: economica, per i costi del riporto (non particolarmente forti, ma pur sempre importanti in una fase di margini ridotti come l’attuale), e produttiva, per il minor spazio a disposizione per la campagna 2008, la cui quota sarebbe stata in parte già «occupata» dal riportato dall’annata precedente.
Le imprese agricole, insomma, possono superare le ansie degli ultimi giorni. I bieticoltori, che avevano accusato qualche titubanza in fase di ritiro del seme, possono tornare tranquillamente agli iniziali piani di investimento.
La seconda considerazione riguarda la prospettiva.
La questione del ritiro, con il suo felice epilogo, non è che la classica punta dell’iceberg. Esso poggia infatti su una base tematica più vasta, che riguarda il mancato obiettivo di un ridimensionamento rapido dell’arsenale produttivo europeo, che continua a essere elefantiaco rispetto alla capacità di assorbimento del mercato interno e, soprattutto, non riesce a imporsi una cura dimagrante efficace.
Il commissario all’agricoltura sta seriamente pensando di avere sbagliato qualcosa nella ricetta con la quale ha condito la riforma del settore, in particolare per ciò che riguarda lo strumento del Fondo di ristrutturazione che evidentemente non è stato considerato sufficientemente appetitoso da parte degli operatori, i quali hanno preferito non rinunciare alla produzione.
Sulla base di questa analisi il commissario è già arrivato alla conclusione che occorre dare più appeal al Fondo, rendendolo non solo più ricco ma anche più accessibile alla volontà dei bieticoltori, fino a oggi rimasti comprimari di seconda fila rispetto a un potere di decisione pressoché esclusivamente assegnato alla componente industriale. In alternativa, potrebbe esserci un’applicazione anticipata di taglio quota rispetto alla scadenza naturale della fase transitoria (2010), addolcito da aiuti (oggi previsti solo per la cessione volontaria della ristrutturazione), oppure uno sconto su tale taglio, o altro ancora.
Tutti meccanismi che – sembra ormai certo – verranno proposti dalla Commissione al Consiglio, che potrebbe emanare un regolamento a fine anno. Si tratterà di un appuntamento importante: una sorta di sequel della riforma e, comunque, di pari importanza della stessa per quanto riguarda la programmazione produttiva di medio periodo e la fissazione definitiva del profilo del settore in Italia.
Non sarebbe fuori luogo prendere seriamente in considerazione questo aspetto e, magari, puntare a una Conferenza nella quale Mipaaf, enti locali, operatori e sindacati possano chiarire le convergenze su obiettivi, strategie e percorsi di conseguimento.

 

 

Sommario rivista

Carlo Biasco
Direttore generale
Associazione nazionale bieticoltoria


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