POLITICA |
|
Ocm ortofrutta errori da correggere |
Intervista al direttore di APOT Dal Piaz
Vi sono diversi aspetti che devono essere migliorati ma fra tutti il più
importante è quello della dotazione finanziaria
Dopo aver presentato i contenuti salienti della riforma dell’ocm ortofrutta
e aver raccolto alcuni pareri sugli aspetti più controversi di questa
proposta (vedi L’Informatore Agrario n. 4, 5 e 8/2007) continuiamo il nostro
giro d’orizzonte tra gli operatori del settore con il punto di vista di
Alessandro Dal Piaz, direttore di Apot, l’Associazione dei produttori
ortofrutticoli trentini, una realtà rappresentativa di un segmento
fondamentale della produzione ortofrutticola nazionale: le mele.
«Nel testo presentato il 24 gennaio scorso – dice Dal Piaz – i concetti di
fondo sono condivisibili, ma troviamo anche tanti dettagli che potrebbero
essere migliorati. Preciso subito, comunque, che le nostre valutazioni sono
riferite prevalentemente al settore del fresco».
«Innanzitutto – prosegue – vorrei sottolineare una questione sostanziale e
cioè la dotazione finanziaria. Tenuto conto che il 20% delle risorse
potrebbe essere indirizzato alle azioni ambientali, con il restante 80% le
op dovrebbero “gestire crisi” o contribuire sui costi per assicurazioni.
Rispetto alla precedente ocm sarebbe probabilmente rispettata la neutralità
del bilancio comunitario, non certo la neutralità del bilancio delle op.
È fondamentale quindi un recupero di risorse senza le quali molti obiettivi
sono destinati a rimanere tali».
«Importante inoltre – afferma Dal Piaz – ci pare il riconoscimento di alcune
situazioni, nello specifico quelle citate all’articolo 9 comma 2, alle quali
indirizzare un supplemento di sostegno comunitario in funzione di un
processo di aggregazione che deve continuare. Questo passaggio rischia però
di restare lettera morta se non verrà eliminato il limite di contribuzione
oggi fissato al 4,1%, che comporterebbe una riduzione della capacità di
investimento delle op pari a circa il 17%. E ciò vale anche per la quota di
finanziamento dei ritiri a finalità umanitarie.
Su tale aspetto vorremmo sollecitare una ulteriore considerazione, per
inserire tra i costi ammissibili la trasformazione del prodotto fresco e il
suo trasporto fuori dal mercato comunitario. Oggi è praticamente impossibile
portare il prodotto fresco ritirato su mercati terzi, ma con la
trasformazione ciò potrebbe essere possibile. Allora, fatto salvo
l’indirizzo umanitario dell’azione, assisteremmo a un effettivo
allegerimento del mercato.
L’attrattività delle op nei confronti dei produttori non associati va
migliorata se si vuole aumentare l’aggregazione dell’offerta, ma come?
La nostra realtà provinciale è un’eccezione rispetto alla media nazionale,
perché aggrega circa il 90% dei produttori, che vedono e sentono nelle op
quello strumento senza il quale non ci sarebbe un mercato.
In questa situazione crediamo ci sia poco da migliorare in termini
aggregativi. Certamente invece c’è da lavorare in termini di ulteriore
guadagno di efficienza del sistema delle op. Anche questo è un capitolo sul
quale siamo fortemente impegnati.
Ciò non toglie che a livello nazionale sia auspicabile un salto in avanti
del sistema aggregato, che potrebbe consentire un guadagno in termini di
peso contrattuale del settore produttivo.
Ci tengo però a sottolineare che servono op reali, strutturate, in grado di
coordinare e valorizzare il prodotto e orientare il mercato. Anche su questo
ci pare che la proposta di riforma abbia introdotto qualche aspetto serio.
Come giudica il ritiro del prodotto in gestione esclusiva alle op?
Valgono le considerazioni appena citate, ma è bene sottolineare che un
sistema di organizzazioni di produttori efficiente è sicuramente una chiave
importante alla quale i produttori non associati devono guardare con
attenzione.
Detto questo, per quanto riguarda le crisi di mercato a noi piace usare il
termine «prevenzione», più che gestione.
In tale ottica siamo dell’idea che la proposta per la costituzione di un
Osservatorio delle produzioni ortofrutticole comunitarie, almeno per le
colture più importanti, potrebbe fornire utili elementi di conoscenza della
situazione, aiutando i produttori nelle giuste scelte e quindi nella
prevenzione delle crisi di mercato.
Conoscere e prevenire è certamente meno costoso che gestire una crisi.
L’opzione Osservatorio potrebbe tra l’altro comprendere un corretto
monitoraggio di costi e prezzi, dalla produzione al consumatore, da
utilizzare magari per tenere un occhio attento allo stato di salute di ogni
prodotto, anche per intervenire tempestivamente con misure appropriate.
Su questa strada importantissima è l’azione che deve svolgere il Ministero,
in stretto raccordo con i servizi comunitari, nell’apertura di mercati di
interesse per il nostro export.
Sembra che qualcosa finalmente si muova, ma è determinante essere attivi su
questo tema. L’export è infatti un meccanismo che può aiutare a mantenere in
equilibrio il mercato interno.
Potremmo parlare anche delle questioni fitosanitarie e dei problemi che ne
conseguono, ma andremmo fuori tema.
La possibilità ora concessa di coltivare ortofrutticoli anche su terreni
già ammessi ai contributi pac, con l’ingresso possibile di nuovi produttori
nel settore, è un pericolo reale?
Penso di sì, anche se è difficilmente quantificabile e comunque diverso da
settore a settore.
Certo è che ci pare una politica un po’ contraddittoria, pensando agli
orientamenti sugli aiuti di Stato che valutano gli aiuti in funzione di un
possibile effetto distorsivo del mercato, per poi veder legittimato un aiuto
a superficie accessibile a chi ha maturato determinati diritti e quindi per
sua natura distorsivo.
Un’attenzione particolare, secondo noi, va posta anche sulle norme di
qualità. La proposta di riforma sembra in qualche modo allentare l’interesse
su tale tema, ma noi diamo una lettura prevalentemente positiva a tale
impostazione.
Certamente sarà però necessaria la massima attenzione da parte dei diversi
settori per chiedere il mantenimento di norme di qualità adeguate alle
esigenze di ogni singolo prodotto.
Infine, la promozione ai consumi. Come evitare inutili dispersioni di
fondi e dare incisività ed efficacia all’azione?
Servirebbero di sicuro più risorse da investire in tale ambito, dove esiste
uno squilibrio altissimo tra investimenti di altri settori concorrenziali
con l’agricoltura e investimenti del settore agricolo.
Siamo comunque dell’idea che sia urgente una strategia nazionale con
un’azione di coordinamento centrale, attraverso la quale rivedere i punti
cardine della promozione.
«Pochi e ben divisi» non è certo l’assioma di riferimento per un settore
come il nostro.
Apprezzabile è l’obiettivo di sostenere il consumo attraverso progetti
cofinanziati al 60% per azioni mirate ai giovani sotto i 18 anni.
Potrebbe però essere interessante estendere tale percentuale a tutti i
progetti indirizzati al consumo di ortofrutta, prevedendo, come accennato,
risorse adeguate.
|