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Latte in nero e quote, una storia ancora aperta |
Interviene ancora la Magistratura
L’aggiramento delle quote latte con relativa truffa ai danni dello
Stato è oggetto di un’inchiesta partita dal Piemonte ed estesa a diverse
regioni del Nord Italia
Produzione di latte e quote non rispettate: quando ormai si pensava che
questa anomalia, tutta italiana, della gestione delle quote latte fosse
messa in un angolo buio della storia dell’agricoltura nazionale, nel
capitolo dei casi insoluti, torna invece alla ribalta delle cronache
giudiziarie. Sono di questi giorni, infatti, le notizie che riguardano
Giovanni Robusti, storico capo dei Cobas del latte, coinvolto in
un’inchiesta partita dal Piemonte, denominata «Black milk», che fa
riferimento all’elusione del regime delle quote latte.
Il sistema delle truffe
Un’accusa che riguarda una rete di società che avrebbe consentito a 508
produttori di latte di frodare per sette anni consecutivi, dal 1998 al 2004,
il regime delle quote. Un sistema, quello messo in atto in Piemonte, molto
simile a quello creato in tutte le regioni del Nord, soprattutto in
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Ma a fare scalpore è che il sopraddetto sistema messo sotto accusa regge
nonostante la maglia dei controlli sui primi acquirenti si sia fatta sempre
più stringente. Inoltre il Sian (Sistema informatico agricolo nazionale)
permette alle amministrazioni regionali di poter fotografare in ogni istante
il livello delle consegne dei produttori ai primi acquirenti e di
conseguenza valutare le modalità e la misura delle trattenute del prelievo
sulle produzioni eccedenti le quote aziendali effettuate dai primi
acquirenti.
Purtroppo, però, succede che, come nel caso della Lombardia, ci siano una
decina di caseifici, tutti riconoscibili poiché con nomi e sigle molto
simili, che ritirano latte senza effettuare le trattenute previste dalla
legge 119/03. Molti di questi primi acquirenti effettuano sia il conto
lavorazione sia la commercializzare in proprio.
Tale produzione in Lombardia può essere stimata tra il 5 e il 10% del
totale, pari a circa 2-4 milioni di quintali di latte, che viene venduto a
prezzi decisamente più bassi di quelli di mercato. Tant’è vero che si parla
di 0,30 euro/L.
Si può comprendere, dunque, che tale produzione, oltre a essere tutta fuori
quota, crea una forte distorsione all’interno del mercato del latte, con
ripercussioni non indifferenti sui prodotti lattiero-caseari. In questo
senso si registra l’approvazione, da parte del Consorzio di tutela del Grana
Padano, della modifica del disciplinare di produzione che, tra le novità,
prevede i divieti dei conti lavorazione o in affitto e di utilizzo di latte
proveniente da stalle non rispettose del regime comunitario delle quote,
oltre a quello di produrre formaggi similari usando le stesse strutture
utilizzate per lavorare il Grana Padano.
Questo provvedimento consentirà agli agenti vigilatori del Consorzio di
intervenire nei confronti di chiunque commetta infrazioni o irregolarità a
danno della dop.
I comportamenti delle cooperative, che evitano di versare il prelievo
incidendo sulla compensazione e sulle multe che l’Italia deve poi versare
alla casse dell’Erario comunitario, restano comunque ancora possibili.
Infatti, nonostante la sentenza della Corte di giustizia europea,
l’abrogazione del comma 551 della Finanziaria 2005 e le sentenze di svariati
tribunali ordinari e amministrativi, esistono ancora sospensive sul
versamento del prelievo emesse da organi, spesso non competenti, che
bloccano l’attività istituzionale di controllo e sanzione per avere superato
la quota aziendale di produzione di latte assegnata. Perché questo succeda e
resti possibile, non è del tutto chiaro.
A ciò si aggiunge il dato della mancata revoca della qualifica di primo
acquirente, ovvero di soggetto in grado di trattenere e versare le somme
dovute, a quei caseifici che operano fuori dal regime delle quote latte.
Tant’è vero che dove l’attività sanzionatoria è partita (come nel caso
appunto del Piemonte) si è assistito a un effetto «migrazione» dei
produttori che sono andati a conferire ad altri primi acquirenti posti in
altre regioni.
Ad esempio in Lombardia i produttori coinvolti in questo sistema di mancato
rispetto totale del sistema quote latte e che non hanno neppure aderito alla
rateizzazione del prelievo dovuto sono stimabili in circa 400 (allevatori
lombardi hanno un esubero produttivo che è più che doppio rispetto alla
quota posseduta) su un totale di circa 8.000 allevatori.
In Veneto non è ancora stato dimenticato l’episodio presso la sede
dell’Associazione regionale allevatori di Padova dove, a novembre dello
scorso anno, c’è stato un tentativo di aggressione da parte di produttori
che continuano a non rispettare la legge nazionale sulle quote latte.
Purtroppo questo mancato sanzionamento equivale a oltre 1.800 milioni di
euro che l’Italia deve ancora versare all’Unione Europea e che pesa su tutta
l’agricoltura nazionale.
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