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Sviluppo rurale all’ultima chiamata |
Una pianificazione incisiva degli interventi finanziati dai prossimi
Piani di sviluppo rurale appare di importanza fondamentale per ridare
competitività alle aziende, specie nella prospettiva di un radicale cambio
della pac che dal 2013 imporrà un drastico taglio ai fondi per l’agricoltura
Parlare oggi di sviluppo rurale, alla luce della nuova pac e del prossimo
allargamento a 27 Stati membri, significa parlare di uno degli aspetti più
innovativi e, guardando al futuro, fondamentali della politica agricola
comunitaria. Tale considerazione nasce dalla consapevolezza di come lo
scenario economico, sociale e produttivo dell’Unione Europea sia
notevolmente cambiato nel corso degli ultimi decenni e, soprattutto, come i
fattori che hanno portato a questa evoluzione non abbiano ancora esaurito la
loro spinta propulsiva. Senza tralasciare poi un «piccolissimo» ma
fondamentale particolare, cioè che le aree rurali nell’Unione Europea
allargata rappresentano il 90% del territorio comunitario.
Tra questi fattori di cambiamento, primi fra tutti, appaiono i nuovi bisogni
della società moderna. Negli ultimi venti anni la sensibilità dell’opinione
pubblica europea è profondamente mutata; il cittadino-consumatore rivolge
oggi un’estrema attenzione alle tematiche dell’ambiente, della qualità e
della sicurezza alimentare, della produzione biologica, del benessere degli
animali, e su questi temi attende dall’Unione Europea risposte sempre più
avanzate. Risposte che, in larga parte, sono state date con la nuova pac, ma
che vengono fortemente ribadite nel nuovo regolamento sullo sviluppo rurale.
Sebbene a fronte di queste importanti richieste – che possono essere
esaudite principalmente dall’attività agricola – i Governi di alcuni Paesi
membri, Gran Bretagna in testa, hanno preferito rinunciare al pieno
conseguimento degli obiettivi di sviluppo proposti dall’allora Commissione
Prodi pur di ridurre i loro contributi al bilancio comunitario. L’accordo
raggiunto dal Consiglio europeo nel dicembre 2005 sulle prospettive
finanziarie destina alle politiche per lo sviluppo rurale poco meno di 70
miliardi di euro (al netto della modulazione), un valore che denota una
diminuzione del 23% nei confronti della proposta originaria della
Commissione e che si quantifica in un calo per l’Italia del 13% rispetto
alla precedente programmazione 2000-2006.
Un taglio delle risorse che si va ad aggiungere a uno scenario poco
confortante per le imprese agricole italiane, molte delle quali in forte
sofferenza a causa delle crisi di mercato in atto in alcuni importanti
comparti.
E come se non bastasse anche le prospettive di medio-lungo periodo sugli
aiuti comunitari non sono così stabili come si può pensare. Nel 2013 la pac
sarà infatti profondamente modificata e di tali cambiamenti si comincerà a
parlare e trattare già nel 2008, cioè tra appena due anni. Occorre quindi
lavorare bene e in fretta per avviare rapidamente gli improcrastinabili
interventi di natura strutturale, indispensabili per assicurare
competitività al nostro sistema agroalimentare nella prospettiva post 2013.
Ecco allora che diventa fondamentale il Piano di sviluppo rurale, assurto
con la nuova pac e il disaccoppiamento degli aiuti al ruolo di principale
strumento per gli investimenti delle aziende agricole. Un regolamento che
interviene a sostegno delle aziende agricole e degli operatori nell’ambito
di una strategia più vasta che, esaltando il valore multifunzionale
dell’attività agricola e le caratterizzazioni socioculturali legate
all’alimentazione e al tessuto rurale, è finalizzata alla crescita di
territori la cui marginalizzazione rappresenta una minaccia non solo per il
patrimonio ambientale, culturale e sociale, ma anche per la tenuta dei
livelli di coesione sociale. La crescita di queste aree (o l’arresto del
loro depauperamento) rappresenta un valore collettivo entro il quale possono
essere ricavate risposte importanti sotto tanti profili. A partire dalle
necessità delle aree urbane e industrializzate che necessitano di fattori di
equilibrio demografico, di forme di articolazione della residenzialità che
sollecitano la qualificazione dei servizi e delle infrastrutture nelle aree
rurali, di spazi di preservazione ambientale. Solo alcuni esempi che
chiariscono come queste politiche abbiano un’importanza di natura collettiva
e principalmente extra agricola ed extra rurale.
Con la nuova programmazione viene rivolta una maggiore attenzione a questi
aspetti ed è evidente come la stessa contenga imprescindibili necessità di
integrazione con le altre politiche di crescita e sviluppo.
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