POLITICA |
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L’imbottigliamento divide ancora i vini doc |
In zona o fuori, non è una scelta semplice
Diverse denominazioni italiane hanno scelto di dire basta alla possibilità
di mettere in bottiglia il vino lontano dalla zona di produzione, ma gli
interessi in gioco sono molti e non facili da valutare.
Ci sono temi che ogni tanto ritornano in primo piano, al punto che talvolta
ci si chiede: «Ma come, non erano già stati risolti?». Uno di questi è
quello dell’obbligo dell’imbottigliamento in zona per i vini a denominazione
di origine controllata.
Allo stato attuale vi è circa una decina di denominazioni italiane, quasi
tutte le più importanti, che prevedono ancora la possibilità
dell’imbottigliamento al di fuori della zona di produzione della
denominazione.
Da alcuni anni sono in atto vari tentativi per modificare i disciplinari di
produzione al fine di imporre l’imbottigliamento in zona per tutte le doc
italiane. In taluni casi questo tentativo è andato a buon fine, in altri non
si è ancora arrivati a una definizione, come ad esempio, due doc storiche
quali il Soave e il Valpolicella.
Nel primo caso da circa due anni è stata approvata dal Consorzio di tutela,
con il sostanziale accordo di tutti i produttori, anche delle grandi
cooperative, la norma dell’imbottigliamento all’interno della provincia di
Verona.
Zona doc o provincia?
Quello di scegliere la provincia e non l’area precisa della denominazione è
una strada che allo stato attuale appare la più percorribile per grandi
denominazioni che storicamente hanno una notevole percentuale di prodotto
imbottigliato fuori dalla zona della denominazione.
«Da nostre stime – spiega Arturo Stocchetti, presidente del Consorzio di
tutela Soave doc – lo sfuso che esce dalla nostra zona di denominazione per
essere imbottigliato è di circa il 20% di cui circa il 18% addirittura
all’estero. Non poco. E questo determina ovviamente tutta una serie di
problematiche anche sul fronte dei controlli. Perché è ovvio che risulta
decisamente difficile andare a fare verifiche da imbottigliatori ad Amburgo
o Londra».
Ma se a Soave l’accordo sembra in dirittura d’arrivo ed è attesa la risposta
definitiva dal Ministero delle politiche agricole, in Valpolicella la
discussione è appena iniziata e subito sono emerse le divisioni.
Nel consiglio del Consorzio tutela vini Valpolicella dello scorso 5 febbraio
la maggioranza si è espressa a favore dell’imbottigliamento in zona di
produzione, quindi in termini ancora più restrittivi rispetto
all’imbottigliamento nella provincia di Verona, fatti salvi i diritti
acquisiti dagli imbottigliatori. Specificatamente questo diritto si ritiene
acquisito per coloro che hanno imbottigliato almeno per due anni, anche non
consecutivi, negli ultimi 8. Ma probabilmente quest’ultima questione andrà
meglio definita.
La restrizione dell’area di imbottigliamento è un punto estremamente
delicato, come ha sottolineato anche il presidente di Federdoc, Riccardo
Ricci Curbastro «in quanto vi sono denominazioni la cui economia complessiva
dipende ancora molto dall’imbottigliamento fuori zona». «Prima di arrivare,
quindi – ha aggiunto Ricci Curbastro – a scelte “integraliste” è bene
valutare l’impatto economico che queste possono avere sull’intera
denominazione. Per tale ragione noi come Federdoc (la Federazione che
raggruppa la maggioranza dei Consorzi di tutela italiani) riteniamo che la
situazione di ogni denominazione vada esaminata come caso particolare.
Inutile ricordare che dove i controlli funzionano si ridimensiona
notevolmente anche il problema dell’imbottigliamento fuori zona».
Interessante anche la posizione su questo tema di Giorgio Pasqua, presidente
della sezione vini in seno a Confindustria Verona, il quale sottolinea che
se si vuole dare credibilità alle denominazioni di origine bisogna
rispettare le regole, anche quelle più scomode. Ma i problemi non finiscono
qui. Nel caso si decida per l’imbottigliamento in zona, cosa ne sarà di
coloro che hanno diritti acquisiti da tempo?
«È l’aspetto che ci preoccupa di più e che di fatto sta rallentando le
decisioni a Roma» sottolinea Stocchetti. «Sarebbe infatti paradossale che si
arrivasse a ottenere l’obbligo dell’imbottigliamento in provincia, ma al
tempo stesso chi ha diritti acquisiti potesse continuare a imbottigliare
Soave a Berlino e Stoccolma. Noi stiamo spingendo perché si definisca un
tempo preciso, speriamo breve, di durata massima di questi diritti
acquisiti».
Il Tar blocca i controlli piemontesi |
Il Tar del Lazio ha accolto il 22 gennaio scorso la domanda
di sospensiva avanzata da Federdoc contro il sistema di
controlli stabilito dalla Regione, riconoscendo la «sussistenza
delle ragioni giustificative» addotte, «in ragione
dell’interesse collettivo rappresentato» e considerando validi i
«presupposti per accogliere … l’istanza»
Federdoc, a nome e nell’interesse dei 90 Consorzi di tutela vini
a denominazione di origine associati, rappresentativi dell’80%
della produzione doc italiana, aveva impugnato la delibera della
Regione Piemonte n. 21-3886 del 25 settembre 2006 recante
«Attivazione del sistema di controllo previsto dall’art. 3
quater della lr 13 maggio 1980 n. 39 su alcuni vini a
denominazione di origine controllata», perché in contrasto con
le disposizioni nazionali in materia di controlli sui vqprd (
legge 164/92, dm 29 maggio 2001 e provvedimenti successivi) e
lesiva degli interessi dei produttori vitivinicoli di altre
regioni, al momento impossibilitati a utilizzare analoghi
sistemi di garanzia».
«Siamo soddisfatti dell’ordinanza – ha precisato il presidente
di Federdoc Ricci Curbastro – perché sancisce il principio
sostanziale della competenza dello Stato italiano in materia di
tutela delle denominazioni di origine e ristabilisce un ordine
nazionale di interventi su una questione delicata». |
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