POLITICA |
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Le quote latte e gli «irriducibili», un problema
da risolvere |
Serve un dibattito franco e realistico a livello nazionale
La Commissione europea ha preparato una relazione che
interessa da vicino il nostro Paese e riguarda l’annosa vicenda delle quote
latte. Il documento, che dovrebbe essere presentato al prossimo Consiglio
agricolo del 26-27 febbraio, è una radiografia di tutti i dati sul pagamento
del prelievo supplementare da parte dei produttori italiani, dei gravi
problemi di riscossione che ci sono e dei risultati scaturiti con
l’applicazione della rateizzazione senza interessi per 14 anni delle multe
pregresse.
Non sarà sicuramente una bella figura per l’Italia che, dopo 23 anni
dall’introduzione della formula per regolare la produzione europea di latte,
non è ancora riuscita a mettere in trasparenza il sistema e a superare tutte
le anomalie e le distorsioni esistenti.
Per rendersene conto, è sufficiente osservare i dati riportati in tabella.
Ci sono allora sfide e decisioni importanti che devono essere affrontate in
Italia nel settore del latte bovino.
È necessario operare rispettando delicati equilibri, tenendo conto delle
diverse esigenze.
Da un lato si avverte il bisogno di attuare in modo puntuale le norme
comunitarie in materia di controllo della produzione (quote latte) e mettere
in equilibrio il mercato lattiero-caseario nazionale, da troppo tempo
condizionato dal peso delle eccedenze divenute ormai strutturali.
Dall’altro, va considerato che ci sono centinaia di imprese zootecniche che
hanno sbagliato a rapportarsi con il regime delle quote latte, ponendosi in
una situazione di pregiudiziale rifiuto a rispettare la disciplina
produttiva imposta da Bruxelles, ma presso questi allevamenti c’è una fetta
importante della produzione nazionale di latte cui non si può rinunciare
senza pagare un sacrificio in termini di apporto all’economia di certi
territori, di professionalità e di capacità competitiva.
È giusto tenere conto delle esigenze di chi per molti anni ha deciso di non
rispettare il regime delle quote? Ci sono gli spazi per salvare e dare
prospettive anche a queste imprese? È opportuno politicamente porsi tale
questione?
Va detto subito che il peso numerico delle aziende che hanno scelto la
strada della disobbedienza è limitato: stime accreditate indicano una
percentuale attorno al 2% dell’intera popolazione di produttori di latte.
Tuttavia, il loro peso in termini di produzione italiana di latte risulta
ben più consistente: c’è chi dice addirittura che esso sia superiore al 10%,
ma forse più ragionevolmente siamo sul 6-7%.
Una scelta di chiarezza
Nel 2007, dopo oltre 20 anni dall’introduzione del regime delle quote latte
e a distanza di 9 anni dalla sua soppressione, è necessario prendere una
decisione chiara e trasparente. Non si può continuare a fare finta di
niente.
Ci si deve porre il problema di come trattare una componente non secondaria
della zootecnia da latte nazionale. È conveniente andare avanti per inerzia,
in attesa di eventi esterni? Oppure non è più razionale sedersi attorno a un
tavolo e verificare se esistono le condizioni politiche e tecniche per
salvare almeno le aziende che potrebbero avere un futuro?
Le discussioni a livello europeo sul futuro del regime delle quote latte e
sull’eventuale modifica della normativa per attuare una fase di
accompagnamento e preparare il settore a un contesto senza contingentamento
dell’offerta è l’occasione giusta per una riflessione.
Si ipotizza, ad esempio, di consentire la libera commercializzazione delle
quote tra Paesi membri e questa operazione potrebbe aiutare le nostre
aziende più esposte a rivolgersi ai mercati dove il prezzo è molto più basso
rispetto a quello italiano per effettuare gli acquisiti necessari.
In sostanza, con il dibattito che si è aperto a livello europeo in materia
di decisioni da assumere sul futuro delle quote latte, si sono create anche
le condizioni per opzioni politiche fino a oggi non sostenibili.
Niente sanatorie
Chiaramente, il dibattito a livello nazionale non può concludersi mettendo
una pietra tombale sul passato e facendo finta di niente. Non si può, ad
esempio, ignorare che nel gruppo degli «irriducibili» che avversano il
sistema delle quote c’è una quota parte che ha approfittato della situazione
venutasi a creare con spericolate e spregiudicate manovre. Bisogna anche
fare appropriate considerazioni sulla non discriminazione e sulla parità di
trattamento nei confronti di chi si è sottoposto a scelte sacrificate.
Quindi non è possibile parlare, ad esempio, di sanatoria delle multe del
passato, ma si può forse ragionare sulla riapertura della rateizzazione per
un lungo periodo, magari senza interessi, così come previsto nella legge
119/2003.
In definitiva, l’accesso agevolato al pagamento rateale del prelievo e
all’acquisizione delle quote di produzione da parte di chi ne ha maggiore
bisogno deve avvenire in modo trasparente e concordato politicamente e,
soprattutto, evitando di compromettere gli equilibri di mercato che
faticosamente e con lentezza si stanno ricomponendo dopo gli anni bui della
crisi.
È arrivato insomma il momento di aprire un dibattito politico a livello
nazionale su tale scottante tema, in modo però franco e realistico e senza
posizioni preconcette.
Anzitutto però deve essere preliminarmente acquisito il parere di chi fino a
oggi ha deciso di rispettare le regole e di assumere sull’intera vicenda un
atteggiamento responsabile.
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