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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
6
 9 - 15 Feb.

  2007
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Attualità POLITICA

Le quote latte e gli «irriducibili», un problema da risolvere

Serve un dibattito franco e realistico a livello nazionale

La Commissione europea ha preparato una relazione che interessa da vicino il nostro Paese e riguarda l’annosa vicenda delle quote latte. Il documento, che dovrebbe essere presentato al prossimo Consiglio agricolo del 26-27 febbraio, è una radiografia di tutti i dati sul pagamento del prelievo supplementare da parte dei produttori italiani, dei gravi problemi di riscossione che ci sono e dei risultati scaturiti con l’applicazione della rateizzazione senza interessi per 14 anni delle multe pregresse.
Non sarà sicuramente una bella figura per l’Italia che, dopo 23 anni dall’introduzione della formula per regolare la produzione europea di latte, non è ancora riuscita a mettere in trasparenza il sistema e a superare tutte le anomalie e le distorsioni esistenti.
Per rendersene conto, è sufficiente osservare i dati riportati in tabella.
Ci sono allora sfide e decisioni importanti che devono essere affrontate in Italia nel settore del latte bovino.
È necessario operare rispettando delicati equilibri, tenendo conto delle diverse esigenze.
Da un lato si avverte il bisogno di attuare in modo puntuale le norme comunitarie in materia di controllo della produzione (quote latte) e mettere in equilibrio il mercato lattiero-caseario nazionale, da troppo tempo condizionato dal peso delle eccedenze divenute ormai strutturali.
Dall’altro, va considerato che ci sono centinaia di imprese zootecniche che hanno sbagliato a rapportarsi con il regime delle quote latte, ponendosi in una situazione di pregiudiziale rifiuto a rispettare la disciplina produttiva imposta da Bruxelles, ma presso questi allevamenti c’è una fetta importante della produzione nazionale di latte cui non si può rinunciare senza pagare un sacrificio in termini di apporto all’economia di certi territori, di professionalità e di capacità competitiva.
È giusto tenere conto delle esigenze di chi per molti anni ha deciso di non rispettare il regime delle quote? Ci sono gli spazi per salvare e dare prospettive anche a queste imprese? È opportuno politicamente porsi tale questione?
Va detto subito che il peso numerico delle aziende che hanno scelto la strada della disobbedienza è limitato: stime accreditate indicano una percentuale attorno al 2% dell’intera popolazione di produttori di latte. Tuttavia, il loro peso in termini di produzione italiana di latte risulta ben più consistente: c’è chi dice addirittura che esso sia superiore al 10%, ma forse più ragionevolmente siamo sul 6-7%.

Una scelta di chiarezza
Nel 2007, dopo oltre 20 anni dall’introduzione del regime delle quote latte e a distanza di 9 anni dalla sua soppressione, è necessario prendere una decisione chiara e trasparente. Non si può continuare a fare finta di niente.
Ci si deve porre il problema di come trattare una componente non secondaria della zootecnia da latte nazionale. È conveniente andare avanti per inerzia, in attesa di eventi esterni? Oppure non è più razionale sedersi attorno a un tavolo e verificare se esistono le condizioni politiche e tecniche per salvare almeno le aziende che potrebbero avere un futuro?
Le discussioni a livello europeo sul futuro del regime delle quote latte e sull’eventuale modifica della normativa per attuare una fase di accompagnamento e preparare il settore a un contesto senza contingentamento dell’offerta è l’occasione giusta per una riflessione.
Si ipotizza, ad esempio, di consentire la libera commercializzazione delle quote tra Paesi membri e questa operazione potrebbe aiutare le nostre aziende più esposte a rivolgersi ai mercati dove il prezzo è molto più basso rispetto a quello italiano per effettuare gli acquisiti necessari.
In sostanza, con il dibattito che si è aperto a livello europeo in materia di decisioni da assumere sul futuro delle quote latte, si sono create anche le condizioni per opzioni politiche fino a oggi non sostenibili.

Niente sanatorie
Chiaramente, il dibattito a livello nazionale non può concludersi mettendo una pietra tombale sul passato e facendo finta di niente. Non si può, ad esempio, ignorare che nel gruppo degli «irriducibili» che avversano il sistema delle quote c’è una quota parte che ha approfittato della situazione venutasi a creare con spericolate e spregiudicate manovre. Bisogna anche fare appropriate considerazioni sulla non discriminazione e sulla parità di trattamento nei confronti di chi si è sottoposto a scelte sacrificate.
Quindi non è possibile parlare, ad esempio, di sanatoria delle multe del passato, ma si può forse ragionare sulla riapertura della rateizzazione per un lungo periodo, magari senza interessi, così come previsto nella legge 119/2003.
In definitiva, l’accesso agevolato al pagamento rateale del prelievo e all’acquisizione delle quote di produzione da parte di chi ne ha maggiore bisogno deve avvenire in modo trasparente e concordato politicamente e, soprattutto, evitando di compromettere gli equilibri di mercato che faticosamente e con lentezza si stanno ricomponendo dopo gli anni bui della crisi.
È arrivato insomma il momento di aprire un dibattito politico a livello nazionale su tale scottante tema, in modo però franco e realistico e senza posizioni preconcette.
Anzitutto però deve essere preliminarmente acquisito il parere di chi fino a oggi ha deciso di rispettare le regole e di assumere sull’intera vicenda un atteggiamento responsabile.
 

Sommario rivista Giovanni Rizzotti


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