POLITICA |
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Tanti obiettivi ma poche risorse per l’ocm
ortofrutta |
Strada in salita per i produttori europei
Italiani, francesi e spagnoli riunitisi a Verona per valutare la
proposta di ocm hanno concordato sulla necessità di migliorarne molti
aspetti. Vecchioni: «La sfida per noi italiani è arrivare a Bruxelles con
una posizione unitaria»
Con grande tempestività, praticamente in contemporanea alla presentazione
della proposta di riforma dell’ocm ortofrutta, Confagricoltura Verona ha
organizzato dal 24 al 26 gennaio scorso presso la sede di Veronamercato, la
società di gestione del Centro agroalimentare della città scaligera, un
importante convegno-seminario per valutare gli effetti della nuova
regolamentazione e individuarne rischi e opportunità.
All’incontro, molto atteso e seguito, hanno partecipato tra gli altri il
vicepresidente della Regione Veneto e assessore all’agricoltura, Luca Zaia,
il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, produttori e operatori
nazionali del settore, oltre ai rappresentanti di organizzazioni
professionali francesi e spagnole (Fnsea e Asaja, rispettivamente).
L’insieme dei contributi forniti ha consentito un confronto sui vari aspetti
della proposta (vedi anche quanto pubblicato su L’Informatore Agrario n.
4/2007, pagine 9 e 10) veramente di ampio respiro.
Entrando subito nel merito della questione, e riprendendo in parte anche
quanto riportato nel comunicato finale congiunto emesso dalle tre
organizzazioni (Confagricoltura, Fnsea, Asaja), la riforma viene giudicata
condivisibile nei suoi principi ispiratori, ma da migliorare, potenziare e
adeguare sotto il profilo finanziario alle esigenze di un settore che
rappresenta circa il 18% del valore complessivo dell’agricoltura
comunitaria, ma che dall’Unione Europea riceve solo il 3,5% dei sostegni.
Il budget non cresce
In sostanza, la nuova ocm, come ha affermato il rappresentante di Asaja,
Cristobal Aguado, pur confermando nel segmento dei prodotti freschi il ruolo
centrale delle op per aggregare la produzione e, anzi, allargandone le
funzioni (ad esempio, nella gestione esclusiva all’interno dei programmi
operativi dei ritiri dal mercato in caso di crisi), non aumenta il budget
disponibile, lasciando fermo il massimale dell’aiuto finanziato al 4,1% del
valore della produzione commercializzata da ogni singola organizzazione di
produttori.
Sciogliere il nodo del budget finanziario, aumentando i fondi a
disposizione, appare quindi prioritario per dare nuovo slancio e appeal alle
op, almeno quanto migliorare il sistema di gestione delle crisi, in modo che
l’accesso agli strumenti previsti venga garantito a tutti i produttori
ortofrutticoli e non solo ai soci di op. Produttori perplessi anche di
fronte all’eliminazione dei vincoli previsti dall’ex art. 51 del regolamento
2200/1996, vale a dire per la possibilità ora concessa di coltivare
ortofrutticoli anche su terreni ammessi ai contributi della pac, il che
potrebbe implicare l’ingresso di nuovi produttori in un settore che è già da
tempo in difficoltà.
La proposta di riforma viene inoltre giudicata «pericolosa» laddove prevede
una disciplina nazionale per gestire l’ocm.
Da come si determinerà il regime di pagamento unico calcolato in base agli
aiuti storici a favore del produttore di ogni singolo Stato membro (per
l’Italia il plafond di aiuti previsto è di 316 milioni di euro all’anno)
dipende infatti la possibile creazione di differenti livelli competitivi tra
operatori appartenenti a Paesi diversi e, addirittura, all’interno dei
singoli Stati membri, per l’ulteriore successiva «traduzione» delle norme a
livello regionale.
Al riguardo, qualcuno, nel corso dei seminari che hanno preceduto il
convegno, si è spinto a dire che questa disposizione rischia di affossare,
nei fatti, la sostanza stessa di quella che fino a oggi è stata
l’«organizzazione comune di mercato».
Uno scenario del genere – dicono gli operatori – deve essere accuratamente
evitato, anche perché alle frontiere europee continua a crescere la
pressione commerciale dei prodotti provenienti dai Paesi terzi.
In proposito, la nuova ocm dovrà affrontare e risolvere la cruciale
questione dei controlli sulle importazioni, assolutamente da migliorare,
come pure assai importante è stato giudicato il raggiungimento di una reale
ed efficace armonizzazione della normativa fitosanitaria e degli standard di
commercializzazione. Questi sono considerati veri punti chiave del commercio
intra ed extracomunitario dei prossimi anni. Pur con la riserva sull’entità
finanziaria disponibile, è stato invece valutato positivamente il generale
orientamento al mercato del documento e, nello specifico, il finanziamento
di azioni per promuovere i consumi e per creare fondi mutualistici di
garanzia sui redditi degli agricoltori, come ha rimarcato Jean Paul Bastian
di Fnsea.
Saper gestire le crisi è importante – ha detto Bastian – ma più importante
ancora è riuscire a evitarle. Per questa ragione va valorizzato il ruolo
strategico dell’interprofessione, istituzione preposta a comporre i diversi
interessi in gioco (produttori, commercianti, distributori, consumatori) con
lo scopo di ottimizzare la gestione del mercato.
Prezzi e potere della gdo
Riguardo alla necessità, ribadita nella proposta di riforma in discussione,
di aggregare la produzione per migliorare la competitività delle aziende (va
ricordato che nella vecchia ocm era stato individuato l’ obiettivo di
raggiungere il 60% dei produttori), Luciano Trentini, intervenuto in qualità
di presidente di Areflh, l’Associazione delle principali regioni
ortofrutticole europee, ha sottolineato che il livello attualmente raggiunto
in Italia (33,7%) è insufficiente e che, purtroppo, gli strumenti e le
risorse individuate nella proposta comunitaria non consentiranno di avviare
un’inversione di tendenza e, tanto meno, di centrare l’obiettivo prefissato.
Per migliorare la competitività delle aziende – ha detto ancora Trentini –
bisogna intervenire sul meccanismo di formazione del prezzo di frutta e
ortaggi, perché attualmente troppo forte è lo strapotere della grande
distribuzione organizzata. Per comprendere l’entità di tale squilibrio basti
pensare – ha aggiunto – che in Europa esistono circa un centinaio di
centrali d’acquisto della distribuzione moderna che si rapportano a un
universo di circa 3,2 milioni di aziende ortofrutticole. Giudizi positivi
sono stati infine espressi per la maggiore flessibilità d’ora in avanti
prevista per le strutture delle op. Un agricoltore avrà infatti la
possibilità di aderire a una organizzazione per un certo prodotto e a
un’altra per un diverso prodotto («un prodotto, una op»).
I commenti politici
Quello che esce dall’analisi della proposta formulata è dunque un quadro
abbastanza pessimistico; ciò nonostante tra gli operatori non si respira
aria di rassegnazione, ma una forte determinazione a battersi a ogni livello
per migliorare sostanzialmente tutti gli aspetti negativi e raggiugere gli
obiettivi condivisi.
«Il comune sentire con i colleghi francesi e spagnoli – ha sottolineato Luca
Zaia – è un primo, importante passo per arrivare a fine giugno, secondo il
calendario dei lavori prefissato dalla Commissione europea, alla stesura di
un documento definitivo che dia al comparto ortofrutticolo risposte utili
all’evoluzione delle imprese.
Mi sembra positivo – ha proseguito – che i rappresentanti del settore
condividano i principi ispiratori della riforma, orientati a rafforzare
l’offerta e a cessare aiuti diretti all’industria di trasformazione, come
nel caso più eclatante del pomodoro, che possono influenzare le reali
quotazioni di mercato».
Su una linea analoga anche le conclusioni del presidente della
Confagricoltura Federico Vecchioni che, nel ribadire l’importanza del
partenariato con Francia e Spagna per individuare soluzioni idonee ai
problemi emersi e che emergeranno, ha però detto a chiare lettere che per il
nostro Paese la vera sfida è arrivare a Bruxelles con una posizione unita e
concreta, indispensabile per «portare a casa» quanto è necessario.
«Il rischio altrimenti – ha rimarcato Vecchioni – è perdere risorse a tutto
vantaggio dei nostri concorrenti».
In merito infine al ruolo cardine affidato dalla nuova ocm alle
organizzazioni dei produttori, il presidente di Confagricoltura ne ha
sottolineato l’importanza, ma ha anche affermato che queste strutture vanno
intese come strumenti per consentire agli agricoltori di far crescere i
propri redditi e, quindi, che le cariche al loro interno vanno scelte
tenendo conto di questo scopo e non vanno intese come mere occupazioni di
potere come invece, purtroppo, è spesso avvenuto finora.
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