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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
5
 2 - 8 Feb.

  2007
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Attualità POLITICA

Tanti obiettivi ma poche risorse per l’ocm ortofrutta

Strada in salita per i produttori europei

Italiani, francesi e spagnoli riunitisi a Verona per valutare la proposta di ocm hanno concordato sulla necessità di migliorarne molti aspetti. Vecchioni: «La sfida per noi italiani è arrivare a Bruxelles con una posizione unitaria»

Con grande tempestività, praticamente in contemporanea alla presentazione della proposta di riforma dell’ocm ortofrutta, Confagricoltura Verona ha organizzato dal 24 al 26 gennaio scorso presso la sede di Veronamercato, la società di gestione del Centro agroalimentare della città scaligera, un importante convegno-seminario per valutare gli effetti della nuova regolamentazione e individuarne rischi e opportunità.
All’incontro, molto atteso e seguito, hanno partecipato tra gli altri il vicepresidente della Regione Veneto e assessore all’agricoltura, Luca Zaia, il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, produttori e operatori nazionali del settore, oltre ai rappresentanti di organizzazioni professionali francesi e spagnole (Fnsea e Asaja, rispettivamente). L’insieme dei contributi forniti ha consentito un confronto sui vari aspetti della proposta (vedi anche quanto pubblicato su L’Informatore Agrario n. 4/2007, pagine 9 e 10) veramente di ampio respiro.
Entrando subito nel merito della questione, e riprendendo in parte anche quanto riportato nel comunicato finale congiunto emesso dalle tre organizzazioni (Confagricoltura, Fnsea, Asaja), la riforma viene giudicata condivisibile nei suoi principi ispiratori, ma da migliorare, potenziare e adeguare sotto il profilo finanziario alle esigenze di un settore che rappresenta circa il 18% del valore complessivo dell’agricoltura comunitaria, ma che dall’Unione Europea riceve solo il 3,5% dei sostegni.

Il budget non cresce
In sostanza, la nuova ocm, come ha affermato il rappresentante di Asaja, Cristobal Aguado, pur confermando nel segmento dei prodotti freschi il ruolo centrale delle op per aggregare la produzione e, anzi, allargandone le funzioni (ad esempio, nella gestione esclusiva all’interno dei programmi operativi dei ritiri dal mercato in caso di crisi), non aumenta il budget disponibile, lasciando fermo il massimale dell’aiuto finanziato al 4,1% del valore della produzione commercializzata da ogni singola organizzazione di produttori.
Sciogliere il nodo del budget finanziario, aumentando i fondi a disposizione, appare quindi prioritario per dare nuovo slancio e appeal alle op, almeno quanto migliorare il sistema di gestione delle crisi, in modo che l’accesso agli strumenti previsti venga garantito a tutti i produttori ortofrutticoli e non solo ai soci di op. Produttori perplessi anche di fronte all’eliminazione dei vincoli previsti dall’ex art. 51 del regolamento 2200/1996, vale a dire per la possibilità ora concessa di coltivare ortofrutticoli anche su terreni ammessi ai contributi della pac, il che potrebbe implicare l’ingresso di nuovi produttori in un settore che è già da tempo in difficoltà.
La proposta di riforma viene inoltre giudicata «pericolosa» laddove prevede una disciplina nazionale per gestire l’ocm.
Da come si determinerà il regime di pagamento unico calcolato in base agli aiuti storici a favore del produttore di ogni singolo Stato membro (per l’Italia il plafond di aiuti previsto è di 316 milioni di euro all’anno) dipende infatti la possibile creazione di differenti livelli competitivi tra operatori appartenenti a Paesi diversi e, addirittura, all’interno dei singoli Stati membri, per l’ulteriore successiva «traduzione» delle norme a livello regionale.
Al riguardo, qualcuno, nel corso dei seminari che hanno preceduto il convegno, si è spinto a dire che questa disposizione rischia di affossare, nei fatti, la sostanza stessa di quella che fino a oggi è stata l’«organizzazione comune di mercato».
Uno scenario del genere – dicono gli operatori – deve essere accuratamente evitato, anche perché alle frontiere europee continua a crescere la pressione commerciale dei prodotti provenienti dai Paesi terzi.
In proposito, la nuova ocm dovrà affrontare e risolvere la cruciale questione dei controlli sulle importazioni, assolutamente da migliorare, come pure assai importante è stato giudicato il raggiungimento di una reale ed efficace armonizzazione della normativa fitosanitaria e degli standard di commercializzazione. Questi sono considerati veri punti chiave del commercio intra ed extracomunitario dei prossimi anni. Pur con la riserva sull’entità finanziaria disponibile, è stato invece valutato positivamente il generale orientamento al mercato del documento e, nello specifico, il finanziamento di azioni per promuovere i consumi e per creare fondi mutualistici di garanzia sui redditi degli agricoltori, come ha rimarcato Jean Paul Bastian di Fnsea.
Saper gestire le crisi è importante – ha detto Bastian – ma più importante ancora è riuscire a evitarle. Per questa ragione va valorizzato il ruolo strategico dell’interprofessione, istituzione preposta a comporre i diversi interessi in gioco (produttori, commercianti, distributori, consumatori) con lo scopo di ottimizzare la gestione del mercato.

Prezzi e potere della gdo
Riguardo alla necessità, ribadita nella proposta di riforma in discussione, di aggregare la produzione per migliorare la competitività delle aziende (va ricordato che nella vecchia ocm era stato individuato l’ obiettivo di raggiungere il 60% dei produttori), Luciano Trentini, intervenuto in qualità di presidente di Areflh, l’Associazione delle principali regioni ortofrutticole europee, ha sottolineato che il livello attualmente raggiunto in Italia (33,7%) è insufficiente e che, purtroppo, gli strumenti e le risorse individuate nella proposta comunitaria non consentiranno di avviare un’inversione di tendenza e, tanto meno, di centrare l’obiettivo prefissato.
Per migliorare la competitività delle aziende – ha detto ancora Trentini – bisogna intervenire sul meccanismo di formazione del prezzo di frutta e ortaggi, perché attualmente troppo forte è lo strapotere della grande distribuzione organizzata. Per comprendere l’entità di tale squilibrio basti pensare – ha aggiunto – che in Europa esistono circa un centinaio di centrali d’acquisto della distribuzione moderna che si rapportano a un universo di circa 3,2 milioni di aziende ortofrutticole. Giudizi positivi sono stati infine espressi per la maggiore flessibilità d’ora in avanti prevista per le strutture delle op. Un agricoltore avrà infatti la possibilità di aderire a una organizzazione per un certo prodotto e a un’altra per un diverso prodotto («un prodotto, una op»).

I commenti politici
Quello che esce dall’analisi della proposta formulata è dunque un quadro abbastanza pessimistico; ciò nonostante tra gli operatori non si respira aria di rassegnazione, ma una forte determinazione a battersi a ogni livello per migliorare sostanzialmente tutti gli aspetti negativi e raggiugere gli obiettivi condivisi.
«Il comune sentire con i colleghi francesi e spagnoli – ha sottolineato Luca Zaia – è un primo, importante passo per arrivare a fine giugno, secondo il calendario dei lavori prefissato dalla Commissione europea, alla stesura di un documento definitivo che dia al comparto ortofrutticolo risposte utili all’evoluzione delle imprese.
Mi sembra positivo – ha proseguito – che i rappresentanti del settore condividano i principi ispiratori della riforma, orientati a rafforzare l’offerta e a cessare aiuti diretti all’industria di trasformazione, come nel caso più eclatante del pomodoro, che possono influenzare le reali quotazioni di mercato».
Su una linea analoga anche le conclusioni del presidente della Confagricoltura Federico Vecchioni che, nel ribadire l’importanza del partenariato con Francia e Spagna per individuare soluzioni idonee ai problemi emersi e che emergeranno, ha però detto a chiare lettere che per il nostro Paese la vera sfida è arrivare a Bruxelles con una posizione unita e concreta, indispensabile per «portare a casa» quanto è necessario.
«Il rischio altrimenti – ha rimarcato Vecchioni – è perdere risorse a tutto vantaggio dei nostri concorrenti».
In merito infine al ruolo cardine affidato dalla nuova ocm alle organizzazioni dei produttori, il presidente di Confagricoltura ne ha sottolineato l’importanza, ma ha anche affermato che queste strutture vanno intese come strumenti per consentire agli agricoltori di far crescere i propri redditi e, quindi, che le cariche al loro interno vanno scelte tenendo conto di questo scopo e non vanno intese come mere occupazioni di potere come invece, purtroppo, è spesso avvenuto finora.

Sommario rivista Nicola Castellani


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