POLITICA |
|
L’ortofrutta di fronte alla nuova ocm |
Ufficializzata dalla commissione europea la proposta di riforma
Nel settore del fresco confermata l’importanza delle op, per le quali
però la contribuzione comunitaria ai fondi di esercizio resta al 4,1%. Per i
trasformati, disaccoppiamento totale degli aiuti su pomodoro, agrumi, pesche
e pere
Siamo ormai nel vivo della riforma per il settore ortofrutticolo. Dal 29
gennaio, data del prossimo Consiglio dei ministri europei, si avvierà una
serie di concertazioni tra i portatori di interesse europei, gli Stati
membri e la Commissione per concordare eventuali modifiche o integrazioni al
testo legislativo, ufficializzato il 24 gennaio scorso.
Anche in Italia, ovviamente, partiranno le consultazioni con le nostre
autorità nazionali per stabilire le priorità negoziali per il nostro Paese,
priorità che poi dovranno essere decise e condivise da tutti al Tavolo
agroalimentare che avrà luogo entro la fine di febbraio.
Il testo definitivo della proposta di riforma dell’ocm, presentato come
detto dalla Commissione europea il 24 gennaio, è accompagnato da una
relazione tecnica con l’illustrazione delle linee guida e dei singoli
articoli del regolamento.
Nella sostanza, non si rilevano modifiche significative rispetto alla bozza
che ha circolato negli ultimi mesi.
Innanzitutto si parte con una conferma del già noto budget finanziario
ortofrutticolo.
Questo può essere considerato un dato positivo, se si pensa agli
orientamenti generali della Commissione tendenti sempre a sfoltire e ad
alleggerire i diversi capitoli di spesa, alla luce della forte pressione del
bilancio agricolo nell’ambito del budget di spesa più complessivo della
Comunità.
Resta, invece, il problema spinoso relativo ai limiti (in termini
percentuali) della contribuzione comunitaria ai Fondi di esercizio delle
organizzazioni dei produttori (op).
Secondo le richieste di tutta la filiera europea, il tetto doveva essere
leggermente alzato dal 4,1% al 6% per dar modo alle op, struttura portante
dell’ocm, di implementare e qualificare maggiormente i programmi operativi
da cui dipendono le principali azioni di valorizzazione degli impianti
produttivi, delle merci e delle politiche di marketing.
Purtroppo queste esigenze non sono state riconosciute dalla Commissione che,
anzi, ha peggiorato la situazione inserendo nel contributo ai programmi
operativi anche il cofinanziamento delle misure di gestione delle crisi di
mercato.
È inutile sottolineare che tale punto critico dovrà essere ridiscusso nel
corso dei negoziati tra le nostre autorità nazionali e la Commissione.
Via al disaccoppiamento
Non meno delicata la questione relativa alle modalità di aiuto ai prodotti
trasformati.
Anche in questo caso la Commissione conferma l’orientamento iniziale di
applicare un disaccoppiamento totale su pomodoro, agrumi, pesche e pere.
Lascia, tuttavia, facoltà agli Stati membri di individuare le modalità di
erogazione degli aiuti secondo percorsi discrezionali che rispondano in modo
appropriato alle esigenze nazionali. Tutto ciò, fermo restando l’obiettivo
di pervenire per il 2013 a un regime generale di disaccoppiamento totale per
tutte le produzioni agricole.
Soprattutto sulle problematiche relative al nostro pomodoro da industria il
ministro Paolo De Castro si è già espresso, nel corso di iniziative
pubbliche, manifestando la sua intenzione di negoziare con la Comunità un
regime di disaccoppiamento a tappe che permetta un atterraggio morbido per
questo comparto molto organizzato e strutturato.
Non viene esclusa neanche l’opzione di un disaccoppiamento parziale tout
court fino a quando ciò sarà permesso dalle esigenze comunitarie più
generali. Tra l’altro, rispetto a eventuali intese tra Italia e Spagna, i
due principali produttori ortofrutticoli europei, va ricordato che gli
spagnoli sono contrari al disaccoppiamento totale per gli agrumi, mentre
l’Italia lo è per il pomodoro.
Sembra, quindi, che vi siano margini per un compromesso.
Restano, infine, alcune questioni poco chiare rispetto agli effetti che ne
deriveranno. Una di queste riguarda sicuramente l’eliminazione, nel testo di
riforma, del divieto, introdotto con l’articolo 51 del regolamento
1782/2003, di coltivare ortofrutticoli e patate sui terreni eleggibili agli
aiuti disaccoppiati.
Non è chiaro se su tale questione, molto delicata, vi sia spazio di
negoziazione con la Commissione, che sembra fermamente convinta della
coerenza di una tale scelta rispetto all’impianto più complessivo della
riforma della pac.
È difficile, peraltro, riuscire a quantificare le ricadute di questa nuova
opportunità che si apre a tutti i produttori, già titolari di diritti pac,
di coltivare ortaggi e frutta.
Sembra probabile che si produrranno forti squilibri sui mercati derivanti da
una prevedibile maggiore offerta di prodotto. Ciò sarà inevitabile non solo
per gli ortofrutticoli, coperti dall’ocm, ma anche per le patate che, al
contrario, non sono coperte dal alcun regime comune di mercato e, non
beneficiando di ombrelli comunitari, sono maggiormente esposte all’andamento
dei mercati. E certamente potrebbe bastare una minima percentuale di
riorientamento delle superfici investite a seminativi a livello europeo
verso la coltivazione della patata per aumentare in modo drammatico
l’attuale produzione comunitaria, provocando drastiche riduzioni dei prezzi.
Tra le novità della riforma ortofrutticola va, tra l’altro, ricordato che le
patate vengono incluse nel regolamento 1782/2003 inserendo così anche questa
coltivazione tra quelle possibili sui terreni eleggibili, oggetto di titoli
pac, ma i benefici di tale inserimento saranno tutti a favore di alcuni
Paesi del Nord Europa, come Germania e Paesi Bassi, che hanno grandi aziende
e vaste superfici coltivate a patate.
L’aiuto agli agrumi
Altra grossa partita, che andrà concordata con il nostro ministro De Castro
nelle prossime settimane, riguarda le modalità di aiuto per gli agrumi,
importante comparto ortofrutticolo che potrebbe risentire negativamente di
un drastico e immediato disaccoppiamento.
La tendenza che sembra oggi maggiormente condivisa è quella di un aiuto a
superficie che riequilibri il peso specifico degli aiuti tra le due
principali regioni produttrici, Sicilia e Calabria.
Il numero di ettari, ormai rilevabile con esattezza dalle consistenze
aziendali, sembra un primo dato oggettivo per avviare il famoso Catasto
agrumicolo, di cui si parla da anni. L’aiuto, in questo caso, potrebbe
essere composto da una parte disaccoppiata a superficie e una parte
accoppiata da assegnare alle produzioni effettivamente immesse in commercio
o avviate alla trasformazione.
L’impegno nei prossimi mesi, comunque, dovrebbe essere quello di inviare al
ministro proposte non troppo contrastanti, in particolare per i settori del
pomodoro e degli agrumi, perché la logica di squadra, alla fine, è quella
più premiante rispetto agli interessi particolari che, sia sul pomodoro sia
sugli agrumi, sono molto numerosi. Ma su questo punto il ministro è stato
molto fermo, esortando le rappresentanze politiche ed economiche del
comparto a mandare messaggi chiari e a dimostrare disponibilità alla
mediazione.
In altre parole, ha invitato la filiera a seguire, anche in questo caso, il
modello di consultazioni adottato per Agenda 2000, la cui compattezza in
sede negoziale ha comportato per l’Italia qualche vantaggio in più.
|